Corte di Cassazione, sez. II Civile, Sentenza n.1555 del 26/01/2010

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LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SCHETTINO Olindo – Presidente –

Dott. ODDO Massimo – Consigliere –

Dott. PICCIALLI Luigi – Consigliere –

Dott. BURSESE Gaetano Antonio – Consigliere –

Dott. MAZZACANE Vincenzo – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso 25595-2004 proposto da:

G.M. *****, elettivamente domiciliato in ROMA, PIAZZA CAVOUR, presso la CORTE DI CASSAZIONE, rappresentato e difeso dall’avvocato TRISCARI PIETRA MARIA LINA;

– ricorrente –

e contro

S.R.;

– intimato –

avverso l’ordinanza del TRIBUNALE di BERGAMO, depositata il 12/11/2003;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 10/12/2009 dal Consigliere Dott. VINCENZO MAZZACANE;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. CICCOLO Pasquale Paolo Maria che ha concluso per l’accoglimento del ricorso.

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con ricorso depositato il 25-6-2003 al Tribunale di Bergamo l’avvocato G.M., premesso di aver effettuato delle prestazioni professionali di natura giudiziale in favore del signor S.R., chiedeva ai sensi della L. 13 giugno 1942, n. 794, artt. 28 e 29 la condanna di quest’ultimo al pagamento in proprio favore della somma dovuta a saldo di Euro 5913.64 oltre interessi legali.

Si costituiva in giudizio il S. ritenendo che l’attività professionale del ricorrente era stata interamente soddisfatta con le somme liquidate dal giudice di appello della causa nell’ambito della quale il G. aveva difeso l’esponente.

Il Tribunale adito con ordinanza del 12-11-2004 ha rigettato il ricorso.

Per la cassazione di tale ordinanza il G. ha proposto in ricorso ex art. 111 Cost. affidato a due motivi; la parte intimata non ha svolto attività difensiva in questa sede.

MOTIVI DELLA DECISIONE

Con il primo motivo il ricorrente, denunciando violazione della L. n. 794 del 1942, artt. 28, 29 e 30, dell’art. 5 della legge professionale nonchè vizio di motivazione, premesso che la domanda proposta dall’esponente atteneva alla liquidazione nei confronti del proprio cliente delle spese, diritti ed onorari maturati per l’attività professionale prestata in suo favore nei primi due gradi di giudizio relativi al riconoscimento per il S. dell’assegno di inabilità o invalidità (precedentemente revocato) nei confronti dell’inps, assume che tale liquidazione era stata richiesta applicando lo scaglione corrispondente al valore della domanda così come emergente dalle somme percepite dal S. a seguito di esecuzione da parte dell’Inps della sentenza che riconosceva il diritto del S. medesimo a percepire l’assegno sospeso (ovvero Euro 57.730,24 oltre interessi maturati nonchè il rateo mensile), valore maggiore di quello determinato dal Tribunale di Bergamo che ha ritenuto esaustiva la liquidazione delle spese legali effettuata dal giudice di merito a carico dell’Inps soccombente; inoltre l’ordinanza impugnata ha posto a carico del ricorrente l’onere di provare diverse ed ulteriori voci, peraltro non richieste, per le quali sarebbe stato incardinato il procedimento “de quo”.

L’avvocato G. sostiene di aver correttamente richiesto la liquidazione degli onorari a carico del proprio cliente avuto riguardo al valore effettivo della controversia, risultando esso manifestamente diverso da quello presunto a norma del codice di procedura civile, ed in conformità del principio che nei giudizi aventi ad oggetto il pagamento di una somma di denaro il valore della causa, ai fini della liquidazione degli onorari dovuti al difensore dal proprio cliente, deve essere determinato, a norma delle disposizioni del codice di procedura civile, avuto riguardo non alla somma domandata, ma a quella attribuita alla parte vittoriosa.

Con il secondo motivo il ricorrente, deducendo violazione di legge e vizi di motivazione, censura l’ordinanza impugnata per non avere manifestato le ragioni per le quali è stato disatteso il parere di congruità espresso dal Consiglio dell’Ordine.

Le enunciate censure, da esaminare contestualmente per ragioni di connessione,sono infondate.

L’ordinanza impugnata ha rilevato che, attesa la sentenza di condanna del giudice di secondo grado (nell’ambito della controversia nella quale il G. aveva svolto la sua attività professionale in favore del S.) nei confronti dell’Inps alla rifusione delle spese di lite di entrambi i gradi di giudizio come ivi liquidate, il ricorrente non aveva adempiuto all’onere di provare l’invocato diritto al riconoscimento di voci ulteriori rispetto a quelle determinate dal suddetto giudice.

Orbene, premesso che sono inammissibili i profili di censura attinenti a vizi di motivazione che implichino un controllo sulla sua sufficienza e razionalità (Cass. 11-5-2006 n. 10939), essendo in proposto ammissibile denunciare ai sensi dell’art. 111 Cost. solo la carenza assoluta della motivazione o la sua mera apparenza, si osserva che il ricorso in esame si rivela manifestamente generico, non avendo l’avvocato G. indicato nè le diverse voci che concorrevano a determinare l’importo della parcella di cui aveva richiesto il riconoscimento davanti al Tribunale di Bergamo, nè tantomeno il “quantum” relativo alle spese liquidate nei due gradi del giudizio di merito suddetto e ritenuto congruo dall’ordinanza impugnata, e neppure le ragioni che secondo il ricorrente spiegherebbero la differenza tra la somma richiesta a titolo di onorari e quella determinata dal Tribunale; in tal modo non è possibile esaminare nei suoi effettivi termini la questione relativa alla determinazione del valore della menzionata controversia (questione comunque non trattata nella suddetta ordinanza), e pertanto resta così preclusa in questa sede la verificabilità della corrispondenza o meno alle tariffe di legge della liquidazione degli onorari effettuata dal Tribunale di Bergamo in favore dell’attuale ricorrente in riferimento alle prestazioni professionali espletate nei confronti del S..

E’comunque appena il caso di rilevare che in materia di liquidazione di spese, diritti ed onorari di giudizio L. n. 794 del 1942, ex artt. 28 e 29 il giudice non è vincolato dal parere di congruità espresso dal Consiglio dell’Ordine degli Avvocati (Cass. 18-5-2005 n. 10428).

Il ricorso deve quindi essere rigettato; non occorre procedere ad alcuna statuizione in ordine alle spese del giudizio non avendo la parte intimata svolto alcuna attività difensiva in questa sede.

P.Q.M.

La Corte:

Rigetta il ricorso.

Così deciso in Roma, il 10 dicembre 2009.

Depositato in Cancelleria il 26 gennaio 2010

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