LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TERZA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. VARRONE Michele – Presidente –
Dott. FEDERICO Giovanni – Consigliere –
Dott. MASSERA Maurizio – Consigliere –
Dott. TALEVI Alberto – rel. Consigliere –
Dott. LANZILLO Raffaella – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
sentenza
sul ricorso proposto da:
ALL CIAK SRL IN LIQUIDAZIONE già DIAVIVA FILM S.R.L., in persona del Liquidatore Sig. V.F., elettivamente domiciliata in ROMA, VIALE APPIO CLAUDIO 289, presso lo studio dell’avvocato GERMANI GIANCARLO, che la rappresenta e difende unitamente all’avvocato CORRADI LUIGI giusta delega in calce al ricorso;
– ricorrente –
contro
SOPENPAN SRL (già LA DONZELLETTA S.R.L.) in persona del legale rappresentante pro tempore, Sig. A.A., elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DELLA GIULIANA 58 presso lo studio dell’avvocato PIANCATELLI CORRADO, rappresentata e difesa dagli avvocati MAIELLO VINCENZO, MAIELLO MAURIZIO giusta delega a margine del controricorso;
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 43/2005 della CORTE D’APPELLO di NAPOLI, SEZIONE TERZA CIVILE, emessa il 12/11/2004, depositata il 13/01/2005, R.G.N. 1630/2002;
udita la relazione della causa svolta nella Udienza pubblica del 16/11/2009 dal Consigliere Dott. TALEVI Alberto;
udito l’Avvocato LUIGI CORRADI;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. DESTRO Carlo, che ha concluso per il rigetto del ricorso.
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Nell’impugnata decisione lo svolgimento del processo è esposto come segue.
“Con atto del 5 novembre 1993 la s.r.l. La Donzelletta, in persona de legale rappresentante, esponeva che in data *****, in *****, presso la sede sociale, aveva convenuto con P. L., legale rappresentante della s.r.l. Diaviva Film, di affidare a quest’ultima la realizzazione di un filmato pubblicitario per la promozione commerciale della propria impresa; che in tale occasione aveva versato la somma di L. 38.080.000 a titolo di acconto sul prezzo finale dell’intera opera, approssimativamente determinato in L. 160.000.000: a detto versamento faceva seguito l’emissione della fattura n. *****;
che, nel contesto del cennato accordo, la Diaviva Film si era impegnata – secondo la prassi invalsa nel settore pubblicitario – a procedere all’elaborazione di un progetto volto a delineare le caratteristiche generali dell’opera cinematografica commissionata, avvalendosi della preventiva produzione di bozzetti grafici sperimentali e di schemi di sceneggiatura, da sottoporre al vaglio del committente, che si era riservato di esprimere il proprio gradimento;
che la Diaviva Film, pur avendo serbato un comportamento di assoluta inerzia, con conseguente inadempimento di ogni impegno contrattuale, aveva sollecitato un secondo acconto di L. 64.000.000, come da fattura n. *****;
che a tale richiesta essa La Donzelletta aveva opposto un netto rifiuto, rappresentando alla società commissionaria che non aveva effettuato nessuna delle prestazioni oggetto del contratto stipulato e che nemmeno i necessari atti preliminari volti alla determinazione dell’opera erano stati compiuti: la richiesta stessa era, pertanto, del tutto ingiustificata;
che la Diaviva Film, preso atto di quanto eccepito dalla committente, aveva provveduto ad inviare la nota di accredito n. ***** per il precisato importo, riconoscendo che la somma richiesta non era dovuta ed, altresì, provvedendo a manifestare, con fax del *****, la propria disponibilità ad inviare un nuovo preventivo all’esito dell’elaborazione di un progetto ridimensionato dell’opera, sollecitato da essa committente con fax di pari data al fine di verificare la possibilità di pervenire ad una rapida ultimazione della fase progettuale, ottenendo, altresì, un più contenuto livello dei costi, sempre con l’intesa che essa committente si riservava di esaminare i nuovi progetti formulati;
che anche tale impegno non era stato rispettato dalla Diaviva Film, la quale in data 4 agosto 1993 – ossia dopo ben ventotto mesi dalla data del versamento dell’acconto di lire 38.080.000 – si era riservata di rimettere entro la fine del mese di agosto 1993 un preventivo dettagliato e di effettuare sopralluoghi per tre – quattro giorni presso lo stabilimento di essa esponente, limitandosi, poi, a precisare, mediante un fax di oscura intellegibilità, il costo dell’opera in L. 90.000.000, oltre IVA;
che, peraltro, nella predetta comunicazione era stato omesso qualsiasi riferimento in ordine al carattere tecnico del documentario da realizzare, alla sua sceneggiatura, nonchè a qualsiasi altro connotato contenutistico, tale da consentire una pur approssimativa valutazione di convenienza dell’intera opera;
che la Diaviva Film non aveva adempiuto nemmeno gli impegni assunti con la riferita lettera del 4 agosto 1993;
