Corte di Cassazione, sez. II Civile, Sentenza n.1557 del 26/01/2010

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LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SCHETTINO Olindo – Presidente –

Dott. ODDO Massimo – Consigliere –

Dott. PICCIALLI Luigi – Consigliere –

Dott. BURSESE Gaetano Antonio – Consigliere –

Dott. MAZZACANE Vincenzo – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso 560-2005 proposto da:

M.A. *****, elettivamente domiciliato in ROMA, PIAZZA CAPRANICA 78, presso lo studio dell’avvocato MAZZETTI FEDERICO, rappresentato e difeso dall’avvocato BONGIORNO GALLEGRA ANTONINO;

– ricorrente –

contro

MO.AL. *****, MO.AN. *****, elettivamente domiciliati in ROMA, VIA ATTILIO REGOLO 12/D, presso lo studio dell’avvocato ZACCHIA RICCARDO, che li rappresenta e difende unitamente all’avvocato SCHIANO DI PEPE GIORGIO;

– controricorrenti –

avverso la sentenza n. 935/2003 della CORTE D’APPELLO di GENOVA, depositata il 07/11/2003;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 10/12/2009 dal Consigliere Dott. VINCENZO MAZZACANE;

udito l’Avvocato Fabio Massimo Orlando con delega depositata in udienza dell’Avvocato Antonino BONGIORNO GALLEGRA, difensore del ricorrente che ha chiesto l’accoglimento del ricorso;

udito l’Avvocato ZACCHIA Riccardo, difensore dei resistenti che ha chiesto il rigetto del ricorso;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. CICCOLO Pasquale Paolo Maria che ha concluso per il rigetto del ricorso.

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Nel febbraio del 1995 M.A. conveniva in giudizio dinanzi al Tribunale di Chiavari i suoi fratelli Mo.Al. e Mo.An. e, premesso che il loro padre M. P., deceduto il *****, aveva disposto delle sue sostanze con testamento ***** pubblicato in ***** istituendo eredi i suoi tre figli ed assegnando loro i suoi beni, chiedeva disporsi la divisione dei beni ancora in comunione con formazione dei lotti in ordine agli immobili siti in ***** costituenti il mappale *****, attribuito in comproprietà ai due figli Al. ed A., nonchè in ordine ai mappali *****, attribuiti in comproprietà ai tre figli.

Costituitosi il contraddittorio i convenuti assumevano che con scrittura privata del ***** essi, assistiti dai rispettivi consulenti, avevano convenuto la sistemazione di tutte le questioni sorte dopo la morte del padre, ivi compresi gli abusi edilizi derivati dalla presa di possesso dei beni attribuiti; chiedevano pertanto riconoscersi l’operatività di detta scrittura privata ed in subordine il ripristino dello stato di fatto esistente all’apertura della successione ed il risarcimento dei danni.

Il Tribunale adito con sentenza del 31-1-2001 dichiarava l’esecutività e vincolatività tra le parti della menzionata scrittura privata disponendo la divisione secondo il progetto disposto dal C.T.U..

Proposto gravame da parte di M.A. cui resistevano Al. e Mo.An. la Corte di Appello di Genova con sentenza del 7-11-2003 ha rigettato l’impugnazione.

Avverso tale sentenza M.A. ha proposto un ricorso basato su due motivi cui Al. e Mo.An. hanno resistito con controricorso; le parti hanno successivamente depositato delle memorie.

MOTIVI DELLA DECISIONE

Per ragioni di priorità logico-giuridiche occorre anzitutto esaminare il secondo motivo di ricorso con il quale M. A., deducendo violazione degli artt. 102, 713 e 784 c.p.c., premesso che in base al testamento pubblico di M.P. era stata istituita erede con l’attribuzione dell’usufrutto “uxorio” la vedova C.S., assume che quest’ultima, coerede e titolare del diritto di usufrutto sui beni ereditari, avrebbe dovuto partecipare al giudizio quale litisconsorte necessaria.

La censura è infondata.

Invero l’attribuzione da parte del testatore del solo usufrutto non conferisce al beneficiario la qualità di erede perchè egli non succede in tal caso nell'”universum jus” del defunto (Cass. 15-2-1979 n. 986), cosicchè non è necessaria la partecipazione al giudizio di divisione dell’usufruttuario che non rivesta altresì la qualità di erede (Cass. 8-6-2001 n. 7785), come appunto nella fattispecie.

Con il primo motivo il ricorrente, denunciando violazione ed omessa applicazione degli artt. 734 e 1350 c.c. nonchè carenza di motivazione, censura la sentenza impugnata per aver attribuito rilievo decisivo al fatto che la divisione immobiliare attuata dai tre fratelli M. era avvenuta anche in funzione transattiva, tenuto conto di alcune costruzioni nel frattempo realizzate da M.A. e dell’intento dei condividenti di evitare tra di essi, per quanto possibile, liti future.

