Corte di Cassazione, sez. III Civile, Sentenza n.1533 del 26/01/2010

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LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DI NANNI Luigi Francesco – Presidente –

Dott. FILADORO Camillo – rel. Consigliere –

Dott. SEGRETO Antonio – Consigliere –

Dott. AMATO Alfonso – Consigliere –

Dott. SPAGNA MUSSO Bruno – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso proposto da:

AGEA AGENZIA PER LE EROGAZIONI IN AGRICOLTURA ***** (gia’

IAMA – Azienda di Stato per gli Interventi nel Mercato Agricolo) in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, da cui e’ difesa per legge;

– ricorrente –

contro

CONSORZIO COOPERATIVO CARNI 3C A RL IN L.C.A.;

– intimata –

e sul ricorso n. 25088/2006 proposto da:

CONSORZIO COOPERATIVO CARNI 3C A RL IN LIQUIDAZIONE COATTA AMMINISTRATIVA in persona dei Commissari Liquidatori, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA MONTE SANTO 68, presso lo studio dell’avvocato FERRAZZA CLAUDIO, che lo rappresenta e difende giusta delega a margine del controricorso e ricorso incidentale;

– ricorrente –

contro

AGEA;

– intimata –

avverso la sentenza n. 180/2005 della CORTE D’APPELLO di CAGLIARI, emessa il 22/4/2005, depositata il 21/05/2005, R.G.N. 40/2001;

udita la relazione della causa svolta nella Udienza pubblica del 02/12/2009 dal Consigliere Dott. FILADORO Camillo;

udito l’Avvocato ANGELO VENTURINI;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. MARINELLI Vincenzo, che ha concluso per l’accoglimento p.q.r. del ricorso principale e il rigetto del ricorso incidentale.

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con Sentenza 4 – 21 maggio 2005 la Corte di Appello di Cagliari riformava parzialmente la decisione del locale Tribunale che aveva condannato il Consorzio Cooperativo Carni 3 C s.r.l. a restituire all’AIMA la somma di L. 640.222.008, indebitamente percepite a titolo di contributo concesso con decreto 909 del 17 gennaio 2002, riducendo l’importo dovuto dal Consorzio ad Euro 72.236,70.

I giudici di appello rilevavano che l’AIMA – Azienda di Stato per gli Interventi nel Mercato Agricolo – aveva dato attuazione nel 1991 ad uno specifico piano per il risanamento del patrimonio zootecnico della *****, il cui programma era stato approvato con Delib. CIPE 2 febbraio 1990 e della Commissione CEE del 20 aprile 1991.

Era stato concesso un contributo alle aziende di allevamento del bestiame nella misura del 70%, e comunque per un massimo di L. 2.750.000.000, nonche’ l’erogazione mensile, a richiesta del beneficiario, del 98% di quanto maturato mediante stati di avanzamento e previa presentazione di una relazione. Era stato previsto il versamento del saldo al termine del programma e sulla base di un rendiconto finale di spesa e di una relazione finale da inviare all’ente finanziatore.

Il programma finanziato aveva avuto inizio il 30 aprile 1992. Su richiesta del Consorzio Cooperativo Carni 3 C., il programma, inizialmente previsto solo per l’abbattimento dei capi affetti da tubercolosi e brucellosi, era stato esteso anche a quei capi che non garantivano una gestione economica dell’allevamento.

Al termine del programma, l’AIMA aveva provveduto ad accreditare al Consorzio la complessiva somma di L. 1.808.123.960.

Il Consorzio, in data 7 luglio 194, aveva inviato un rendiconto con l’analisi dei costi, dal quale risultava un proprio credito di L. 865.417.108.

L’AIMA aveva risposto al Consorzio, precisando che il saldo del contributo doveva essere calcolato previa detrazione del ricavo ottenuto dal Consorzio a seguito della vendita delle carni macellate.

A questo punto, il Consorzio aveva convenuto in giudizio l’AIMA, chiedendo la condanna della stessa al pagamento della somma di L. 865.417.108.

Costituendosi in giudizio l’AIMA aveva chiesto, in via riconvenzionale, la restituzione della somma di L. 40.222.028, corrisposta in piu’. Con memoria ex art. 183 c.p.c. aveva poi rettificato le proprie conclusioni, richiedendo la condanna del Consorzio alla maggior somma di L. 935.947.240.

Con sentenza 21 novembre – 4 dicembre 2000, il Tribunal rigettava la domanda del Consorzio, condannando lo stesso, a restituire all’AIMA la somma di L. 640.222.028, corrisposta in piu’.

La Corte di Appello, come gia’ rilevato, condannava il Consorzio a restituire all’AIMA la minor somma di Euro 72.236,70.

La Corte territoriale ha respinto il primo motivo di appello, con il quale il Consorzio aveva dedotto che i ricavi delle vendite non dovessero essere scorporati dall’importo del finanziamento AIMA. Avverso tale decisione l’AGEA – Azienda per le erogazioni in Agricoltura, (gia’ AIMA) ha proposto ricorso per Cassazione sorretto da un unico motivo.