che, avendo essa La Donzelletta corrisposto alla Diaviva Film il predetto considerevole acconto per l’elaborazione dell’opera commissionata ed avendo inutilmente atteso un periodo di tempo superiore ad ogni ragionevole previsione, nonchè ai tempi fissati dalla controparte, era stata costretta ad invocare, con lettera raccomandata a.r. dell’1 ottobre 1993, la risoluzione del contratto per inadempimento, con conseguente restituzione dell’acconto versato;
che a tanto la Diaviva Film non aveva provveduto, assumendo che la somma di L. 38.080.000 doveva essere trattenuta a parziale copertura delle spettanze relative all’attività svolta e per il risarcimento dei danni subiti per effetto dell’invocata risoluzione contrattuale;
che in dipendenza del denunciato illegittimo comportamento della Diaviva Film essa istante aveva subito notevolissimi danni in conseguenza dell’impossibilità di orientare compiutamente la propria strategia commerciale avvalendosi di un idoneo supporto pubblicitario.
Epperò, la menzionata società conveniva in giudizio dinanzi al Tribunale di Napoli la ripetuta Diaviva Film, in persona del legale rappresentante, onde sentisse pronunciare, per grave inadempimento della stessa, la risoluzione del contratto indicato, con la conseguente condanna alla restituzione dell’acconto di L. 38.080.000, oltre agli interessi legali ed al risarcimento dei danni; – in subordine, ove il ricordato contratto fosse stato ritenuto nullo per indeterminatezza dell’oggetto, emettere la condanna di essa Diaviva Film alla restituzione di quanto indebitamente percepito, oltre agli interessi legali; – con rivalsa di spese e competenze della lite.
integratosi il contraddittorio, si costituiva la parte destinataria della pretesa, che, per quanto tuttora rileva, deduceva che A. A., titolare dell’omonima ditta, poi divenuta la Donzelletta s.r.l. aveva preso contatto con la P.P.A. di Parma, commettendo alla stessa un piano pubblicitario, in cui erano compresi anche degli spot pubblicitari ed una documentazione istituzionale;
che la P.P.A. aveva indicato essa Diaviva Film s.r.l. come società capace di produrre i filmati: l’incarico ad essa Diaviva Film era stato, pertanto, conferito tramite la P.P.A.;
che non era vero che non era stata fornita una precisa proposta di spot, come emergeva dalla documentazione allegata;
che a seguito della consegna dello studio di fattibilità la Diaviva aveva chiesto più volte di potersi recare presso la sede del caseificio per girare il film, ma la ditta A. aveva più volle rinviato la programmazione della realizzazione degli spot, non essendo ancora ultimato l’edificio nuovo destinato ad ospitare il caseificio in ogni sua parte;
che, dopo alcuni mesi di silenzio C.M., fiduciario de La Donzelletta s.r.l. aveva invitato essa Diaviva ad emettere una ulteriore fattura, che, però, non era stata pagata;
che nel marzo vi era stato a ***** un incontro tra i dirigenti de La Donzelletta ed il legale rappresentante di essa Diaviva Film, presente il predetto C.M.: nel corso del colloquio La Donzelletta aveva comunicato ad essa Diaviva Film di non voler tenere fede al contratto sottoscritto a Parma il *****, perchè era troppo costoso ed aveva, pertanto, chiesto ad essa Diaviva Film di predispone, previa emissione di nota di accredito per la fattura emessa nel *****, un nuovo preventivo per un lavoro più ridotto;
che essa Diaviva Film aveva proceduto a comunicare che il costo del filmato redatto in scala di economia poteva aggirarsi intorno a L. 90.000.000, affermando, però, che la cifra avrebbe potuto essere meglio determinata dopo l’approvazione della sceneggiatura, dipendendo in buona parte dal costo di quest’ultima quello del filmato;
che dopo la lettera de 4 agosto la Donzelletta, anzichè precisare cosa volesse salvare della precedente sceneggiatura, aveva dichiarato che non intendendeva più realizzare alcun filmato;
che, pertanto, essa Diaviva Film aveva diritto a trattenere, come penale, la somma di L. 32.000.000, percepita a titolo di acconto, nonchè a conseguire il rimborso delle spese sostenute ed il risarcimento dei danni. Concludeva, quindi, per il rigetto della domanda e per la condanna de La Donzelletta al risarcimento dei danni subiti da essa Diaviva Film in dipendenza del contratto per la produzione di un spot televisivo sottoscritto in data *****. Di seguito all’espletamento di prova per testimoni, il Tribunale di Nola, cui gli atti pervenivano per sopravvenuta competenza territoriale, pronunciava, con sentenza del 31 agosto 2001, la risoluzione del contratto per inadmpimento della Diaviva Film; – condannava tale società alla restituzione dell’acconto di L. 38.000.000, oltre agli interessi dalla domanda ed al rimborso delle spese del giudizio; – rigettava la domanda di risarcimento dei danni proposta dall’attrice e la pretesa riconvenzionale spiegata dalla società convenuta.
