LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TRIBUTARIA
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. LUPI Fernando – rel. Presidente –
Dott. D’ALESSANDRO Paolo – Consigliere –
Dott. IACOBELLIS Marcello – Consigliere –
Dott. VIRGILIO Biagio – Consigliere –
Dott. GRECO Antonio – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ordinanza
sul ricorso 16292/2008 proposto da:
AGENZIA DELLE ENTRATE in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che la rappresenta e difende, ope legis;
– ricorrenti –
contro
M.A.;
– intimato –
avverso la sentenza n. 32/2007 della Commissione Tributaria Regionale di BOLOGNA del 18.4.07, depositata il 19/04/2007;
udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del 02/12/2009 dal Presidente Relatore Dott. FERNANDO LUPI.
E’ presente il P.G. in persona del Dott. WLADIMIRO DE NUNZIO.
FATTO E DIRITTO
La Corte, ritenuto che è stata depositata in cancelleria la seguente relazione a sensi dell’art. 380 bis c.p.c.: “La CTR dell’Emilia Romagna ha rigettato l’appello dell’Agenzia delle Entrate di Modena nei confronti di M.A., medico convenzionato con il S.S.N.. Ha ritenuto in motivazione che dall’esame delle dichiarazioni dei redditi del contribuente non si evince una organizzazione autonoma in grado di produrre reddito senza l’indispensabile presenza del titolare.
Propone ricorso per cassazione affidato a due motivi l’Agenzia delle Entrate, il contribuente non si è costituito.
Con il primo motivo si deduce la violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 446 del 1997, artt. 2 e 3 e del D.P.R. n. 270 del 2000, art. 22, rappresentando che per la predetta norma della convenzione del 2000 il medico convenzionato deve essere dotato di uno studio con sala di attesa, servizi igienici ed attrezzature indispensabili all’esercizio della professione e formula il quesito se il possesso dello studio come previsto dalla norma costituisca autonoma organizzazione, con il secondo motivo censura la valutazione degli indici dell’autonoma organizzazione desunti dal volume delle spese e dei beni strumentali.
Le censure della ricorrente non incidono sulla ratio decidendi della sentenza impugnata che è la mancanza di una organizzazione autonoma in grado di funzionare e produrre reddito senza l’indispensabile presenza del titolare. Questa erronea ratio non è stata impugnata, mentre è contraria alla interpretazione della norma data dalla Corte Cost. con sentenza n. 156/2001 e da questa Corte, tra le tante n. 3676/07, nel senso che presupposti dell’IRAP sono costituiti dal possesso di beni strumentali eccedenti il minimo indispensabile per l’esercizio della professione o dall’avvalersi in modo non occasionale di lavoro altrui.
I motivi di ricorso non colgono nel segno in quanto non dimostrerebbero l’autonoma organizzazione come ritenuta in sentenza.
Il ricorso appare, quindi, infondato”.
Rilevato che la relazione è stata comunicata al Pubblico Ministero e notificata alla parte costituita;
considerato che il Collegio, a seguito della discussione in Camera di consiglio, condividendo i motivi in fatto e in diritto della relazione, ritiene che ricorra l’ipotesi prevista dall’art. 375 c.p.c., n. 5, della manifesta infondatezza del ricorso e che, pertanto, la sentenza impugnata vada confermata;
che non si deve provvedere in ordine alle spese non essendo costituito l’intimato.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso.
Così deciso in Roma, il 2 dicembre 2009.
Depositato in Cancelleria il 8 gennaio 2010