Corte di Cassazione, sez. Lavoro, Sentenza n.1568 del 26/01/2010

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LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SCIARELLI Guglielmo – Presidente –

Dott. MONACI Stefano – Consigliere –

Dott. ZAPPIA Pietro – Consigliere –

Dott. CURZIO PIETRO – rel. Consigliere –

Dott. MELIADO’ Giuseppe – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso 22804/2006 proposto da:

RAI – RADIO TELEVISIONE ITALIANA S.P.A., in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA L.G. FARAVELLI 22, presso lo studio degli avvocati DE LUCA TAMAJO RAFFAELE e BOURSIER NIUTTA CARLO che la rappresentano e difendono unitamente all’avvocato RUBENS ESPOSITO, giusta mandato a margine del ricorso;

– ricorrenti –

contro

D.G.S.;

– intimata –

avverso la sentenza n. 4219/2005 della CORTE D’APPELLO di NAPOLI, depositata il 06/08/2005 R.G.N. 2733/04;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 13/10/2009 dal Consigliere Dott. PIETRO CURZIO;

udito l’Avvocato PATERNO’ FEDERICA per delega BOURSIER NIUTTA CARLO;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. ABBRITTI Pietro, che ha concluso per il rigetto del ricorso.

FATTO E DIRITTO

D.G.S. convenne in giudizio dinanzi al giudice del lavoro di Napoli la RAI, esponendo di aver lavorato alle sue dipendenze, con dieci contratti a termine succedutisi dal 23 dicembre 1997 al 30 maggio 2002, inquadrata come addetta ai costumi di 2^ livello, per una serie di programmi televisivi.

Il Tribunale di Napoli accolse la sua domanda dichiarando la illegittimità dei contratti a termine con conversione in un unico rapporto di lavoro a tempo indeterminato dalla data di inizio del primo contratto e condanna della RAI al pagamento delle retribuzioni maturate dal 21 maggio 2002, con detrazione delle somme corrisposte a titolo di indennità per lavoro temporaneo.

La Corte d’Appello di Napoli, a seguito del ricorso della RAI, ha confermato la decisione di primo grado con la sentenza pubblicata il 6 agosto 2005.

La RAI ricorre per cassazione contro tale sentenza per due motivi.

L’intimata non ha svolto attività difensiva.

Con il primo motivo la RAI denunzia la violazione o falsa applicazione delle norme che disciplinano l’estinzione del rapporto contrattuale per mutuo consenso, nonchè, sempre sul medesimo punto, per omissione, insufficienza e contraddittorietà della motivazione.

In particolare la Corte non avrebbe considerato che tra la cessazione del primo contratto e la stipula del successivo è intercorso un intervallo temporale di ben otto mesi, che in tale periodo la D. G. non ha svolto attività lavorativa per la RAI nè si è tenuta a sua disposizione, che il primo rapporto si è risolto anticipatamente, per cessazione del programma “Furore”, che in tale occasione la D.G. ha percepito senza riserva anche il TFR, che successivamente le parti hanno stipulato altri contratti a termine ai sensi della disciplina collettiva stipulata in applicazione della L. n. 56 del 1987, art. 23.

Tali elementi, secondo la RAI, non sono stati considerati dalla sentenza, che ha deciso e motivato in modo difforme dai principi fissati in materia dalla Corte di cassazione.

Con il secondo motivo si censura la decisione per violazione della L. n. 230 del 1962, art. 1, comma 2, lett. e) e L. n. 230 del 1962, art. 3, nonchè omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione sul punto.

Si addebita alla Corte di aver male interpretato tali norme che consentono il contratto a termine nel settore dello spettacolo.

Entrambi i motivi di ricorso sono infondati.

Quanto al mutuo consenso, la Corte di Napoli ha motivato in modo articolato sul punto, considerando gli argomenti critici addotti dalla RAI. Ha ritenuto che il tempo trascorso in sè non è sufficiente a determinare questa specifica forma di scioglimento del contratto e che otto mesi sono comunque un tempo irrilevante a tal fine. Ha poi valutato e discusso gli altri elementi indicati dalla RAI spiegando perchè non sono idonei, anche valutati nel loro complesso, a considerare consapevolmente raggiunto il consenso ad estinguere il rapporto.

In assenza di violazioni delle disposizioni di legge ed in presenza di una motivazione articolata, ragionata e coerente, la Corte di legittimità non può riformulare il giudizio di merito (da ultimo, Sez. Lav., sentenza n. 26935 del 10/11/2008: “Nel giudizio instaurato ai fini del riconoscimento della sussistenza di un unico rapporto di lavoro a tempo indeterminato, sul presupposto dell’illegittima apposizione al contratto di un termine finale ormai scaduto, affinchè possa configurarsi una risoluzione del rapporto per mutuo consenso, è necessario che sia accertata – sulla base del lasso di tempo trascorso dopo la conclusione dell’ultimo contratto a termine, nonchè del comportamento tenuto dalla parti e di eventuali circostanze significative – una chiara e certa comune volontà delle parti medesime di porre definitivamente fine ad ogni rapporto lavorativo; la valutazione del significato e della portata del complesso di tali elementi di fatto compete al giudice di merito, le cui conclusioni non sono censurabili in sede di legittimità se non sussistono vizi logici o errori di diritto”). Quanto al secondo motivo, deve rilevarsi che la Corte ha dichiarato nullo il termine del primo contratto, per il quale si pone il problema della interpretazione della L. n. 230 del 1962, art. 1, comma 1, lett. e).

La Corte di merito ha applicato in modo puntuale i principi fissati dalla Corte di cassazione sul punto (cfr. sentenza n. 1291 del 24/01/2006, sentenza n. 8385 del 11/04/2006 e, tra le ultime, sentenza n. 16690 del 19/06/2008). Ogni questione relativa alla legittimità dei contratti a termine successivi rimane assorbita.

Il ricorso pertanto deve essere respinto. Nulla sulle spese, poichè l’intimato non ha svolto attività difensiva.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso. Nulla sulle spese.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 13 ottobre 2009.

Depositato in Cancelleria il 26 gennaio 2010

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