Con atto del 13 aprile 2002 la s.r.l. Diaviva Film s.r.l. in liquidazione, in persona del liquidatore, proponeva appello e conveniva dinanzi a questa Corte la menzionata controparte, onde sentisse, in riforma della decisione impugnata, rigettare la domanda principale ed, in accoglimento della esperita pretesa riconvenzionale, condannare essa la Donzelletta al risarcimento dei danni in ragione di Euro 51.645,69 e, quindi, tenuto conto dell’acconto di L. 32.000.000 (Euro 16.526,62), al pagamento della differenza pari ad Euro 35.119,07, o della somma ritenuta equa, con rivalsa di spese, diritti ed onorari di entrambi i gradi del giudizio.
A fondamento del gravame deduceva…*****…
Sì costituiva la s.r.l. Sopenpan (già La Donzelletta s.r.l, giusta Delib. assembleare del 12 ottobre 2000), la quale contestava la fondatezza delle ragioni enunciate a sostegno dell’impugnazione ne richiedeva il rigetto, con rivalsa delle maggiora spese processuali.
Di seguito al rigetto dell’istanza di sospensione della provvisoria esecutorietà della decisione impugnata, la causa, sulle conclusioni in epigrafe riportate, veniva rimessa al collegio, che l’assegnava sentenza…..”.
Con sentenza 12.11.04 – 13.1.05 la Corte di Appello di Napoli decideva come segue.
“La Corte, definitivamente pronunciando sull’appello proposto, con atto del 7 maggio 2002, dalla s.r.l. Diaviva Film in liquidazione, in persona del liquidatore, nei confronti della s.r.l. Sopenpan (già s.r.l. La Donzelletta), in persona del legale rappresentante, avverso la sentenza in data 31 agosto 2001 del Tribunale di Nola, così provvede:
1) Rigetta il gravame e condanna la società appellante al rimborso, in favore della società appellata, delle spese del presente grado del giudizio, che si liquidano, in complessivi Euro 2.900,00 (Euro 100,00 per somme anticipate, Euro 800,00 per diritti di procuratore ed Euro 2.000,00 per onorari), oltre competenze accessorie come per legge”.
Contro questa decisione ha proposto ricorso per Cassazione la ALL CIACK s.r.l. in liquidazione, già Diaviva Film s.r.l., esponendo quattro motivi di gravame.
Ha resistito con controricorso la SOPENPAN S.R.L, (già LA DONZELLETTA S.R.L.).
La ALL CIACK S.R.L. ha depositato memoria.
MOTIVI DELLA DECISIONE
I primi due motivi vanno esaminati insieme in quanto connessi.
Con il primo motivo la ALL CIACK S.R.L. denuncia “violazione dell’art. 360 c.p.c., nn. 3 e 5 in relazione agli artt. 2697, 1175, 1176 e 1375 c.c.” esponendo censure da riassumere nel modo seguente.
Punto centrale della decisione impugnata è la valutazione della lettera inviata dalla Donzelletta alla Diaviva Film ora ALL Ciack S.r.l. in data 24.09 – 01.10.93. Da tale lettera il Giudice di Appello ha statuito l’inadempimento da parte di All Ciack S.r.l. alle obbligazioni assunte a seguito dell’incontro avvenuto in ***** il *****. Ma il ragionamento della sentenza impugnata è errato. In primo luogo la sentenza ha ignorato che la prova dell’inadempimento spetta all’attore ed ha ignorato il contenuto della lettera 04.08.93 inviata da Diaviva a Sopenpan S.r.l.. E’ vero che detta lettera faceva riferimento ad un successivo preventivo dettagliato, ma è anche vero che nella stessa lettera si chiedeva un incontro al fine di individuare quale tra le soluzioni che si sarebbe andati a proporre, fosse quella più confacente alla committente, non potendosi altrimenti essere più precisi.
