LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TRIBUTARIA
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. LUPI Fernando – Presidente –
Dott. ZANICHELLI Vittorio – Consigliere –
Dott. SCUFFI Massimo – Consigliere –
Dott. IACOBELLIS Marcello – Consigliere –
Dott. BISOGNI Giacinto – rel. Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ordinanza
sul ricorso proposto da:
G.L., elettivamente domiciliato in Roma, via Confalonieri 5, presso lo studio dell’avvocato Luigi Manzi che lo rappresenta e difende, unitamente agli avv.ti Emanuele Coglitore e Paolo Centore, giusta delega in atti;
– ricorrente –
contro
Agenzia delle Entrate, in persona del Direttore pro tempore, rappresentata e difesa dall’Avvocatura Generale dello Stato, presso i cui uffici è domiciliata in Roma, via dei Portoghesi 12;
– controricorrente –
2009 avverso la decisione n. 931/2006 della Commissione tributaria centrale, emessa il 23 gennaio 2006, depositata il 14 febbraio 2006;
udito l’avvocato Coglitore;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. De Nunzio Wladimiro che si è riportato alle conclusioni scritte;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 6 ottobre 2009 dal Consigliere Dott. Giacinto Bisogni.
RILEVATO
che:
la controversia ha per oggetto l’impugnazione dell’avviso di accertamento notificato dall’Ufficio delle imposte dirette di Torino al contribuente G.L. e con il quale era stato effettuata la determinazione sintetica del reddito per l’anno 1973, ai sensi del D.P.R. n. 645 del 1958 sulla base del buon tenore di vita e della partecipazione del contribuente a società di notevole consistenza.
Il contribuente ha eccepito l’insufficienza di tali elementi; la CT di primo grado ha accolto il ricorso e la decisione è stata confermata dalla CT di secondo grado.
L’Amministrazione finanziaria è ricorsa alla CTC che ha accolto il ricorso rilevando la sussistenza di presunzioni grave, precise e concordanti che giustificavano la determinazione sintetica del reddito;
Ricorre per cassazione il contribuente affidandosi a quattro motivi di impugnazione: a) violazione o falsa applicazione degli articoli 15, comma secondo, della L. n. 408 del 1990 per il mancato rilievo della inammissibilità dell’istanza di riassunzione del giudizio proposta dall’amministrazione finanziaria ex L. n. 408 del 1990 alla Commissione tributaria centrale ma non notificata (come invece prescritto dall’art. 15) al contribuente; b) violazione o falsa applicazione del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 75 per il mancato rilievo della omessa presentazione della necessaria istanza di trattazione; c) violazione o falsa applicazione del D.P.R. n. 645 del 1958, art. 137; d) illegittimità della soprattassa irrogata ai sensi del D.P.R. n. 645 del 1958, art. 245; ritenuto che il primo motivo doveva essere proposto davanti la Commissione tributaria centrale (cfr Cassazione civile sezione 1^, n. 3295 del 17 aprile 1997 secondo cui, quanto ai giudizi pendenti su tributi erariali soppressi, l’eventuale inosservanza della L. 29 dicembre 1990, n. 408, art. 15, il quale contempla l’emanazione d’ordinanza d’estinzione e la definitività di essa in difetto di istanza di riassunzione, non può essere dedotta per la prima volta in fase d’impugnazione, ove i contendenti, nella pregressa sede processuale, dopo l’entrata in vigore di quella norma, abbiano insistito nel chiedere una pronuncia sul rapporto in discussione, così manifestando l’intento di ottenere la prosecuzione della controversia;
il secondo motivo non tiene conto della presentazione, da parte della Amministrazione finanziaria, in data 20 maggio 2005, della istanza di prosecuzione del giudizio sospeso. Nella memoria, presentata ex art. 378 c.p.c., il ricorrente contesta che vi sia agli atti prova di tale istanza ma valgono, in ogni caso, le considerazioni fatte relativamente al primo motivo di ricorso perchè il rilievo doveva essere eccepito davanti alla C.T.C., che ha, in sua assenza, ritenuto implicita la concorde volontà delle parti rispetto alla prosecuzione del giudizio. Non si spiega peraltro tale prosecuzione se non in conseguenza di una istanza che la giustificasse;
il terzo motivo è infondato in quanto la disposizione del D.P.R. n. 645 del 1958, art. 137 prevede una definizione flessibile delle condizioni che legittimano la determinazione sintetica del reddito cosicchè deve escludersi una violazione o falsa interpretazione della norma e appare conseguente la constatazione della circostanza per cui il motivo di ricorso contiene in gran parte censure di fatto intese a contestare il merito della decisione e che non sono ammissibili in questo giudizio;
il quarto motivo di ricorso è stato proposto tardivamente nel corso del giudizio di cassazione e deve considerarsi pertanto inammissibile;
va quindi rigettato il ricorso con condanna del ricorrente alle spese del giudizio di cassazione.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali del giudizio di cassazione che liquida in complessivi Euro 1.500,00 di cui 200,00 per spese, oltre spese generali e accessori di legge.
Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 6 ottobre 2009.
Depositato in Cancelleria il 26 gennaio 2010