LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SECONDA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. ROVELLI Luigi Antonio – Presidente –
Dott. MALZONE Ennio – rel. Consigliere –
Dott. BURSESE Gaetano A. – Consigliere –
Dott. MIGLIUCCI Emilio – Consigliere –
Dott. CORRENTI Vincenzo – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
sentenza
sul ricorso 883-2005 proposto da:
O.M.G. *****, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA L. GHERZI 8, presso lo studio dell’avvocato NAPOLI FRANCESCO, rappresentato e difeso dall’avvocato INFANTINO BENITO;
– ricorrente –
contro
R.M.C. (DECEDUTA) *****, G.
B. *****, GA.AN. *****, G.R. *****, G.M.C.
*****, G.A. *****, elettivamente domiciliati in ROMA, VIA PO 25/B, presso lo studio dell’avvocato CARRACINO ORESTE, rappresentati e difesi dall’avvocato MASSEO ELEONORA;
– controricorrenti –
e contro
G.M.;
– intimato –
avverso la sentenza n. 184/2003 della CORTE D’APPELLO di REGGIO CALABRIA, depositata il 23/10/2003;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 16/12/2009 dal Consigliere Dott. ENNIO MALZONE;
udito l’Avvocato IMPARATO Darlo, con delega depositata in udienza dell’Avvocato MASSEO Eleonora, difensore dei (resistenti che ha chiesto il rigetto del ricorso;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. MARINELLI VINCENZO, che ha concluso per il rigetto del ricorso.
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Con citazione 23-4-83 R.C. e R.M.C., lamentando che O.M.G. aveva demolito un fabbricato di loro proprietà in *****, fol. *****, part. *****, di mq 94, costituito da una vecchia cantina con Corte,estendendo su tale superficie un proprio fabbricato, ancora in via di costruzione, convenivano in giudizio costui, davanti al Tribunale di Palmi chiedendone la condanna al ripristino dello stato dei luoghi e, in via subordinataci pagamento del doppio del valore della superficie occupata, nonchè al valore dell’immobile demolito e, in ogni caso, al risarcimento dei danni.
Il convenuto, costituitosi, eccepiva che le attrici non erano più proprietarie dell’immobile, avendo ceduto con atti per notaio Memola del 31.1.68 e 11.12.68 l’intera superficie dei fondi di loro proprietà, ivi compresa quella oggetto di lite, aggiungendo che il materiale possesso della cantina gli era stato trasmesso con la consegna delle chiavi;ammetteva che in epoca successiva, era venuto a conoscenza che l’immobile costituito dalla cantina era individuato separatamente in Catasto e concludeva per il rigetto della domanda, spiegando domanda riconvenzionale di condanna delle attrici a risarcimento danno e di accertamento del suo diritto di proprietà del immobile rivendicato dalle attrici. Espletata c.t.u., l’adito Tribunale con sentenza n.80/93, rigettata la richiesta di prova avanzata dal convenuto, accoglieva la domanda principale e condannava l’ O. alla demolizione della parte del fabbricato che insisteva sul terreno delle attrici, nonchè al risarcimento del danno per la demolizione della cantina, stimato in L. 3.000.000, ponendo a carico dello stesso il pagamento delle spese di lite.
La Corte di Appello di Reggio Calabria, rinnovata la c.t.u. ed espletato l’interrogatorio formale delle due attrici, con sentenza n. 184/03, depositata il 23.10.03, rigettava l’appello principale proposto dall’ O., che condannava alle ulteriori spese del grado,nonchè l’appello incidentale avanzato dalle sorelle R. M.C. e C. e proseguito dagli eredi di quest’ultima, nel frattempo deceduta, essi G.M., B., A., R., M.C. ed A., confermando la sentenza impugnata e ponendo a carico dell’appellante principale le ulteriori spese del grado.
Per la Cassazione della decisione ricorre il N. esponendo tre motivi, cui resistono con controricorso G.B., quale erede di R.M.C. deceduta in data *****, nonchè i restanti intimati.