Tale richiesta di incontri, venne reiterata telefonicamente. Ma nessun riscontro alle telefonate e alla lettera fu dato da Sopenpan S.r.l. prima della lettera di fine settembre – primi ottobre. La Sopenpan S.r.l. non ha provato di avere sollecitato alla Diaviva la definizione del programma ed un incontro al fine di definire i dettagli dopo la comunicazione del 04.08.93 e prima della lettera successiva inviata dalla stessa Sopenpan S.r.l.. Queste circostanze sono state sottolineate non solo dal teste P.L., che la sentenza erroneamente qualifica come inattendibile, in quanto socio ed ex amministratore della All Ciack S.r.l., ma anche da S. P. che non era mai stato nè socio nè amministratore della società e da Pu.Li. che pure non era mai stata nè socio nè amministratore della società. Insomma, a fronte di un comportamento lineare e corretto di Diaviva Film S.r.l., vi è stata costante violazione da parte di Sopenpan S.r.l. di tutti gli obblighi che incombono sulla parte secondo buona fede e correttezza.
Con il secondo motivo la parte ricorrente denuncia “Violazione dell’art. 360 c.p.c., n. 3 in relazione all’art. 116 c.p.c.” esponendo censure da riassumere nel modo seguente. La sentenza impugnata si è limitata ad affermare la inattendibilità del teste P.L. quale ex amministratore; della teste P. L. in quanto parente dell’ex amministratore e del teste S. P., così come degli altri testi assunti, in quanto riferenti de relato. Non ha stabilito la inattendibilità in base ad un criterio oggettivo, ma semplicemente sulla scorta di una situazione giuridica, che, invece consentiva ugualmente di testimoniare. Invece la ragione della inattendibilità avrebbe dovuto essere ricercata in mancati riscontri attraverso altre deposizioni o attraverso contrasti con la documentazione esistente. Inoltre il teste S.P. ha testimoniato su alcune circostanze de relato, ma su altre direttamente per avere egli stesso dato corso o coordinato alcune operazioni essenziali quali quelle relative alla programmazione ed allo studio del nuovo spot pubblicitario, attività che veniva da lui diretta e coordinata. Anche alla luce degli scritti intercorsi e dei fatti che sono risultati pacifici in causa, le testimonianze sia del P.L. che della Pu.Li.
trovano perfetta collocazione e rispondenza logica e non esiste motivo per non ritenerle affidabili.
I due motivi non possono essere accolti in quanto la motivazione contenuta nell’impugnata decisione è sufficiente, logica, non contraddittoria e rispettosa della normativa in questione.
In particolare va rilevato quanto segue: -A) le argomentazioni esposte dalla Corte in ordine all’inattendibilità dei testi, specie se considerate anche nelle loro parti implicite (ricavabili dal contesto della motivazione) appaiono immuni dai vizi lamentati, -B) per il resto si è di fronte a doglianze che devono ritenersi (prima ancora che prive di pregio dato che si è di fronte a tipiche valutazioni di merito della Corte, che si sottraggono al sindacato di legittimità in quanto immuni dai vizi denunciati; cfr. tra le altre Cass. Sentenza n. 42 del 07/01/2009: “La valutazione delle risultanze delle prove e il giudizio sull’attendibilità dei testi, come la scelta, tra le varie risultanze probatorie, di quelle ritenute più idonee a sorreggere la motivazione, involgono apprezzamenti di fatto riservati al giudice di merito, il quale è libero di attingere il proprio convincimento da quelle prove che ritenga più attendibili, senza essere tenuto ad un esplicita confutazione degli altri elementi probatori non accolti, anche se allegati dalle parti”) inammissibili in quanto le censure (e relative argomentazioni) della ricorrente, al di là della formale prospettazione, in realtà si basano semplicemente su una diversa valutazione delle risultanze processuali (cfr. tra le altre Cass. n. 9234 del 20/04/2006; e Cass. Sentenza n. 18119 del 02/07/2008); -C) la Corte ha ritenuto inattendibile il teste S. esponendo varie considerazioni e concludendo che la sua deposizione era “…per taluni versi generica, quanto alla fonte delle notizie riferite, e, per altri versi, de relato e parte actoris…” (pag. 14); dunque si è in realtà di fronte ad una motivazione (non fondata sulla mera affermazione che era de relato, ma) articolata ed adeguata; e quindi ineccepibile.
