LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TERZA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. VARRONE Michele – Presidente –
Dott. FILADORO Camillo – Consigliere –
Dott. MASSERA Maurizio – Consigliere –
Dott. URBAN Giancarlo – rel. Consigliere –
Dott. VIVALDI Roberta – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
sentenza
sul ricorso proposto da:
M.A. in P., elettivamente domiciliata in Roma. Via Claudio Monteverdi n. 15 presso lo studio dell’avv. Agati Francesco, che la rappresenta e difende unitamente all’avv. Sandro Troja giusta delega in atti;
– ricorrente –
contro
S.C., domiciliato in Messina, Via Cesare Battisti n. 175 (studio avv. Marcello Galimi);
– intimato –
e contro
CARIGE ASSICURAZIONI s.p.a. (già Levante Norditalia s.p.a.), in persona del legale rappresentante, elettivamente domiciliato in Roma, Via Panama n, 88, presso lo studio dell’avv. Spadafora Giorgio, che lo rappresenta e difende in virtù di delega in atti;
– controricorrente –
e contro
C.N., C.A., C.G., domiciliati in Roma, presso la Cancelleria della Corte di Cassazione ai sensi dell’art. 366 c.p.c., comma 2, rappresentati e difesi dall’avv. Gianfilippo Brunetto giusta delega in atti;
– controricorrenti e ricorrenti incidentali –
e contro
CAB – Compagnie di Assicurazioni di Bologna s.p.a., in persona del legale rappresentante, domiciliato in Messina, Via Risorgimento n. 13 (studio avv. Martino Caminiti);
– intimata –
avverso la sentenza n. 950/04 della Corte d’Appello di Bari in data 17 settembre 2004, pubblicata il 29 ottobre 2004.
Udita la relazione del Consigliere dott. Giancarlo Urban;
udito l’avv. Francesco Agati;
udito l’avv. Martino Caminiti;
udito l’avv. Giorgio Spadafora;
udito il P.M. in persona del Cons. Dr. FINOCCHI GHERSI Renato che ha concluso per il rigetto del ricorso principale e per l’accoglimento del ricorso Coppolino.
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Con sentenza emessa in data 27 febbraio 2002 il Tribunale di Messina condannava S.C., a titolo di risarcimento dei danni morali e patrimoniali oltre alle spese processuali, in favore dei congiunti di C.A. deceduta in occasione del sinistro stradale verificatosi in data *****. Rigettava le domande proposte dagli attori nei confronti di M.A. e dette compagnie Norditalia e La Fiduciaria e dichiarava compensate nei loro confronti le spese del giudizio. Riteneva, infatti, che l’incidente si fosse verificato per esclusiva responsabilità dello S. dal momento che la M. era stata assolta per insufficienza di prove dal delitto di omicidio colposo, con sentenza della Corte di Appello di Messina passata in cosa giudicata.
Lo S. proponeva appello lamentando la erroneità della decisione assunta dal primo giudice sulla tematica della incidenza esercitata sul giudizio civile dal giudicato penate formatosi prima della entrata in vigore del nuovo codice di procedura penale.
Osservava, infatti, che il giudizio civile era stato instaurato nel 1989 e che, anche in applicazione della disciplina transitoria dettata dall’art. 260 disp. att. c.p.p., anche la M., che era stata assolta unicamente per il divieto della reformatio in peius, avrebbe dovuto essere condannata a risarcire i danni ai congiunti della vittima che era deceduta anche per effetto di una sua condotta illecita. Rilevava, quindi, che il primo giudice avrebbe dovuto aggiornare il massimale messo a disposizione dalla compagnia Norditalia, che assicurava i danni derivanti dalla circolazione della moto condotta da esso S. sulla quale viaggiava la C., anche in forza degli aggiornamenti disposti dal D.P.R. 9 febbraio 1980, L. 19 febbraio 1992, n. 142 e D.P.R. 19 aprile 1993 e che la liquidazione del danno morale operata dal primo giudice era eccessiva, così come erroneamente era stata attribuita agli eredi di C.R. la quota di danno morale allo stesso riconosciuta in considerazione del fatto che non era stato tenuto conto del fatto che si trattava di danno personale e che gli eredi erano a loro volta titolari di autonomo diritto. L’appellante rilevava infine la mala gestio della compagnia assicuratrice che aveva messo a disposizione il massimale solo in data 6 giugno 1995.
