Corte di Cassazione, sez. Lavoro, Sentenza n.1589 del 26/01/2010

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LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DE LUCA Michele – Presidente –

Dott. IANNIELLO Antonio – Consigliere –

Dott. BANDINI Gianfranco – Consigliere –

Dott. DI CERBO Vincenzo – rel. Consigliere –

Dott. NOBILE Vittorio – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso proposto da:

POSTE ITALIANE S.P.A., in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIALE MAZZINI 134, presso lo studio dell’avvocato FIORILLO LUIGI, che la rappresenta e difende unitamente all’avvocato GRANOZZI GAETANO, giusta mandato a margine del ricorso;

– ricorrente –

contro

F.D.;

– intimato –

e sul ricorso n. 12531/2006 proposto da:

F.D., elettivamente domiciliato in ROMA, PIAZZA DON MINZONI 9, presso lo studio dell’avvocato AFELTRA ROBERTO, che lo rappresenta e difende unitamente agli avvocati ZEZZA LUIGI, DI LUCIANO ENRICO, giusta mandato a margine del controricorso e ricorso incidentale;

– controricorrente e ricorrente incidentale –

contro

POSTE ITALIANE S.P.A., in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIALE MAZZINI 134, presso lo studio dell’avvocato FIORILLO LUIGI, che la rappresenta e difende unitamente all’avvocato GRANOZZI GAETANO, giusta mandato a margine del ricorso;

– controricorrente al ricorso incidentale –

avverso la sentenza n. 141/2005 della CORTE D’APPELLO di CATANIA, depositata il 03/03/2005 r.g.n. 392/03;

udita la relazione della causa svolta nella Udienza pubblica del 10/12/2009 dal Consigliere Dott. DI CERBO Vincenzo;

udito l’Avvocato FIORILLO LUIGI;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. FEDELI Massimo, che ha concluso per il rigetto del primo motivo, accoglimento del secondo e terzo motivo, assorbito il quarto motivo e il ricorso incidentale.

La Corte:

RILEVATO IN FATTO E DIRITTO che:

1. la Corte d’appello di Catania, in riforma della sentenza di prime cure, ha dichiarato illegittimo il termine apposto al contratto di lavoro stipulato da Poste Italiane s.p.a. con F.D. in data ***** ed ha pertanto dichiarato la sussistenza fra le parti di un lavoro a tempo determinato a decorrere dalla data suddetta; per la cassazione di tale sentenza Poste Italiane s.p.a. ha proposto ricorso; il lavoratore ha resistito con controricorso ed ha proposto ricorso incidentale; Poste Italiane s.p.a. ha resistito con controricorso al ricorso incidentale ed ha depositato memoria illustrativa;

2. preliminarmente deve disporsi la riunione dei ricorsi in quanto proposti avverso la stessa sentenza (art. 335 c.p.c.);

3. come si evince dalla sentenza impugnata F.D. e’ stato assunto con due contratti a termine, dei quali il primo, protrattosi dal 1 luglio 1998 al 31 luglio 1998, e’ stato stipulato a norma dell’art. 8 del c.c.n.l. 26 novembre 1994 nella parte in cui prevede, quale ipotesi legittimante la stipulazione di contratti a termine, la necessita’ di espletamento del servizio in concomitanza di assenze per ferie nel periodo giugno – settembre;

il secondo contratto (che non rileva nel presente giudizio), con decorrenza *****, e’ stato stipulato, sempre sulla base del citato art. 8, ed in particolare in base alla previsione dell’accordo integrativo del 25 settembre 1997, che prevede, quale ipotesi legittimante la stipulazione di contratti a termine, la presenza di esigenze eccezionali, conseguenti alla fase di ristrutturazione e rimodulazione degli assetti occupazionali in corso, in ragione della graduale introduzione di nuovi processi produttivi, di sperimentazione di nuovi servizi e in attesa dell’attuazione del progressivo e completo equilibrio sul territorio delle risorse umane;

4. quanto al contratto indicato sub 2., la Corte territoriale, premesso che anche nelle ipotesi di contratto a termine individuate dalla contrattazione collettiva ai sensi della L. n. 56 del 1987, art. 23 occorreva far riferimento alla disciplina generale di tale tipologia di contratti stabilita dalla L. n. 230 del 1962, osservava che non era stato specificamente indicato il nominativo del lavoratore sostituito, e che non era stata provata la correlazione tra l’esigenza posta a fondamento del contratto e quella dell’assunzione dello specifico lavoratore; sotto altro profilo rigettava la tesi, svolta dalla societa’ appellante, secondo cui il rapporto si sarebbe risolto per mutuo consenso; non esaminava il secondo contratto a termine in quanto assorbito;

5. col primo motivo la societa’ ricorrente principale denuncia violazione dell’art 1372 c.c., comma 1, degli artt. 1175, 1375, 2697 c.c. e dell’art. 100 c.p.c. nonche’ vizio di motivazione, in relazione alla statuizione della sentenza impugnata che ha rigettato l’eccezione di risoluzione del rapporto per mutuo consenso;

il motivo e’ infondato; secondo l’insegnamento di questa Suprema Corte (cfr., in particolare, Cass. 17 dicembre 2004 n. 23554) nel giudizio instaurato ai fini del riconoscimento della sussistenza di un unico rapporto di lavoro a tempo indeterminato (sul presupposto dell’illegittima apposizione al relativo contratto di un termine finale ormai scaduto) per la configurabilita’ di una risoluzione del rapporto per mutuo consenso e’ necessario che sia accertata – sulla base del lasso di tempo trascorso dopo la conclusione dell’ultimo contratto a termine, nonche’ alla stregua delle modalita’ di tale conclusione, del comportamento tenuto dalla parti e di eventuali circostanze significative – una chiara e certa comune volonta’ delle parti medesime di porre definitivamente fine ad ogni rapporto lavorativo; la valutazione del significato e della portata del complesso di tali elementi di fatto compete al giudice di merito, le cui conclusioni non sono censurabili in sede di legittimita’ se non sussistono vizi logici o errori di diritto; nel caso in esame la Corte di merito ha ritenuto che la mera inerzia del lavoratore dopo la scadenza del contratto non fosse sufficiente, stante la sua durata limitata, a far ritenere la sussistenza dei presupposti della risoluzione del rapporto per mutuo consenso e tale conclusione in quanto priva di vizi logici o errori di diritto resiste alle censure mosse in ricorso;

