LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONI UNITE CIVILI
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. VITTORIA Paolo – Primo Presidente f.f. –
Dott. PAPA Enrico – Presidente di Sezione –
Dott. MAZZIOTTI DI CELSO Lucio – Consigliere –
Dott. GOLDONI Umberto – Consigliere –
Dott. SEGRETO Antonio – Consigliere –
Dott. FORTE Fabrizio – Consigliere –
Dott. MACIOCE Luigi – rel. Consigliere –
Dott. BUCCIANTE Ettore – Consigliere –
Dott. LA TERZA Maura – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ordinanza
sul ricorso 7384-2009 proposto da:
COMUNE DI TRANI (*****), in persona del Sindaco pro-tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA GIUSEPPE PITRE’ 13, presso lo studio dell’avvocato GAGLIANO EUGENIO, rappresentato e difeso dall’avvocato GAGLIARDI LA GALA FRANCO, per delega a margine del ricorso;
– ricorrente –
contro
D.D.M. (*****), elettivamente domiciliato in ROMA, PIAZZA SANTIAGO DEL CILE 7, presso lo studio dell’avvocato MATERA FRANCO, rappresentato e difeso dall’avvocato CARRIERI CARLINO, per delega a margine del controricorso;
– controricorrente –
e contro
COMMISSARIO AD ACTA D.G.D., REGIONE PUGLIA;
– intimati –
avverso la decisione n. 171/2008 del CONSIGLIO DI STATO, depositata il 23/01/2008;
uditi gli avvocati Eugenio GAGLIANO per delega dell’avvocato Franco GAGLIARDI LA GALA, Carlino CARRIERI;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 12/01/2010 dal Consigliere Dott. LUIGI MACIOCE.
RILEVA IN FATTO L’arch. D.D.M. venne nominato commissario ad acta – per la redazione del PRG del Comune di Trani – dalla Regione Puglia e con sentenza n. 1724/05 del T.A.R. per la Regione Puglia il compenso per l’espletamento del relativo incarico venne assegnato alla determinazione del commissario ad acta dr. D.G.D..
Il Comune di Trani ha quindi impugnato innanzi allo stesso TAR la determinazione commissariale del compenso per l’arch. D. (liquidato dal D.G. in somma pari ad Euro 190.238,62 oltre accessori di legge e contributi) ma il T.A.R. adito, con sentenza n. 3509 del 2006 ha declinato la propria giurisdizione ed il Consiglio di Stato, adito dal Comune con appello reiterante la propria tesi della spettanza al G.A. della potestas judicandi, ha confermato detta declinatoria. Nella sentenza 23.1.2008, il Consiglio di Stato, ha invero argomentato dalla predeterminatezza ed oggettività dei criteri di liquidazione del compenso quali fissati dalla Delib. n. 6339 del 1994 della Regione per escludere alcuna discrezionalità dell’Amministrazione nella liquidazione e per affermare, pertanto, la esistenza di un diritto soggettivo al compenso stesso, come tale conoscibile dal G.O..
Per la cassazione di tale decisione il Comune di Trani ha proposto ricorso ex art. 362 c.p.c. in data 9.3.2009 notificandolo all’arch.
D., alla Regione Puglia ed al commissario nominato per la liquidazione; si è difeso l’arch. D. con controricorso denunziando in limine la inammissibilità del ricorso per indeterminatezza della censura e per genericità dei quesiti. Il Comune di Trani, nel motivo ha denunziato l’errore commesso dal C.d.S. nel ravvisare predeterminatezza di criteri e nel negare alcuna discrezionalità nella liquidazione, essendosi ignorato che la stessa Delib. G.R. Puglia n. 6339 del 1994 configurava un compenso a discrezione.
Il relatore designato ha depositato in data 8.9.2009 relazione ex art. 380 bis c.p.c. nella quale ha fondato la richiesta di definizione camerale del ricorso per manifesta fondatezza della prospettazione impugnatoria sulla evidente spettanza al G.A. della cognizione della controversia, spettanza indebitamente negata dal Consiglio di Stato.
La difesa del Comune ha in memoria finale e quindi in discussione ribadito le sue tesi nel mentre nella discussione innanzi al Collegio in sede camerale il difensore del controricorrente ha dissentito dalla relazione.
OSSERVA IN DIRITTO Devesi, preliminarmente, dissentire dai rilievi di inammissibilità del ricorso proposti dal controricorrente nell’atto defensionale ed illustrati oralmente.
