LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE LAVORO
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. DE LUCA Michele – Presidente –
Dott. IANNIELLO Antonio – Consigliere –
Dott. BANDINI Gianfranco – Consigliere –
Dott. DI CERBO Vincenzo – Consigliere –
Dott. NOBILE Vittorio – rel. Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
sentenza
sul ricorso proposto da:
S.L., elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DEGLI SCIPIONI 110, presso lo studio dell’avvocato TRAVARELLI ETTORE, che la rappresenta e difende, giusta mandato a margine del ricorso;
– ricorrente –
contro
POSTE ITALIANE S.P.A., in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIALE MAZZINI 134, presso lo studio dell’avvocato FIORILLO LUIGI, che la rappresenta e difende, giusta mandato a margine del controricorso;
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 3388/2005 della CORTE D’APPELLO di ROMA, depositata il 14/06/2005 R.G.N. 1787/03;
udita la relazione della causa svolta nella Udienza pubblica del 10/12/2009 dal Consigliere Dott. NOBILE Vittorio;
udito l’Avvocato FIORILLO LUIGI;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. FEDELI Massimo, che ha concluso per l’accoglimento del ricorso.
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Con sentenza in data 4/11/2002 il Giudice del lavoro del Tribunale di Roma rigettava la domanda, proposta da S.L. nei confronti della s.p.a. Poste Italiane, diretta ad ottenere la declaratoria di nullita’ del termine apposto al contratto di lavoro stipulato tra le parti dal 2/10/2000 al 30/1/2001, per “esigenze eccezionali” ex art. 8 ccnl 1994 come integrato dall’acc. 25/9/97, con le pronunce consequenziali.
La S. proponeva appello avverso la detta sentenza, chiedendone la riforma con l’accoglimento della domanda.
La societa’ Poste italiane si costituiva e resisteva al gravame.
La Corte d’Appello di Roma, con sentenza depositata il 14/6/2005, respingeva l’appello e compensava le spese.
Per la cassazione di tale sentenza la S. ha proposto ricorso con tre motivi.
La s.p.a. Poste italiane ha resistito con controricorso.
MOTIVI DELLA DECISIONE
Con il primo motivo la lavoratrice ricorrente in sostanza lamenta che erroneamente la Corte territoriale “afferma che l’accordo del 25/9/1997 non prevederebbe alcun termine di efficacia, sicche’, gli stipulanti, avendo individuato i processi di ristrutturazione e di rimodulazione degli assetti occupazionali come presupposto legittimante il ricorso ai contratti a tempo determinato, avrebbero inteso legare al completamento dei processi di ristrutturazione il termine, incerto al momento della stipula di efficacia dell’accordo stesso.
Con il secondo motivo la ricorrente, in sintesi, censura la affermazione della natura meramente ricognitiva degli accordi attuativi dell’accordo 25/9/97 e sostiene la illegittimita’ dei contratti a termine stipulati dopo il termine ultimo del 30/4/98 fissato dalle parti in sede collettiva.
Con il terzo motivo la ricorrente contesta la affermazione della Corte territoriale secondo cui il perdurare delle esigenze di riorganizzazione sarebbe rientrato “quasi nel notorio”.
I motivi, in quanto connessi, possono essere trattati congiuntamente.
Osserva il Collegio che in base all’indirizzo ormai consolidato in materia dettato da questa Corte (con riferimento al sistema vigente anteriormente al ccnl del 2001 ed al D.Lgs. n. 368 del 2001), la circostanza che il contratto de quo e’ stato stipulato, per “esigenze eccezionali” ex art. 8 ccnl 1994 come integrato dall’accordo del 25/9/97 e successivi, in data successiva al 30/4/1998 e’ sufficiente a far ritenere la nullita’ del termine apposto al contratto stesso.
Al riguardo, sulla scia di Cass. S.U. 2/3/2006 n. 4588, e’ stato precisato che “l’attribuzione alla contrattazione collettiva, L. n. 56 del 1987, ex art. 23 del potere di definire nuovi casi di assunzione a termine rispetto a quelli previsti dalla L. n. 230 del 1962, discende dall’intento del legislatore di considerare l’esame congiunto delle parti sociali sulle necessita’ del mercato del lavoro idonea garanzia per i lavoratori ed efficace salvaguardia per i loro diritti (con l’unico limite della predeterminazione della percentuale di lavoratori da assumere a termine rispetto a quelli impiegati a tempo indeterminato) e prescinde, pertanto, dalla necessita’ di individuare ipotesi specifiche di collegamento fra contratti ed esigenze aziendali o di riferirsi a condizioni oggettive di lavoro o soggettive dei lavoratori ovvero di fissare contrattualmente limiti temporali all’autorizzazione data al datore di lavoro di procedere ad assunzioni a tempo determinato” (v. Cass. 4/8/2008 n. 21063, v. anche Cass. 20/4/2006 n. 9245, Cass. 7/3/2005 n. 4862, Cass. 26/7/2004 n. 14011). “Ne risulta, quindi, una sorta di “delega in bianco” a favore dei contratti collettivi e dei sindacati che ne sono destinatari, non essendo questi vincolati alla individuazione di ipotesi comunque omologhe a quelle previste dalla legge, ma dovendo operare sul medesimo piano della disciplina generale in materia ed inserendosi nel sistema da questa delineato”. (v., fra le altre, Cass. 4/8/2008 n. 21062, Cass. 23/8/2006 n. 18378).