La compagnia Carige Assicurazioni s.p.a., già Norditalia, concordava con l’appellante sull’errato rigetto della domanda proposta nei confronti di M.A. ma contestava per il resto il gravame rilevando che nessuna mala gestio era riscontrabile nell’operato della società assicuratrice che aveva corrisposto anche gli interessi, pari a L. 20.000.000, sul massimale di L. 30.000.000 messo a disposizione dei danneggiati.
M.A. contestava il gravame proposto da S. C. anche in considerazione del fatto che la sua assoluzione era intervenuta sull’elemento causale del reato contestato. In via subordinata riproponeva la domanda di garanzia e mala gestio formulata nei confronti della compagnia La Fiduciaria che era stata rigettata dal primo giudice.
La società CAB, già La Fiduciaria, eccepiva la carenza di interesse del medesimo a chiedere la condanna della M. e della compagnia che assicurava i danni della vettura dalla stessa condotta;
chiedeva il rigetto di ogni domanda nei suoi confronti.
La Corte d’Appello di Messina, con sentenza del 18 marzo 2005, in parziale accoglimento dell’appello proposto dallo S., riconosceva il concorso di colpa della M. nella misura del 30% e quindi condannava la stessa e per essa la Cab Ass.ni al pagamento del 30% delle somme già liquidate ai congiunti di C.A..
Propone ricorso per cassazione M.A. con quattro motivi.
Resistono con controricorso Carige Assicurazioni s.p.a. e i congiunti della C., i quali hanno anche proposto ricorso incidentale con tre motivi.
La Carige Assicurazioni ha depositato memoria ai sensi dell’art. 378 c.p.c..
MOTIVI DELLA DECISIONE
I ricorsi debbono essere riuniti ai sensi dell’art. 335 c.p.c. in quanto riferiti alla stessa sentenza.
Con il secondo motivo (che per ragioni di ordine sistematico è opportuno esaminare in via prioritaria, unitamente al terzo motivo, al quale è connesso), la ricorrente M. denuncia la violazione e falsa applicazione degli artt. 343 e 346 c.p.c. nonchè l’omessa, contraddittoria e insufficiente motivazione su un punto decisivo della controversia, in quanto la Corte di Appello aveva ritenuto l’inammissibilità della domanda di mala gestio proposta dalla M. nei confronti della CAB Assicurazioni, non avendo la stessa formulato sul punto appello incidentale condizionato.
Con il terzo motivo denuncia la omessa, contraddittoria e insufficiente motivazione su un punto decisivo della controversia, in quanto la Corte d’Appello aveva comunque esaminato la richiesta relativa alla mala gestio della CAB finendo per escluderla stante il tenore della pronuncia penale e gli effetti ritenuti in primo grado dal giudice civile. In realtà la decisione del giudice penale aveva chiaramente indicato la concorrente responsabilità della M., pur senza addivenire ad una pronunzia di condanna per motivi processuali.