Affatto inconsistente è, in primo luogo, la pretesa indeterminatezza della censura di violazione dei limiti della propria giurisdizione che attingerebbe l’atto di impugnazione ex art. 362 c.p.c., comma 1 del Comune di Trani: il ricorrente, infatti, da un canto ha invocato la L. n. 2248 del 1865, art. 2, all. E e, dall’altro canto, ha con chiarezza individuato l’errore sotteso alla indebita declinatoria della propria potestas iudicandi in favore del giudice ordinario, quello di aver postulato che nella questione sottoposta il professionista nominato avesse un diritto soggettivo alla liquidazione del compenso. La censura di indebita declinatoria è quindi specifica, chiara e (come si vedrà appresso) palesemente fondata. Errata è, in secondo luogo, la censura di inammissibilità dei quesiti proposti, perchè generici e plurimi. I quesiti esposti alla pagina 7 del ricorso non sono, infatti, generici, posto che essi espongono nella dovuta forma dell’interpello alla Corte di legittimità lo specifico errore commesso dal giudice amministrativo nel non essersi avveduto della evidente “discrezionalità” del potere assegnato dalla Delibera della Giunta Regionale al Comune, e per esso al commissario ad acta, nella determinazione del compenso dovuto al professionista – commissario, si da assegnare al destinatario della liquidazione nulla più che un interesse legittimo. E detti quesiti sono esposti nella articolazione in sequenza di tre proposizioni, essendo distinte le questioni sulle quali verte l’interpello, quella relativa alla natura del compenso spettante al commissario ad acta in ragione della sua attività e quella afferente la inesistenza di vincoli oggettivi nella determinazione dello stesso compenso. E proprio la corrispondenza biunivoca tra questione trattata e decisa, profilo prospettato nel motivo e quesito che ne rappresenta la sintesi consente, come nella specie, la lecita articolazione di quesiti plurimi in sequenza (si richiama, al proposito, la decisione n. 5264 del 2009 di queste Sezioni Unite). Tanto premesso con riguardo alla indiscutibile ammissibilità del ricorso, appare evidente l’errore commesso dal Giudice Amministrativo, specificamente denunziato in ricorso ed esaustivamente rilevato nella relazione ex art. 380 bis c.p.c., quello di aver tratto, dalla previsione regionale di ragguaglio del compenso a natura e complessità dell’incarico, al tempo impiegato ed alle responsabilità assegnate, argomento per sostenere la esistenza di un diritto soggettivo al compenso stesso da parte del commissario ad acta che abbia espletato l’incarico, in tal guisa:
1. obliterando le conseguenze che dalla natura dell’incarico si dovevano trarre;
2. omettendo di porre in rilievo il disposto della Delibera di G.R. e di converso ricollegando ad indici palesemente generici ed inconferenti la pretesa predeterminatezza del compenso.
Sotto il primo profilo, non può che richiamarsi l’indirizzo delle S.U. di questa Corte che, dalla ribadita natura di funzionario onorario del commissario ad acta, fa discendere la riconduzione delle controversie sul compenso destinato a detti funzionar alla cognizione del G.A. in forza della discrezionalità del momento liquidatorio (Cass. S.U. n. 1231 del 2004, n. 10961 del 2005, n. 5431 del 2008) e facendo espressa riserva della ipotesi (nella specie non ricorrente) nella quale una specifica disposizione di legge provveda ad assegnare natura retributiva al compenso per la prestazione del funzionario stesso (S.U. n. 18518 e n. 9160 del 2008). E che l’arch. D. fosse stato nominato con provvedimento amministrativo della Regione (Delib. G.R. n. 1199 del 1999) e che il compenso per le attività espletate da tal categoria di “funzionari” fosse regolato da altro provvedimento amministrativo (Delib. G.R. n. 6339 del 1994), sono dati incontestati ed emergenti dagli atti.
Sotto il secondo profilo, coglie nel segno la censura che il ricorrente muove alla decisione impugnata: facendo infatti capo alla più volte richiamata Delib. n. 6339 del 1994, nel testo hinc et inde riportato (vd. pag. 7 sub B del ricorso e pag. 10 sub B del controricorso) emerge che è stato previsto un compenso a discrezione da determinarsi nè più e nè meno che alla stregua della quantità e qualità del lavoro svolto, quindi adottandosi una previsione di dettaglio totalmente generica, inidonea a contraddire la portata della premessa qualificazione del compenso a discrezione ed affatto incompatibile con una qualsiasi determinatezza oggettiva del compenso. Si tratta, infatti, di parametri genericamente correlati alla complessità dell’incarico, alla difficoltà del lavoro, al tempo impiegato, alle correlate responsabilità, e cioè nulla più che ragionevoli ed ineludibili limiti all’esercizio della discrezionalità nella valutazione del lavoro e nella liquidazione del compenso, in nessun modo idonei a determinare una liquidazione automatica della “quantità” e “qualità” del lavoro svolto, ma soltanto idonei a rendere giustiziabile innanzi al Giudice amministrativo l’interesse del destinatario ad una congrua ed equa determinazione. Alla stregua delle esposte considerazioni va dunque accolto il ricorso, cassata la sentenza del Consiglio di Stato, contenente l’errata declinatoria, e, dichiarata la giurisdizione del giudice amministrativo, va disposto rinvio delle parti innanzi al TAR Puglia – sede di Bari (vd. S.U. n. 9946 del 2009) per la decisione sulla impugnazione proposta dal Comune di Trani e per la conclusiva determinazione delle spese anche di questo giudizio.
PQM
Accoglie il ricorso, cassa la decisione impugnata, dichiara la giurisdizione del giudice amministrativo e rinvia, anche per le spese, al TAR Puglia – sede di Bari.
Così deciso in Roma, nella sede delle Sezioni Unite, il 12 gennaio 2010.
Depositato in Cancelleria il 27 gennaio 2010