LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE LAVORO
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. COLETTI DE CESARE Gabriella – Presidente –
Dott. LA TERZA Maura – rel. Consigliere –
Dott. AMOROSO Giovanni – Consigliere –
Dott. NAPOLETANO Giuseppe – Consigliere –
Dott. MORCAVALLO Ulpiano – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
sentenza
sul ricorso 1773/2005 proposto da:
M.L., elettivamente domiciliata, in ROMA, VIA CARLO POMA 2, presso lo studio dell’avvocato ASSENNATO GIUSEPPE SANTE, che la rappresenta e difende, giusta mandato a margine del ricorso;
– ricorrente –
contro
I.N.P.S. – ISTITUTO NAZIONALE DELLA PREVIDENZA SOCIALE, in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA DELLA FREZZA 17, presso l’Avvocatura Centrale dell’Istituto, rappresentato e difeso dagli avvocati RICCIO ALESSANDRO, NICOLA VALENTE, PREDEN SERGIO, giusta mandato in calce al controricorso;
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 558/2004 della CORTE D’APPELLO di VENEZIA, depositata il 03/11/2004 R.G.N. 341/03;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 03/12/2009 dal Consigliere Dott. MAURA LA TERZA;
udito l’Avvocato SANTE ASSENNATO;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. FUCCI Costantino, che ha concluso per l’accoglimento del ricorso.
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Con la sentenza in epigrafe indicata del 3 novembre 2004 la Corte d’appello di Venezia confermava la sentenza di primo grado con cui era stata dichiarata inammissibile l’azione giudiziaria proposta da M.L. nei confronti dell’Inps per intervenuta decadenza ai sensi della L. n. 438 del 1992, art. 4. La M. aveva chiesto differenze sulla pensione di vecchiaia in godimento sostenendo che i contributi svizzeri già versati avevano prodotto effetti, ai fini della ricongiunzione, fin dal primo febbraio 1990, data di decorrenza della pensione, e non già dalla richiesta di trasferimento e dalla successiva dichiarazione dell’esistenza del suo diritto alla riliquidazione. Poichè la domanda giudiziale era stata proposta il 17 maggio 2002, la Corte affermava che il termine di tre anni e trecento giorni di cui alla citata L. n. 438 del 1992 si era maturato, sia facendolo decorrere dal 10 settembre 1997, data della domanda di trasferimento dei contributi, sia facendolo decorrere dal 25 maggio 1998, data della domanda di ricostituzione della pensione, dovendosi avere riguardo alla data di scadenza dei termini prescritti per l’esaurimento del procedimento la amministrativo computati a decorrere dalla data di presentazione della richiesta di prestazione, mentre il termine di decadenza dall’azione giudiziaria non si poteva far decorrere dal tardivo provvedimento di reiezione emanato dall’Inps il 20 giugno 2000.
Avverso detta sentenza la soccombente propone ricorso con un motivo illustrato da memoria. L’Inps resiste con controricorso.
MOTIVI DELLA DECISIONE
Denunciando violazione del D.P.R. n. 639 del 1970, art. 47 e del D.L. n. 384 del 1992, art. 4 comma 1, convertito in L. n. 438 del 1992, sostiene la ricorrente che il termine di decadenza, quando sia intervenuta la decisione sia pure tardiva, sul ricorso amministrativo, decorre dalla data di conoscenza del provvedimento e non già, come ritenuto dalla sentenza impugnata, dalla scadenza dei termini prescritti per l’esaurimento del procedimento amministrativo, a decorrere dalla data di presentazione della richiesta di prestazione. Il ricorso va accolto.
Infatti le sezioni unite di questa Corte, con la sentenza n. 12720 del 29 maggio 2009 componendo un contrasto di giurisprudenza, hanno affermato che “La decadenza di cui al D.P.R. 30 aprile 1970, n. 639, art. 47 – come interpretato dal D.L. 29 marzo 1991, n. 103, art. 6, convertito, con modificazioni, nella L. 1 giugno 1991, n. 166 – non può trovare applicazione in tutti quei casi in cui la domanda giudiziale sia rivolta ad ottenere non già il riconoscimento del diritto alla prestazione previdenziale in sè considerata, ma solo l’adeguamento di detta prestazione già riconosciuta in un importo inferiore a quello dovuto, come avviene nei casi in cui l’Istituto previdenziale sia incorso in errori di calcolo o in errate interpretazioni della normativa legale o ne abbia disconosciuto una componente, nei quali casi la pretesa non soggiace ad altro limite che non sia quello della ordinaria prescrizione decennale”.
Poichè si tratta nella specie di adeguamento della prestazione di cui la ricorrente è titolare, la decadenza non opera.
La sentenza va quindi cassata con rinvio ad altro Giudice, che si designa nella Corte d’appello di Triste, la quale si conformerà al principio sopra illustrato e provvedere anche per le spese del presente processo.
P.Q.M.
La Corte accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e rinvia, anche per le spese, alla Corte d’appello di Trieste.
Così deciso in Roma, il 3 dicembre 2009.
Depositato in Cancelleria il 26 gennaio 2010