In tale quadro, ove pero’ un limite temporale sia stato previsto dalle parti collettive (anche con accordi integrativi del contratto collettivo) la sua inosservanza determina la nullita’ della clausola di apposizione del termine (v. fra le altre Cass. 23/8/2006 n. 18383, Cass. 14/4/2005 n. 7745, Cass. 14/2/2004 n. 2866).
In particolare, nella specie, come questa Corte ha ripetutamente affermato e come va anche qui enunciato, “in materia di assunzioni a termine di dipendenti postali, con l’accordo sindacale del 25 settembre 1997, integrativo dell’art. 8 del c.c.n.l. 26 novembre 1994, e con il successivo accordo attuativo, sottoscritto in data *****, le parti hanno convenuto di riconoscere la sussistenza della situazione straordinaria, relativa alla trasformazione giuridica dell’ente ed alla conseguente ristrutturazione aziendale e rimodulazione degli assetti occupazionali in corso di attuazione, fino alla data del 30 aprile 1998; ne consegue che deve escludersi la legittimita’ delle assunzioni a termine cadute dopo il 30 aprile 1998, per carenza del presupposto normativo derogatorio, con la ulteriore conseguenza della trasformazione degli stessi contratti a tempo indeterminato, in forza della L. 18 aprile 1962, n. 230, art. 1” (v., fra le altre, Cass. 1/10/2007 n. 20608, Cass. 27/3/2008 n. 7979, Cass. 18378/2006 cit).
Tale interpretazione degli accordi attuativi (ed in specie dell’ultimo citato) e’ fondata sul significato letterale delle espressioni usate che e’ cosi’ evidente e univoco (“in conseguenza di cio’ e per far fronte alle predette esigenze si potra’ procedere ad assunzioni di personale straordinario con contratto a tempo determinato fino al 30/4/98”) che non necessita di un piu’ diffuso ragionamento al fine della ricostruzione della volonta’ delle parti (cfr., ex plurimis, Cass. n. 28 agosto 2003 n. 12245, Cass. 25 agosto 2003 n. 12453), mentre, diversamente opinando – ritenendo cioe’ che le parti non avessero inteso introdurre limiti temporali alla deroga – si dovrebbe concludere che gli accordi attuativi, cosi’ definiti dalle parti sindacali, fossero in sostanza “senza senso” (cosi’ testualmente Cass. n. 14 febbraio 2004 n. 2866).
Peraltro al riguardo irrilevante e’ l’accordo del 18 gennaio 2001, invocato dalla societa’, in quanto stipulato dopo oltre due anni dalla scadenza dell’ultima proroga; ed infatti, ammesso che le parti stipulanti abbiano espresso l’intento di interpretare autenticamente gli accordi precedenti, con effetti di sanatoria delle assunzioni a termine effettuate senza la copertura dell’accordo 25 settembre 1997 (scaduto in forza degli accordi attuativi), considerata la indisponibilita’ dei diritti dei lavoratori gia’ perfezionatisi, deve comunque escludersi che le parti stesse avessero il potere, anche mediante lo strumento dell’interpretazione autentica (previsto solo per lo speciale settore del lavoro pubblico, secondo la disciplina nel D.Lgs. n. 165 del 2001), di autorizzare retroattivamente la stipulazione di contratti a termine non piu’ legittimi per effetto della durata in precedenza stabilita (vedi, per tutte, Cass. 12 marzo 2004 n. 5141).
Tanto basta per accogliere il ricorso e per cassare la impugnata sentenza con rinvio alla Corte di Appello di Roma in diversa composizione, la quale provvedera’ attenendosi ai principi sopra richiamati, statuendo anche sulle spese.
P.Q.M.
LA CORTE Accoglie il ricorso, cassa la impugnata sentenza e rinvia, anche per le spese, alla Corte di Appello di Roma in diversa composizione.
Così deciso in Roma, il 10 dicembre 2009.
Depositato in Cancelleria il 26 gennaio 2010