LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SECONDA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. ROVELLI Luigi Antonio – Presidente –
Dott. ODDO Massimo – Consigliere –
Dott. BURSESE Gaetano Antonio – Consigliere –
Dott. BUCCIANTE Ettore – Consigliere –
Dott. MIGLIUCCI Emilio – rel. Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
sentenza
sul ricorso proposto da:
MINISTERO ECONOMIA FINANZE in persona del Ministro pro tempore, AGENZIA DEMANIO in persona del Direttore pro tempore, elettivamente domiciliati in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI, 12, presso AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che li rappresenta e difende ope legis;
– ricorrenti –
contro
M.A. *****, P.G. *****, P.N. *****, tutti e tre nella qualita’ di eredi del defunto signor P.A., elettivamente domiciliati in ROMA, VIALE TRASTEVERE 259, presso lo studio dell’avvocato BARTOLI PIER LUIGI, che li rappresenta e difende;
– controricorrenti –
avverso la sentenza n. 2274/2007 della CORTE D’APPELLO di ROMA, depositata il 21/05/2007;
udita la relazione della causa svolta nella Udienza pubblica del 02/12/2009 dal Consigliere Dott. MIGLIUCCI Emilio;
udito l’Avvocato BARTOLI PierLuigi, difensore dei resistenti che ha chiesto il rigetto del ricorso;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. RUSSO Libertino Alberto, che ha concluso per l’accoglimento del ricorso.
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
P.A. conveniva dinanzi al Tribunale di Roma il Ministero delle Finanze, esponendo che: da oltre venti anni era nel possesso pacifico ed ininterrotto dell’immobile sito in *****; l’immobile era stato acquistato per successione legittima dallo Stato ai sensi dell’art. 586 c.c. in conseguenza della morte, intervenuta nel *****, della proprietaria risultante dall’intestazione catastale, signora S.E..
Pertanto, l’attore chiedeva l’accertamento dell’intervenuto acquisto della proprieta’ dell’immobile de quo per usucapione.
Il Ministero delle finanze, nel costituirsi in giudizio, contestava la fondatezza della domanda, rilevando in particolare il difetto dei requisiti legittimanti l’usucapione, con specifico riferimento alla mala fede dell’attore all’atto dell’occupazione ed al carattere clandestino dell’immissione nel possesso dell’immobile.
Con sentenza n. 11809/2004 il Tribunale accoglieva la domanda Con sentenza dep. il 21 maggio 2007, emessa nei confronti di M. A., P.G. e P.N., eredi dell’attore nelle more deceduto, la Corte di appello di Roma rigettava l’impugnazione proposta dal Ministero dell’Economia e delle Finanze succeduto nelle attribuzioni al Ministero delle Finanze.
Con i motivi di appello l’Amministrazione aveva dedotto: l’attore avrebbe dovuto dimostrare che essa appellante era a conoscenza dell’avvenuta occupazione dell’immobile o che avrebbe potuto averne conoscenza tenuto conto che, essendo l’originaria proprietaria deceduta senza lasciare eredi, non era stata effettuata la denuncia di successione; il possesso era clandestino, essendo lo Stato nell’impossibilita’ di venire a conoscenza dell’occupazione con l’uso dell’ordinaria diligenza.
I giudici di appello, nel ritenere la sussistenza dei requisiti previsti dall’art. 1158 c.c., osservavano che l’acquisto per usucapione prescinde dalla buona fede del terzo possessore, essendo peraltro irrilevante le ragioni che possano avere determinato l’inerzia del proprietario: rilevante e’ che l’acquisto e l’esercizio del possesso siano avvenuti pubblicamente, in modo visibile e non occulto cosi’ da palesare l’animo del possessore di volere assoggettare la cosa al proprio potere e senza che sia necessaria l’effettiva conoscenza da parte del preteso danneggiato. In coerenza con il fondamento dell’istituto dell’usucapione non vi era ragione per tutelare un soggetto che di fatto aveva preso conoscenza del proprio diritto oltre mezzo secolo dalla sua maturazione e solo per effetto della domanda proposta con l’atto introduttivo del presente giudizio, mentre nessun onere di comunicazione era configurarle a carico del possessore.
Avverso tale decisione propongono ricorso per Cassazione il Ministero dell’Economia e delle Finanze e l’Agenzia del Demanio sulla base di unico motivo.
Hanno resistito con controricorso gli intimati.