Indipendentemente dalla questione della necessità che la M. proponesse appello incidentale condizionato per sostenere la domanda di accertamento della “mala gestio” da parte della compagnia assicuratrice (in relazione a tale eccezione, si richiama il principio secondo il quale “La parte che, ottenuto in primo grado l’accoglimento del petitum – sia pure per una sola delle causae petendi prospettate, con espressa, negazione dell’altra causa e con conseguente rigetto della domanda connessa – ritenga di non avere interesse ad impugnare, ha tuttavia l’onere di proporre impugnazione incidentale con riguardo alla causa petendi disattesa, qualora il relativo interesse nasca dall’impugnazione principale di controparte”. (Cass. 21 aprile 2009 n. 9479) si rileva che la valutazione formulata dalla Corte territoriale, nel senso che non si fosse configurata una colpevole inerzia della compagnia assicuratrice nella liquidazione dei danni, appare sorretta da una congrua ed adeguata motivazione, posto che si da atto che la sentenza penale aveva escluso ogni ipotesi di responsabilità a carico della M. quale persona coinvolta nel sinistro. Si tratta di censura che si limita a proporre una lettura alternativa delle risultanze di causa senza individuare specifiche valutazioni erronee o incongrue applicazioni dei canoni della logica: la motivazione assunta nella sentenza impugnata supera quindi in modo limpido il vaglio di legittimità demandato a questa Corte: secondo l’insegnamento delle Sezioni Unite il giudice di legittimità non ha il potere di riesaminare il merito della intera vicenda processuale, bensì la sola facoltà di controllo, sotto il profilo della correttezza giuridica e della coerenza logico – formale, delle argomentazioni svolte dal giudice del merito, al quale spetta, in via esclusiva, il compito di individuare le fonti del proprio convincimento, di assumere e valutare le prove, di controllarne l’attendibilità e la concludenza, di scegliere, tra le complessive risultanze del processo, quelle ritenute maggiormente idonee a dimostrare la veridicità dei fatti ad esse sottesi, dando, così, liberamente prevalenza all’uno o all’altro dei mezzi di prova acquisiti (salvo i casi tassativamente previsti dalla legge). Ne consegue che il preteso vizio di motivazione, sotto il profilo della omissione, insufficienza, contraddittorietà della medesima, può legittimamente dirsi sussistente solo quando, nel ragionamento del giudice di merito, sia rinvenibile traccia evidente del mancato (o insufficiente) esame di punti decisivi della controversia, prospettato dalle parti o rilevabile di ufficio, ovvero quando esista insanabile contrasto tra le argomentazioni complessivamente adottate, tale da non consentire l’identificazione del procedimento logico – giuridico posto a base della decisione. (Cass. SS.UU., 27 dicembre 1997 n. 13045).
11 secondo e il terzo motivo meritano quindi il rigetto: resta di conseguenza assorbito il primo motivo del ricorso principale, con il quale la M. denuncia la violazione e falsa applicazione dell’art. 345 c.p.c., L. n. 990 del 1969, art. 18, artt. 1223 e 1224 c.c. nonchè l’omessa, contraddittoria e insufficiente motivazione su un punto decisivo della controversia, in quanto la Corte d’Appello aveva omesso di rilevare, quanto alla condanna della CAB nei limiti del massimale di polizza, senza interessi e rivalutazione, non avendo la assicurata M. impugnato la sentenza di primo grado con appello incidentale, che sul punto gli credi di C.A. avevano richiesto la condanna anche della M. e della CAB Ass.ni al risarcimento dei danni con interessi e rivalutazione;
quanto sopra in applicazione dei principi affermati dalla giurisprudenza della Corte di Cassazione (si veda Cass. 24 giugno 2004 n. 11730).
Il mancato accertamento della sussistenza della cosiddetta “mola gestio” da parte della compagnia assicuratale rende mutile ogni ulteriore questione in relazione alla domanda proposta dagli appellati eredi di C.A..
Con il quarto motivo denuncia la omessa, contraddittoria e insufficiente motivazione su un punto decisivo della controversia, in quanto la Corte d’Appello aveva ritenuto che nessuno avesse impugnato la liquidazione del danno morale, mentre tale capo della decisione era stata oggetto di specifico motivo di appello da parte dello S. (6^ motivo).
Il motivo è inammissibile perchè difetta l’interesse ad impugnare da parte della M. (si veda: Cass. 19 maggio 2006 n. 11844).
Con il primo motivo del ricorso incidentale i congiunti della defunta C.A. denunciano la violazione e mancata applicazione degli artt. 1292 e 2055 c.c. nonchè l’omessa, contraddittoria e insufficiente motivazione su un punto decisivo della controversia, in quanto la Corte d’Appello aveva ritenuto il concorso di colpa della M. nella percentuale del solo 30%, mentre in realtà il grado di colpa doveva essere stimato quanto meno in misura pari a quello ritenuto a carico dello S.; erronea è anche la pronunzia con la quale è stato disposto il pagamento a carico della M. del 30% delle somme a ciascuno liquidate in primo grado, poichè si tratta di debito solidale e la ripartizione delle somme a ciascuno addebitatoli in relazione al grado di colpa non ha rilievo nei riguardi dei danneggiati creditori.