6. col secondo e il terzo motivo del ricorso principale Poste Italiane s.p.a. denuncia violazione della L. n. 230 del 1962, art. 1, della L. n. 56 del 1987, art. 23, dell’art. 1362 c.c. e segg., degli artt. 115, 116, 416, 420 e 421 c.p.c. oltre che vizio della motivazione con riferimento alla statuizione di illegittimita’ del termine apposto al primo dei contratti stipulati fra le parti; in particolare contesta la riconducibilita’ della fattispecie in esame alle ipotesi disciplinate dalla L. n. 230 del 1962;

le censure sono fondate;

questa Corte Suprema (cfr., ex plurimis, Cass. 2 marzo 2007 n. 4933), decidendo su una fattispecie sostanzialmente simile a quella in esame (contratto a termine stipulato ex art. 8 c.c.n.l. 26.11.1994, in relazione alla necessita’ di espletamento del servizio in concomitanza di assenze per ferie nel periodo giugno – settembre) ha cassato la sentenza di merito che aveva affermato la sussistenza dell’obbligo di provare il collegamento tra l’esigenza posta a fondamento del contratto e quella dell’assunzione del singolo lavoratore (nel caso di specie la sentenza impugnata aveva ritenuto la sussistenza di un onere per il datore di lavoro di indicare nel contratto a termine il nome del lavoratore sostituito) avendo ritenuto la sussistenza di una violazione di norme di diritto e di un vizio di interpretazione della normativa collettiva;

la violazione di norme di diritto e’ stata individuata nella statuizione con la quale la sentenza di merito ha negato che l’ipotesi di contratto a termine introdotta dalla contrattazione collettiva fosse del tutto autonoma rispetto alla previsione legale del termine apposto per sostituire dipendenti assenti per ferie; tale statuizione del giudice di merito si pone in contrasto col principio di diritto enunciato dalle Sezioni Unite di questa Suprema Corte (Cass. S.U. 2 marzo 2006 n. 4588) secondo cui la configurabilita’ della delega in bianco ai sensi della L. 28 febbraio 1987, n. 56, art. 23 cit. consente ai sindacati la possibilita’ di individuare figure di contratto a termine non omologhe a quelle previste per legge;

per quanto concerne il vizio di interpretazione della normativa collettiva e’ stato osservato che la statuizione del giudice del merito, nell’escludere che l’autorizzazione conferita dal contratto collettivo potesse contemplare, quale unico presupposto per la sua operativita’, l’assunzione nel periodo in cui, di norma, i dipendenti fruiscono delle ferie, ha dimostrato una carenza di indagine sull’intenzione espressa dagli stipulanti; ed infatti il quadro legislativo di riferimento avrebbe imposto l’esame del significato delle espressioni usate dalle parti stipulanti, ed in particolare un’indagine sulle ragioni dell’uso di una formula diversa da quella della legge, priva di riferimenti alla sostituzione di dipendenti assenti, sostituiti dalla precisazione del periodo per il quale l’autorizzazione e’ concessa (pur potendo le ferie essere fruite in periodi diversi), onde verificare se la necessita’ di espletamento del servizio facesse riferimento a circostanze oggettive, o esprimesse solo le ragioni che avevano indotto a prevedere questa ipotesi di assunzione a termine, nell’intento di considerarla sempre sussistente nel periodo stabilito, in correlazione dell’uso dell’espressione in concomitanza;

inoltre altre decisioni di questa Suprema Corte (cfr. ad esempio Cass. 6 dicembre 2005 n. 26678) hanno confermato la decisione di merito che, decidendo sulla stessa fattispecie, aveva ritenuto l’ipotesi di contratto a termine introdotta dalla contrattazione collettiva del tutto autonoma rispetto alla previsione legale del termine apposto per sostituire dipendenti assenti per ferie e interpretato l’autorizzazione conferita dal contratto collettivo nel senso che l’unico presupposto per la sua operativita’ fosse costituita dall’assunzione nel periodo in cui, di norma, i dipendenti fruiscono delle ferie;

7. in relazione all’accoglimento del secondo e del terzo motivo del ricorso principale, devono ritenersi assorbiti sia il quarto motivo del ricorso stesso sia l’unico motivo del ricorso incidentale, entrambi concernenti la statuizione della sentenza impugnata relativa alle conseguenze economiche derivanti dalla declaratoria dell’illegittimita’ del termine;

8. la sentenza deve in definitiva cassata in relazione ai motivi accolti con rinvio della causa ad altro giudice, designato in dispositivo, il quale provvedera’ anche, ex art. 385 c.p.c., sulle spese del giudizio di legittimita’.

PQM

LA CORTE Riunisce i ricorsi; rigetta il primo motivo del ricorso principale;

accoglie il secondo ed il terzo motivo, assorbiti il quarto e l’unico motivo del ricorso incidentale; cassa la sentenza impugnata in relazione ai motivi accolti e rinvia, anche per le spese, alla Corte d’appello di Palermo.

Cosi’ deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 10 dicembre 2009.

Depositato in Cancelleria il 26 gennaio 2010

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