LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TERZA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. VARRONE Michele – Presidente –
Dott. FILADORO Camillo – Consigliere –
Dott. MASSERA Maurizio – Consigliere –
Dott. URBAN Giancarlo – rel. Consigliere –
Dott. VIVALDI Roberta – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
sentenza
sul ricorso proposto da:
CANTIERE NAUTICO LO SQUERO s.r.l., in persona del legale rappresentante, domicilialo in Roma, presso la cancelleria della Corte di Cassazione ai sensi dell’art. 366 c.p.c., comma 2, rappresentato e difeso dall’avv. Leo Raffaele giusta delega in atti;
– ricorrente –
contro
S.M. (n.q. di erede di de S.S.), elettivamente domiciliata in Roma, Via Archimede n. 44, presso lo studio dell’avv. Coen Stefano, che la rappresenta e difende unitamente agli avv.ti Volli Enzo e Paolo Volli giusta delega in atti;
– controricorrente e ricorrente incidentale –
avverso la sentenza n. 754/04 della Corte d’Appello di Trieste in data 29 ottobre 2004, pubblicata il 6 dicembre 2004.
Udita la relazione del Consigliere dott. Giancarlo Urban;
udito l’avv. Paolo Volli;
udito il P.M. in persona del Cons. FINOCCHI GHERSI Renato che ha concluso per il rigetto del ricorso principale e assorbimento dell’incidentale.
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Con citazione del 23 febbraio 1994 la s.r.l. Cantiere Nautico “Lo Squero” conveniva in giudizio il sig. D.S.S. esponendo di aver ottenuto in locazione dal dott. D.S., l’immobile sito in ***** da adibirsi ad uso di officina e cantiere per rimessaggio barche. Il contratto aveva previsto una riduzione del canone, per i primi sette mesi,perchè il conduttore si era impegnato ad eseguire una serie di lavori. Asseriva l’attrice che, dopo la presa in possesso, si era resa conto che il complesso assunto in locazione era “fatiscente, carente e pericoloso per la sicurezza” e così non idoneo alla utilizzazione pattuita; il locatore si era rifiutato di far effettuare opere di ripristino, adducendo che secondo il contratto la società aveva dichiarato l’immobile adatto all’uso previsto, per cui eventuali spese per i lavori dovevano gravare sul l’affittuario. Chiedeva quindi la condanna del locatore all’adempimento in forma specifica di realizzare tulle le opere per rendere idoneo l’immobile locato alla concordata destinazione, nonchè al risarcimento dei danni in via generica ed alla restituzione dei canoni di locazione già corrisposti.
Si costituiva D.S.S. contestando quanto dedotto dalla conduttrice e osservava che essa aveva avuto il possesso dell’immobile per tre mesi, prima ancora della stipula del contratto nel quale aveva dichiarato l’immobile adatto all’uso, e quindi sarebbe stata in grado di constatare i difetti denunciati. Secondo il contratto la società si era obbligata “a tenere la cosa locata in perfetto stato” sicchè tutte le riparazioni necessarie erano a suo carico, compresi i serramenti, le porte, le finestre, i vetri, gli avvolgibili, gli impianti di acqua, gas, elettricità, fogne, tetti, tettoie, muri di cinta. Il convenuto, pertanto, sosteneva la infondatezza domanda attrice, e concludeva chiedendo in via riconvenzionale la condanna della società1 a pagare la somma di L. 8.400.000 pari alla differenza dei canoni che era stata convenuta in misura ridotta per i primi sette mesi.
Il Tribunale di Trieste, con sentenza in data 21 marzo 2003 respingeva sia la domanda principale che quella riconvenzionale, compensando le spese.
La Corte d’Appello di Trieste, con sentenza del 6 dicembre 2004 rigettava l’appello proposto dalla conduttrice e quello incidentale del locatore e compensava le spese.
Propone ricorso per cassazione il Cantiere Nautico “Lo Squero” s.r.l.
con tre motivi.
Resiste S.M., nella qualità di erede di D.S. S., che ha anche proposto ricorso incidentale condizionato con unico motivo.