Il ricorrente rileva che in tal modo non si era tenuto conto che il testatore aveva diviso i suoi beni tra i coeredi attraverso assegnazioni destinate a produrre efficacia reale immediata, e che in particolare i fratelli A. ed Mo.Al. erano divenuti ex art. 734 c.c. proprietari esclusivi del mappale *****, cosicchè lo stesso non poteva rientrare nella comunione ereditaria tra tutti e tre i fratelli se non come elemento accidentale a mezzo di idoneo atto scritto ai sensi dell’art. 1350 c.c.; invece nella convenzione divisionale del 16-7-1993 non vi era alcun accenno ad una cessione da parte dell’esponente e del fratello Al. all’altro fratello An. del suddetto mappale che neppure era stato conferito in comproprietà; del resto la difficoltà di sostenere dal punto di vista interpretativo che con il menzionato atto divisionale i fratelli A. ed Al. avessero ceduto al fratello An. preliminarmente la quota del mappale ***** era confermata dal rilievo che in un altro punto della stessa scrittura era stato espressamente specificato che i fratelli Al. ed An. cedevano al fratello Ar. la quota del mappale ***** di loro proprietà.

Il ricorrente quindi evidenzia che la pretesa cessione in proprietà della quota dell’immobile di cui al mappale ***** ad Mo.An. non era stata realizzata per iscritto ed era quindi nulla, e che il richiamo del giudice di appello alla divisione transattiva era irrilevante, posto che la nullità di cui all’art. 1350 c.c. per costante orientamento giurisprudenziale è assoluta e non può essere sanata dall’esecuzione del contratto nè da atti ricognitivi.

La censura è infondata.

La Corte territoriale ha individuato una finalità transattiva nell’accordo divisionale sopra menzionato che traspariva in effetti inequivocabilmente dal testo della scrittura dove vi era l’accenno a reciproche cessioni ed assunzioni di obblighi, ed ha in particolare richiamato le obbligazioni assunte da M.A. “in contropartita” delle concessioni fattegli dagli altri due fratelli;

ha al riguardo chiarito che nella specie ricorrevano da un lato una situazione di incertezza costituita dalla realizzazione su parte dei beni caduti in successione di opere edilizie da parte di uno dei tre fratelli, e dall’altro l’intento di eliminare detta situazione di dubbio mediante un assetto definitivo delle rispettive proprietà, da suddividere tra i fratelli mediante cessioni di parte di esse.

In tale contesto pertanto il giudice di appello ha evidenziato la chiara volontà delle parti di coinvolgere nel definivo assetto delle proprietà immobiliari beni di proprietà esclusiva di alcuni dei condividenti attraverso il meccanismo dell'”aliquid datum, aliquid retentum” proprio della transazione piuttosto che della divisione, e ciò tramite un negozio a forma scritta richiesta “ad substantiam” per il trasferimento di parte dei beni immobili di spettanza solo di alcuni di essi.

Tale convincimento è stato reso all’esito dell’interpretazione dell’accordo di cui alla scrittura del ***** frutto di un accertamento di fatto sorretto da esauriente e logica motivazione, e pertanto esso è immune dalle censure formulate dal ricorrente, incentrate sull’asserita violazione della regola della forma scritta prevista “ad substantiam” dall’art. 1350 c.c. per i contratti aventi ad oggetto il trasferimento della proprietà di beni immobili, requisito che nella specie difetterebbe per quanto riguarda la cessione da parte di A. ed Mo.Al. al fratello An. di una quota del mappale *****.

In realtà l’inquadramento del negozio in questione nell’ambito della divisione transattiva o nella transazione divisoria ha consentito agevolmente alla Corte territoriale di decidere correttamente la presente controversia, essendo possibile in tema di divisione ereditaria con tali negozi realizzare l’obbiettivo dello scioglimento della comunione e quello della cessazione o prevenzione di possibili contrasti tra i condividenti (vedi in proposito da ultimo Cass. 15-4- 2009 n. 8946); in tale più ampio contesto il giudice di appello ha logicamente quindi spiegato le ragioni per le quali i condividenti hanno contemplato nell’accordo raggiunto anche beni – quale appunto il mappale ***** – non oggetto di comproprietà tra tutte le parti, ritenendo così che anche tale immobile dovesse essere diviso tra i tre fratelli.

Orbene tale finalità è stata perseguita tramite l’imprescindibile requisito della forma scritta, in quanto dalla scrittura suddetta è emerso chiaramente che A. ed Mo.Al., procedendo alla divisione del mappale ***** – di cui erano i soli comproprietari – insieme al fratello An., hanno previamente inteso attribuire con il medesimo atto la contitolarità del bene anche a quest’ultimo.

Il ricorso deve quindi essere rigettato; le spese seguono la soccombenza e sono liquidate come in dispositivo.

P.Q.M.

La Corte:

Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento di Euro 200,00 per spese e di Euro 3000,00 per onorari di avvocato.

Così deciso in Roma, il 10 dicembre 2009.

Depositato in Cancelleria il 26 gennaio 2010

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