Il dispositivo della sentenza impugnata prevede al capo A): “…
riconosciuto il concorso colposo nella misura del 30% di M. A. nella produzione della morte di C.A. in occasione del sinistro del *****, condanna la stessa M. A. a corrispondere ai congiunti della vittima il 30% delle somme a ciascuno di essi liquidate dal primo giudice a titolo di danni patrimoniali e morali, previa deduzione del massimale di polizza che la CAB Assicurazioni dovrà corrispondere …”. E’ evidente l’errore in cui è incorso il giudice dell’appello, poichè’ nella specie si tratta di responsabilità solidale e quindi la gradazione delle singole efficienze causali può avere rilievo soltanto ai fini del riparto del risarcimento tra i corresponsabili, secondo i principi generali stabiliti dall’art. 1292 c.c. e segg..
Con il secondo motivo si denuncia la violazione e falsa applicazione della L. n. 990 del 1969, artt. 18, 22 e 23, e art. 112 c.p.c. nonchè la contraddittoria e insufficiente motivazione su un punto decisivo della controversia, in quanto la Corte d’Appello aveva ritenuto che la Carige nulla dovesse pagare oltre il massimale già corrisposto, senza considerare che il pagamento era intervenuto dopo parecchi anni; errata è anche la pronunzia relativa alla CAB, posto che in sede di conclusioni i deducenti avevano chiesto la condanna anche della CAB al risarcimento di tutti i danni già indicati nel ricorso in primo grado, oltre rivalutazione e interessi.
Richiamato quanto sopra precisato in relazione alla cosiddetto “mala gestio” da parte della CAB Assicurazioni, si deve rilevare che la pronuncia della Corte d’Appello ha dato atto che la Carige Assicurazioni ha provveduto al pagamento del massimale “in tempi ragionevoli”, riconoscendo altresì gli interessi. Si tratta, anche in questo caso, si valutazione di merito sottratta al sindacato di legittimità, in presenza di adeguata motivazione.
Con il terzo motivo si denuncia la violazione e falsa applicazione degli artt. 91 e 92 c.p.c. nonchè l’omessa, contraddittoria e insufficiente motivazione su un punto decisivo della controversia, in quanto la Corte d’Appello aveva ritenuto di compensare parzialmente le spese.
Si osserva che in tema di condanna alle spese processuali, il principio della soccombenza deve essere inteso nel senso che soltanto la parte interamente vittoriosa non può essere condannata, nemmeno per una minima quota, al pagamento delle stesse e il suddetto criterio non può essere frazionato secondo l’esito delle varie fasi del giudizio ma va riferito unitariamente all’esito finale della lite. In conformità a tale criteri, il sindacato della Corte di Cassazione è limitato ad accertare che non risulti violato il principio secondo il quale le spese non possono essere poste a carico della parte vittoriosa, con la conseguenza che esula da tale sindacato e rientra nel potere discrezionale del giudice di merito la valutazione dell’opportunità di compensare in tutto o in parte le spese di lite, e ciò sia nell’ipotesi di soccombenza reciproca, sia nell’ipotesi di concorso con altri giusti motivi (Cass. 11 gennaio 2008 n. 406).
Il motivo risulta quindi inammissibile.
La sentenza impugnata deve essere quindi cassata con rinvio in relazione al motivo accolto; le spese del presente giudizio di cassazione saranno liquidate dal giudice del rinvio.
P.Q.M.
La Corte Suprema di Cassazione, Terza Sezione Civile, riunisce i ricorsi; rigetta il ricorso principale; accoglie il primo motivo del ricorso incidentale; cassa la sentenza impugnata in relazione al motivo accolto e rigetta gli altri due motivi; rinvia anche per la liquidazione delle spese del giudizio di cassazione alla Corte d’ Appello di Messina in diversa composizione.
Così deciso in Roma, il 23 novembre 2009.
Depositato in Cancelleria il 4 gennaio 2010