MOTIVI DELLA DECISIONE
Con l’unico articolato motivo i ricorrenti, lamentando violazione e falsa applicazione degli artt. 586, 1163 e 2935 c.c. (art. 360 c.p.c., n. 3), deducono che non poteva ritenersi maturata l’usucapione in favore dell’attore in considerazione della clandestinita’ del possesso, tenuto conto che l’immobile de quo era pervenuto allo Stato a titolo di eredita’ ai sensi dell’art. 586 c.c. a seguito di inutile decorso del termine stabilito dall’art. 480 c.c., per cui l’Amministrazione era venuta a conoscenza dell’intervenuto acquisto soltanto a seguito della citazione introduttiva del presente giudizio, non avendo a disposizione alcun strumento tecnico – giuridico che le consentisse di esercitare il diritto dominicale sul bene de quo: infatti, non vi era alcun soggetto che avesse l’onere di presentare la denuncia di successione ne’ l’attore aveva proceduto alla trascrizione dell’acquisto nei registri immobiliari o al pagamento delle relative tasse. Ed invero l’interpretazione dell’art. 1163 c.c. nel senso che il possesso esercitato in mancanza di qualsiasi conoscenza, formale o informale, da parte dello Stato deve considerarsi inidoneo ai fini dell’usucapione trova fondamento nella disposizione introdotta dalla L. n. 296 del 2007, art. 1, comma 260 (Legge Finanziaria 2007), secondo cui “al possesso esercitato sugli immobili vacanti o derivanti da eredita’ giacenti si applica la disposizione dell’art. 1163 c.c. sino a quando il terzo esercente attivita’ corrispondente al diritto di proprieta’ o ad altro diritto reale non notifichi all’Agenzia del demanio di essere in possesso del bene vacante o derivante da eredita’ giacenti: tale norma, in vigore dal 1 gennaio 2007, pur introducendo ex nunc oneri di comunicazione prima non previsti e percio’ aventi carattere di novita’, ha carattere interpretativo e quindi efficacia retroattiva, nella parte in cui prevede che il possesso di cui all’art. 1163 c.c. possa decorrere solo dal momento in cui in qualsiasi modo l’Amministrazione sia venuta a conoscenza dell’avvenuto acquisto. D’altra parte, per il richiamo contenuto nell’art. 1165 c.c. alle norme in materia di prescrizione, alla specie deve ritenersi applicabile l’art. 2935 c.c. in ordine alla decorrenza dei termini, tenuto conto che l’Amministrazione era stata in grado di esercitare il diritto dominicale soltanto dal momento della notificazione dell’atto introduttivo del presente giudizio. La pubblicita’ del possesso postula che esso sia esercitato in modo visibile ed apprezzabile, dovendo estrinsecarsi in fatti e contegni idonei ad essere percepiti dal proprietario con la normale diligenza: il che non si era verificato nella specie. Il precedente di legittimita’ richiamato dalla sentenza impugnata non era pertinente posto che in quel caso era dato per scontato e presupposto che il proprietario sarebbe potuto venire a conoscenza dell’altrui possesso usando l’ordinaria diligenza ed inoltre vi era anche la prova della piena consapevolezza da parte sua del diritto dominicale a lui spettante sull’immobile usucapito. In realta’, secondo il costante orientamento della giurisprudenza di legittimita’, la clandestinita’ del possesso si configura ogni volta che il proprietario si trovi nell’impossibilita’ oggettiva di prendere conoscenza del dedotto spoglio. Una diversa interpretazione condurrebbe ad una abrogazione tacita dell’art. 586 c.c..
Il motivo e’ infondato.
La sentenza, nel ritenere maturato l’acquisto per usucapione del bene oggetto di eredita’ pervenuta allo Stato ai sensi dell’art. 586 c.c., ha correttamente escluso che il possesso esercitato dall’attore in modo pubblico e visibile fosse da considerarsi clandestino, non assumendo al riguardo rilievo le ragioni dell’inerzia del proprietario. Ed invero, i ricorrenti non possono sostenere l’inidoneita’ del possesso ad usucapionem, allegando l’impossibilita’ oggettiva per lo Stato di venire a conoscenza dell’intervenuto acquisto della proprieta’ del bene oggetto del possesso esercitato da terzi.