Resiste il Consorzio con controricorso, proponendo a sua volta ricorso incidentale.

MOTIVI DELLA DECISIONE

Deve innanzi tutto disporsi la riunione dei due ricorsi, proposti contro la medesima decisione (art. 335 c.p.c.).

Con l’unico motivo la AGEA denuncia omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione su un punto decisivo della controversia, in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 5.

La sentenza impugnata, ad avviso della ricorrente principale, manca di una vera e propria motivazione essendosi limitata a ritenere piu’ esatto il calcolo sviluppato dal Consorzio relativamente all’ammontare del contributo dovuto e della somma corrisposta in piu’ dall’AIMA, senza spiegare in alcun modo le ragioni sulle quali si basava tale conclusione.

La censura e’ meritevole di accoglimento.

La sentenza contiene una motivazione del tutto apparente, che non costituisce vera e propria motivazione.

Secondo il consolidato insegnamento di questa Corte: “In materia di contenuto della sentenza, affinche’1 sia integrato il vizio di “mancanza della motivazione” agli effetti di cui all’art. 132 c.p.c., n. 4, occorre che la motivazione manchi del tutto – nel senso che alla premessa dell’oggetto del decidere risultante dallo svolgimento del processo segue l’enunciazione della decisione senza alcuna argomentazione – ovvero che essa formalmente esista come parte del documento, ma le sue argomentazioni siano svolte in modo talmente contraddittorio da non permettere di individuarla, cioe’ di riconoscerla come giustificazione del “decisum” (Cass. n. 20112 del 2009).

Ed ancora: “La sentenza e’ nulla ai sensi dell’art. 132 c.p.c., comma 2, n. 4, ove risulti del tutto priva dell’esposizione dei motivi sui quali la decisione si fonda ovvero la motivazione sia solo apparente, estrinsecandosi in argomentazioni non idonee a rivelare la “ratio decidendi” (Cass. n. 161 del 2009).

Inoltre: “il vizio di omessa motivazione della sentenza, denunciabile in Cassazione ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, ricorre, nella duplice manifestazione di difetto assoluto o di motivazione apparente, quando il giudice di merito omette di indicare, nel contenuto della sentenza, gli elementi da cui ha desunto il proprio convincimento ovvero, pur individuando questi elementi, non procede ad una loro approfondita disamina logico-giuridica, tale da lasciar trasparire il percorso argomentativo seguito”. (Cass. n. 16762 del 2006, Cass. n. 24985 del 2006).

Nel caso di specie, i giudici di appello, dopo avere indicato i diversi criteri di calcolo utilizzati dal Consorzio e dall’AIMA (ora AGEA) ed esposto i fatti di causa, hanno deciso la controversia osservando che appariva “piu’ esatto il calcolo sviluppato dal Consorzio 3 C a pagina 22 della Comparsa conclusionale” (pag. 29), accogliendo, conseguentemente, il secondo motivo di appello.

La Corte territoriale ha affermato di non condividere l’ampia motivazione contenuta nella decisione del Tribunale, ritenendo piu’ “corretto il calcolo per la determinazione del contributo e della somma da restituire sviluppato dal Consorzio appellante nell’atto di appello, in quanto rispondente ai criteri di determinazione convenuti” (pag. 28).

Si tratta, ad avviso del Collegio, di motivazione solo apparente, che non consente di individuare le ragioni sulle quali la decisione si fonda.

Dall’accoglimento del ricorso principale discende l’assorbimento del ricorso incidentale del Consorzio, contenente censure di violazione di norme di legge (L. n. 610 del 1982, art. 8 bis) e di illegittima applicazione della Delib. CIPI 2 febbraio 1990, della decisione della Commissione UE 29/4/1991 e della Circolare 8 luglio 191 dell’AIMA), anche esse assorbite.

Nel ricorso incidentale il Consorzio ha ribadito la tesi contraria a quella sostenuta dalla controparte e cioe’ che i ricavi eventualmente ottenuti dalla vendita, macellazione ed ogni altro tipo di utilizzo dei capi abbattuti, non dovrebbero essere detratti dal contributo stanziato dall’AIMA, contrariamente a quanto stabilito dalla Corte territoriale.

La sentenza impugnata deve essere cassata in relazione alle censure accolte, con rinvio ad altro giudice che procedera’ a nuovo esame, provvedendo anche in ordine alle spese del presente giudizio.

P.Q.M.

LA CORTE Riunisce i ricorsi.

Accoglie il ricorso principale, assorbito il ricorso incidentale.

Cassa in relazione alle censure accolte e rinvia anche per le spese alla Corte di appello di Cagliari, in diversa composizione.

Cosi’ deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 2 dicembre 2009.

Depositato in Cancelleria il 26 gennaio 2010

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