MOTIVI DELLA DECISIONE
Con il primo motivo di ricorso si censura la sentenza impugnata per violazione e falsa applicazione dell’art. 1362 c.c. e difetto di motivazione in punto di interpretazione della comune volontà e specificamente nella valutazione del loro comportamento complessivo anche posteriore alla conclusione dei due contratti: Si sostiene che la Corte di merito non avrebbe tenuto conto,pur avendolo il ricorrente rilevato sin dalla prima difesa,che le attrici con i due menzionati atti si erano spogliate della proprietà del fondo M., cedendone l’intera superficie, senza eccezione alcuna, ivi compresa la cantina e la relativa Corte, e che tale tesi era risultata confortata da una serie di circostanze di fatto, quali la mancata indicazione nell’atto per notaio Menonna dell’11.12.1968 della particella ***** o della cantina ivi esistente; l’assenza dei relativi dati catastarla consegna delle chiavi della stessa cantina ad opera delle stesse attrici; l’inerzia protrattasi per oltre cinque anni; elementi tutti contrastanti con la loro volontà di destinare l’area interessata dalla cantina a suolo su cui edificare la loro casa di abitazione.
Con il secondo motivo di ricorso si censura la sentenza impugnata per omessa pronuncia in ordine sull’eccezione ex art. 936 c.c., avanzata dal ricorrente con l’atto di appello, di decadenza delle attrici dal diritto di chiedere la rimozione della costruzione o di parte di essa, per essere decorso il termine di sei mesi dalla incorporazione.
Con il terzo motivo di ricorso si censura la sentenza impugnata per difetto di motivazione in ordine al rigetto dell’eccezione sollevata dal ricorrente a sensi dell’art. 938 c..c., subordinatamente al rigetto dell’eccezione ex art. 936 c.c..
Il primo motivo è infondato, avendo la Corte di merito, a conferma della decisione di primo grado, fornito idonea motivazione al riguardo, precisando i punti di riferimento che escludono che il fabbricato destinato a cantine e il terreno facenti parte della part. ***** siano stati oggetto di compravendita nei due rogiti notarile in discussione, per ciò stesso,il diritto dei reclamanti ad ottenere il rilascio dello stesso immobile.
Tuttavia la Corte di merito ammette come probabile che l’attore possa essere stato tratto in errore circa l’inclusione dello stesso immobile nei due menzionati contratti di compravendita, evidenziando la superficialità e l’imprecisione degli atti notarili, ma al tempo stesso facendo riferimento solo alla mancata enunciazione di tale particella nei medesimi rogiti notarili. Viceversa, il ricorrente eccepisce l’inammissibilità della domanda di rimessione in pristino a sensi dell’art. 936 c.c., u.c., e lamenta la mancata ammissione della prova testimoniale circa l’avvenuta consegna delle chiavi della cantina e la pacifica esecuzione dei lavori di costruzione del fabbricato, senza cioè che vi sia stata alcune contestazione al riguardo da parte degli aventi diritto.
Orbene, sussiste il vizio di omessa pronuncia sull’eccezione di decadenza degli intimati dal diritto di chiedere la rimozione del fabbricato o di parte di esso ex art. 936 c.c., u.p., essendo la stessa eccezione sfuggita all’esame della Corte di merito:
La prova per testi, se diretta a dimostrare la buona fede del costruttore nella edificazione dell’area di pertinenza della cantina,era ammissibile ai fini dell’esame della domanda subordinata avanzata dalle stesse attrici circa la condanna del costruttore al pagamento del doppio del valore della superficie occupata, nonchè del valore dell’immobile demolito e, in ogni caso, al risarcimento del danno. Ne consegue che, rigettato del primo motivo di ricorso, vanno accolti, per le ragioni espresse in motivazione,il secondo e il terzo motivo di ricorso,con la conseguenza che l’impugnata sentenza va cassata in relazione con rinvio, anche per le spese del presente giudizio,alla Corte di Appello di Reggio Calabria diversa sezione.
P.Q.M.
Accoglie il secondo e terzo motivo di ricorso; rigetta il primo;
cassa in relazione e rinvia, anche per le spese del giudizio di Cassazione, alla Corte di Appello di Reggio Calabria, diversa sezione.
Così deciso in Roma, il 16 dicembre 2009.
Depositato in Cancelleria il 26 gennaio 2010