Corte di Cassazione, sez. II Civile, Ordinanza n.165 del 08/01/2010

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LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SETTIMJ Giovanni – Presidente –

Dott. MIGLIUCCI Emilio – Consigliere –

Dott. PARZIALE Ippolisto – Consigliere –

Dott. D’ASCOLA Pasquale – Consigliere –

Dott. DE CHIARA Carlo – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ordinanza

sul ricorso 16007/2008 proposto da:

COOPERATIVA EDILIZIA “AVELLANA” SRL, in persona del suo presidente, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA ARMANDO SPADINI 16, presso lo studio dell’avvocato RAGO ROSSELLA, rappresentata e difesa dagli avvocati GIULIANI Eduardo, GIULIANI GIANFRANCO, giusta mandato a margine del ricorso;

– ricorrente –

contro

F.V.;

– intimati –

avverso la sentenza n. 148/2007 della CORTE D’APPELLO di POTENZA del 17/04/07, depositata il 27/04/2007;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del 15/06/2009 dal Consigliere Relatore Dott. CARLO DE CHIARA.

PREMESSO IN FATTO

che nella relazione ai sensi dell’art. 380 bis c.p.c., si legge quanto segue:

“Viene impugnata sentenza di appello con cui, in controversia relativa al pagamento del corrispettivo di un appalto, la corte di merito ha respinto il gravame della cooperativa committente, salvo che per la esclusione del cumulo tra rivalutazione e interessi Invece disposta dal giudice di primo grado.

Ricorre la committente per due motivi.

Il primo motivo, con cui si deducono vizi di motivazione in ordine alla esclusione dei denunciati difetti dell’opera, sembra inammissibile perchè le generiche doglianze della ricorrente (contrasto con le consulenze tecniche; posteriorità della consegna del fabbricato, con conseguente definizione dei rapporti economici, al sisma del 23 novembre 1980, evocato in sentenza a giustificazione dei pur riscontrati difetti) configurano, nella sostanza, pure e semplici censure di merito che rimandano, di fatto, al riesame degli atti di causa.

Con il secondo motivo si deduce l’illegittimità del riconoscimento della rivalutazione monetaria essendosi, con la definizione consensuale della somma dovuta dalla committente all’appaltatore, trasformato in debito di valuta l’originario debito di valore.

Il motivo è inammissibile in quanto non attinente alla ratio della decisione impugnata, la quale non nega affatto il carattere pecunia rio (ossia di valuta) dell’obbligazione della committente, ma soltanto riconosce al creditore il maggior danno, ai sensi dell’art. 1224 c.c., comma 2, derivante dalla svalutazione monetaria”.

CONSIDERATO IN DIRITTO

che detta relazione è stata ritualmente comunicata al P.M. e notificata all’avvocato della ricorrente, il quale ha presentato memoria;

che il Collegio condivide le considerazioni svolte nella predetta rei azione – cui la memoria non oppone validi argomenti – e rileva, altresì, quanto al primo motivo di ricorso, la genericità dell’esposizione e il difetto di autosufficienza, e, quanto al secondo motivo, la novità della questione dedotta, che non risulta – stando allo stesso ricorso – sottoposta al giudice di appello, cui, del resto, parte ricorrente non rimprovera di essere incorso in omissione di pronunzia sulla medesima questione;

che il ricorso va pertanto rigettato;

che non vi è luogo a provvedere sulle spese processuali, in mancanza di attività difensiva dell’intimato.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso.

Così deciso in Roma, il 15 giugno 2009.

Depositato in Cancelleria il 8 gennaio 2010

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