LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SECONDA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. SETTIMJ Giovanni – Presidente –
Dott. MIGLIUCCI Emilio – Consigliere –
Dott. PARZIALE Ippolisto – Consigliere –
Dott. D’ASCOLA Pasquale – Consigliere –
Dott. DE CHIARA Carlo – rel. Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ordinanza
sul ricorso 12962/2008 proposto da:
G.A., G.L., GA.LE., elettivamente domiciliati in ROMA, VIA DEL CONSERVATORIO 91, presso lo studio dell’avvocato ALIBERTI Giuliana, che li rappresenta e difende unitamente all’avvocato CIONI MICHELE, giusta procura in calce al ricorso;
– ricorrenti –
contro
D.M., non in proprio ma quale Curatore dell’eredità giacente di Rossetti Dario, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA GIUSEPPE AVEZZANA 31, presso lo studio dell’avvocato DE DOMINICIS ROMOLO, rappresentato e difeso dall’avvocato COPPEDE’ Gianfranco, giusta delega a margine del controricorso;
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 1619/2007 della CORTE D’APPELLO di FIRENZE del 23/11/07, depositata l’11/12/2007;
udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del 15/06/2009 dal Consigliere il Relatore Dott. CARLO DE CHIARA.
PREMESSO IN FATTO
che nella relazione ai sensi dell’art. 380 bis c.p.c., si legge quanto segue:
“Con la sentenza impugnata la Corte di Firenze, accogliendo l’appello della. curatela dell’eredità giacente di R.D., ha riformato la sentenza di primo grado respingendo la domanda, proposta in via riconvenzionale dai sigg. G.A., L. e Le., di accertamento della proprietà dei medesimi su un determinato compendio immobiliare.
I sigg. G. ricorrono per cassazione articolando sei motivi di doglianza, senza, tuttavia, in nessuno di essi formulare il quesito di diritto di cui all’art. 366 bis c.p.c., comma 1, o includere la ^chiara indicazione del fatto controverso in relazione al quale la motivazione si assume omessa o contraddittoria, ovvero le ragioni per le quali la dedotta insufficienza della motivazione la rende inidonea a giustificare la decisione” (art. 366 bis c.p.c., comma 2).
Il ricorso ei rivela dunque inammissibile…”.
CONSIDERATO IN DIRITTO
che detta relazione è stata ritualmente comunicata al P.M. e notificata agli avvocati delle parti;
che i ricorrenti hanno depositato memoria ai sensi dell’art. 380 bis c.p.c.;
che il Collegio condivide la predetta relazione, cui la memoria dei ricorrenti non oppone vai idi argomenti;
che, infatti, nella predetta memoria si sostiene, in sostanza, che il quesito ai sensi dell’art. 366 bis c.p.c., comma 1, sarebbe necessario solo allorchè sia richiesto alla Corte di legittimità di pronunziarsi su una questione nuova rispetto alla sua preesistente giurisprudenza, mentre nella specie la decisione del giudice di merito avrebbe semplicemente violato gli artt. 115 e 116 c.p.c., essendo stata assunta in totale difetto di prova; tesi, questa, manifestamente infondata, perchè, per un verso, il quesito di diritto (non importa – per rispondere a specifico rilievo della memoria – se espresso in forma interrogativa o assertiva) è necessario quale che sia la questione giuridica sottoposta al giudice di legittimità e, per altro verso, il mero difetto di prova dei fatti affermati dal giudice di merito integra non già il vizio di violazione degli artt. 115 e 116 c.p.c., bensì quello di vizio di motivazione, la cui deduzione deve rispondere agli indicati requisiti di cui cit. all’art. 366 bis comma 2, della cui esistenza, invece, anche la memoria dei ricorrenti continua a non dare specifico conto;
che pertanto il ricorso va dichiarato inammissibile;
che le spese processuali, liquidate in dispositivo, seguono la soccombenza.
P.Q.M.
La Corte dichiara inammissibile il ricorso e condanna i ricorrenti alle spese, liquidate in Euro 3.200,00, di cui Euro 3.000,00 per onorar, oltre spese generali ed accessori di legge.
Così deciso in Roma, il 15 giugno 2009.
Depositato in Cancelleria il 8 gennaio 2010