La conduttrice S. ha depositato memoria ai sensi dell’art. 378 c.p.c..
MOTIVI DELLA DECISIONE
I ricorsi vanno riuniti ai sensi dell’art. 335 c.p.c. perchè sono riferiti alla medesima sentenza.
Con il primo motivo del ricorso principale, la conduttrice denuncia la omessa e/o insufficiente motivazione su un punto decisivo della controversia, in relazione alla asserita non rilevanza dei vizi non immediatamente percepibili quali la debolezza della struttura.
Con il secondo motivo, la conduttrice denuncia la omessa e/o insufficiente motivazione su un punto decisivo della controversia, in relazione al dissenso espresso dalla Corte d’Appello rispetto alla valutazione del C.T.U., il quale aveva ritenuto la esistenza di significativi vizi occulti, che avrebbero dato luogo ad un effettivo ed attuale pericolo di crollo e quindi avrebbero comportato la sostanziale inagibitità dell’intera struttura.
Con il terzo motivo si denuncia la violazione e/o la falsa applicazione dell’art. 1578 c.c. e dell’art. 99 c.p.c. poichè il conduttore non aveva chiesto la risoluzione del contratto, ma aveva continuato a godere della cosa locata: il che avrebbe confermato, secondo i giudici del merito, la sostanziale non gravità dei vizi occulti denunziati.
I tre motivi debbono essere esaminati in unico contesto, in quanto connessi.
Sul punto, la sentenza impugnata da atto che le conclusioni del C.T.U. avevano posto in rilievo le pessime condizioni generali dell’immobile, dei suoi impianti e dei suoi accessori (tamponature, portoni, copertura, travi, rivestimento in lamiera), aggiungendo che “il cattivo stato di manutenzione … nelle parti interne ed esterne era chiaramente riscontrabile ictu oculi, come pure la presenza di strutture portanti quasi esclusivamente in legno e prive di protezione di alcun genere”: sotto il profilo della csistenza dei cosiddetti vizi occulti, tale valutazione, accompagnata dal rilievo che la conduttura rimasta nel godimento dell’immobile per non meno di dieci anni svolgendo la propria attività e senza mai chiedere la risoluzione del contratto, porta ad escludere la censura sulla presenza di vizi che diminuissero in modo apprezzabile l’idoneità dell’immobile all’uso pattuito (art. 1578 c.c.). Per il resto, i motivi si risolvono in una valutazione di fatto, non censurabile nel presente giudizio di legittimità, a fronte di una congrua ed adeguata motivazione espressa dal giudice del merito. Nè possono aver rilievo in questa sede le opinioni espresse dal C.T.U., nel senso che l’immobile sarebbe stato in sostanza inagibile perchè soggetto a rischio di crollo data la carenza delle strutture portanti, dal momento che i giudici del merito hanno spiegato come le parli avessero inteso ovviare a tale situazione prevedendo la esecuzione di importanti lavori da effettuarsi a cura della conduttrice, con temporanea riduzione del canone di locazione a parziale contribuzione della parte locatrice.
Resta quindi assorbito il ricorso incidentale subordinato, con il quale la S. denuncia l’omessa valutazione della Corte d’Appello dell’inadempimento della conduttrice che si era impegnata a effettuare nel termine di pochi mesi i lavori necessari a ripristinare la integrale funzionalità dell’immobile locato.
Segue la condanna della parte conduttrice al pagamento delle spese del giudizio di cassazione, liquidate come in dispositivo.
P.Q.M.
La Corte Suprema di Cassazione, Terza Sezione Civile, riunisce i ricorsi: rigetta il ricorso principale e dichiara assorbito l’incidentale; condanna la ricorrente principale al pagamento delle spese del giudizio di cassazione, che liquida in Euro 4.200, di cui Euro 4.000 per onorari, oltre spese generali ed accessori come per legge.
Così deciso in Roma, il 23 novembre 2009.
Depositato in Cancelleria il 4 gennaio 2010