Con il terzo motivo la parte ricorrente denuncia “Violazione dell’art. 360 c.p.c., n. 3 in relazione agli artt. 99 – 100 – 112 – 115 e 116 c.p.c. erronea interpretazione delle conclusioni assunte da Diaviva Film S.r.l. in sede di appello” esponendo doglianze da riassumere come segue. La sentenza in oggetto afferma che non sarebbe stata sollevata la questione relativa alla circostanza che la sentenza di primo grado avrebbe condannato Diaviva alla restituzione in favore di Sopenpan S.r.l. non solo della somma ricevuta a titolo di acconto, ma anche dell’IVA incidente sulla medesima e con tale affermazione ritiene chiuso il discorso sul punto; ma non ha tenuto conto in alcun modo delle conclusioni assunte in grado di appello da Diaviva Film S.r.l. laddove si individuava l’acconto ricevuto in L. 32.000.000 e si chiedeva che la condanna della Donzelletta, avvenisse al netto di tale acconto. E’ ovvio che implicitamente la sentenza di primo grado era stata investita in sede di appello anche della questione relativa alla quantificazione della somma da restituirsi.
Il motivo non può essere accolto, in quanto i vizi denunciati non sussistono.
La Corte ha inappuntabilmente affermato (a pag. 13) che l’ambito della sua pronuncia era segnato dai motivi “specifici” contenuti nell’atto di appello. In altri termini ha (chiaramente pur se implicitamente) affermato di dover esaminare solo i motivi ammissibili in quanto specifici; e negato che sussistessero doglianze implicite ammissibili in quanto dotate dei necessari requisiti di chiarezza e specificità.
La tesi è assolutamente corretta dal punto di vista giuridico (i motivi di gravame inammissibili non costituivano infatti rituale oggetto della materia processuale sulla quale detta Corte doveva pronunciare) e dal punto di vista logico.
Dunque l’assunto esposto dalla parte ricorrente non riesce a dimostrare la sussistenza dei vizi in questione nella motivazione in esame.
Con il quarto motivo la ricorrente denuncia “Violazione dell’art. 360 c.p.c., nn. 3 e 5 in relazione all’art. 2697 c.c. e all’art. 116 c.p.c.” esponendo doglianze da riassumere nel modo seguente. La sentenza di appello con riferimento alla richiesta di risarcimento delle spese vive sopportate, afferma che le spese non sarebbero provate per l’incertezza di attribuire gli importi indicati a viaggi effettuati nell’interesse della sola committente Sopenpan S.r.l. o anche di altri clienti della zona. Sennonchè l’attrice non aveva mai contestato (se non genericamente e quindi inutilmente) i documenti prodotti a corredo del proprio assunto da Diaviva Film S.r.l. e quindi non poteva la Corte di Appello sostituirsi alla Sopenpan Srl.
nella valutazione negativa degli elementi probatori offerti. In ogni caso, la domanda svolta in sede di appello era diretta ad ottenere il riconoscimento di tutti i danni subiti, indicati in una somma ben definita o nell’altra somma che fosse riconoscibile anche in via di equità. Poichè è pacifico che Diaviva Film Srl ha effettuato alcuni viaggi e che ha dedicato durante questi viaggi il tempo dei propri collaboratori anche alla realizzazione di questo filmato, la Corte avrebbe dovuto provvedere alla liquidazione quanto meno di una parte del danno in via di equità.
Anche tale motivo non può essere accolto in quanto inammissibile (dato che si basa su quanto risulterebbe dai suddetti documenti dei quali però non viene riportato ritualmente il contenuto; cfr. tra le altre Cass. Sentenza n. 7767 del 29/03/2007; Cass. Sentenza n. 6807 de 21/03/2007; Cass. Sentenza n. 15952 del 17/07/2007; Cass. Sentenza n. 4849 del 27/02/2009) prima ancora che infondato (con riferimento alla ritenuta mancanza di prove valide ed all’implicitamente ritenuta inapplicabilità della predetta liquidazione equitativa, detto Giudice ha esposto argomentazioni inappuntabili; che quindi si sottraggono al sindacato di legittimità).
Sulla base di quanto sopra esposto il ricorso va respinto.
Le spese seguono la soccombenza e vanno liquidate come esposto nel seguente dispositivo.
P.Q.M.
LA CORTE Rigetta il ricorso e condanna la parte ricorrente a rifondere alla parte controricorrente le spese del giudizio di cassazione liquidate in Euro 2.000,00 (duemila/00 Euro) per onorario oltre Euro 200,00 (duecento/00 Euro) per spese vive ed oltre spese generali ed accessori come per legge.
Così deciso in Roma, il 16 novembre 2009.
Depositato in Cancelleria il 26 gennaio 2010