In primo luogo, deve escludersi che il possessore avesse alcun onere di comunicazione del suo possesso, non trovando applicazione alla specie ratione temporis la disposizione di cui alla L. n. 296 del 2007, art. 1, comma 260 secondo cui “allo scopo di devolvere allo Stato i beni vacanti o derivanti da eredita’ giacenti, il Ministro della giustizia, di concerto con il Ministro dell’interno ed il Ministro dell’economia e delle finanze, determina, con decreto da emanare entro sei mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, i criteri per l’acquisizione dei dati e delle informazioni rilevanti per individuare i beni giacenti o vacanti nel territorio dello Stato. Al possesso esercitato sugli immobili vacanti o derivanti da eredita’ giacenti si applica la disposizione dell’art. 1163 c.c. sino a quando il terzo esercente attivita’ corrispondente al diritto di proprieta’ o ad altro diritto reale non notifichi all’Agenzia del demanio di essere in possesso del bene vacante o derivante da eredita’ giacenti. Nella comunicazione inoltrata all’Agenzia del demanio gli immobili sui quali e’ esercitato il possesso corrispondente al diritto di proprieta’ o ad altro diritto reale devono essere identificati descrivendone la consistenza mediante la indicazione dei dati catastali”. Innanzitutto la norma non ha carattere retroattivo, non potendo ritenersi meramente interpretativa delle disposizioni di cui all’art. 1163 c.c., in quanto ha introdotto nell’ordinamento una nuova disciplina del possesso utile ad usucapionem relativamente ai beni vacanti e alle eredita’ giacenti di cui lo Stato sia divenuto titolare ex art. 586 c.c. allo scopo di consentirgli l’effettivo esercizio dei diritti successori ed impedirne l’estinzione a favore di terzi possessori.
Infatti, la norma non solo ha imposto a carico di colui che esercita il possesso su beni vacanti o derivanti da eredita’ giacenti l’onere (prima non sussistente) di darne comunicazione all’Agenzia ma, nel subordinare all’effettuazione di tale adempimento il decorso del termine necessario per l’usucapione, ha previsto una nuova ipotesi di vizio del possesso acquistato sui beni in questione, estendendo la previsione di cui all’art. 1163 c.c.- secondo cui il possesso acquistato in modo violento o clandestino non giova per l’usucapione se non dal momento in cui sono cessati la violenza o la clandestinita’ – quando non sia stato effettuato il suddetto adempimento. Pertanto, la stessa ratio ispiratrice dell’intervento del legislatore, volto ad evitare la perdita di diritti acquistati ai sensi dell’art. 586 c.c. citato su beni di cui l’Amministrazione neppure sia a conoscenza di avere acquistato, non fa altro che confermare che, in coerenza con i principi che regolano l’istituto dell’usucapione, ai sensi dell’art. 1163 c.c. nel testo anteriore alla citata modifica legislativa, le ragioni dell’inerzia dello Stato o la mancata comunicazione dell’altrui possesso ovvero la mancata conoscenza dell’intervenuto acquisto del bene erano circostanze che non potevano assumere alcun rilievo ai fini di impedire il decorso dell’usucapione e tanto meno potevano configurare una situazione di possesso clandestino, atteso che l’acquisto ex art. 1158 c.c. postula, da un lato, l’obiettiva inerzia da parte del proprietario o del titolare di un diritto reale e, dall’altro, l’acquisto e l’esercizio del possesso da parte del terzo in modo pubblico e pacifico. Ed invero, l’inerzia dell’Amministrazione non puo’ ritenersi conseguenza di una situazione di oggettiva impossibilita’ per lo Stato di conoscere l’intervenuto acquisto della proprieta’ del bene oggetto del possesso esercitato da terzi posto che – indipendentemente da quanto e’ stato poi pure previsto con la citata L. del 2007 proprio per sopperire a disfunzioni legate alla mancata adozione di idonee misure – lo Stato avrebbe potuto compiere quelle attivita’, di carattere amministrativo ed organizzativo, dirette all’acquisizione dei dati e delle informazioni rilevanti per individuare i beni giacenti o vacanti nel territorio dello Stato. In particolare, va considerato che proprio il mancato versamento delle imposte relative all’immobile de quo, protrattosi per un periodo evidentemente considerevole, al quale ha fatto cenno il ricorrente, avrebbe dovuto comportare le necessarie verifiche in ordine all’omesso pagamento da parte del soggetto che risultava l’intestatario catastale dell’immobile: il che avrebbe consentito quindi di appurare la situazione di diritto e di fatto del bene medesimo. Il ricorso va rigettato.
In considerazione della peculiarita’ della vicenda processuale le spese della presente fase vanno compensale fra le parti.
Tenuto conto della particolare importanza della questione decisa, ai sensi dell’art. 384 c.p.c., comma 1; si formula il seguente principio di diritto:
“In tema di usucapione di beni immobili, nel caso di acquisto di beni pervenuti, allo Stato, ex art. 586 c.c., a titolo di eredita’, ai sensi dell’art. 1163 c.c., nel testo anteriore alla modifica di cui alla L. n. 296 del 2007, art. 1, comma 260 la mancata conoscenza da parte dell’Amministrazione dell’intervenuto acquisto non impedisce il decorso del termine utile per l’usucapione del diritto da parte del terzo, dovendo escludersi in tal caso la natura clandestina del possesso continuato per venti anni esercitato pubblicamente e pacificamente”.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso.
Cosi’ deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 2 dicembre 2009.
Depositato in Cancelleria il 26 gennaio 2010