LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TRIBUTARIA
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. PLENTEDA Donato – Presidente –
Dott. BOGNANNI Salvatore – Consigliere –
Dott. GIACALONE Giovanni – rel. Consigliere –
Dott. POLICHETTI Renato – Consigliere –
Dott. MELONCELLI Achille – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
sentenza
sul ricorso 11703-2007 proposto da:
AGENZIA DELLE ENTRATE in persona del Direttore pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA VIA DEI PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e difende ope legis;
– ricorrente –
contro
A.A.;
– intimato –
avverso la sentenza n. 18/2006 della COMM. TRIB. REG. di NAPOLI, depositata il 13/02/2006;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 03/12/2009 dal Consigliere Dott. GIOVANNI GIACALONE;
udito per il ricorrente l’Avvocato dello Stato GUIDA, che ha chiesto l’accoglimento;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. DE NUNZIO WLADIMIRO, che ha concluso per l’accoglimento del ricorso.
IN FATTO E IN DIRITTO L’Amministrazione finanziaria ricorre per cassazione, con due motivi, avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale qui impugnata, che ha dichiarato inammissibile l’appello dell’Ufficio, contro la sentenza di primo grado depositata il 4 febbraio 2004, in quanto proposto (in data 7 giugno 2005) oltre il termine di cui all’art. 327 c.p.c., non ritenendo applicabile nella fattispecie la sospensione dei termini d’impugnazione disposta dalla L. n. 289 del 2002, art. 16, comma 6, in quanto il contribuente aveva presentato istanza di trattazione e, quindi, manifestato la volontà di proseguire il giudizio. L’intimato non ha svolto attività difensiva.
La parte ricorrente deduce, col primo mezzo, violazione della L. n. 289 del 2002, art. 16, comma 6, in rel. art. 360 c.p.c., n. 4, per avere errato la C.T.R. nell’individuazione del testo della disposizione applicabile ratione temporis e per avere, comunque, impropriamente ritenuto facoltativa e non obbligatoria la sospensione del termine d’impugnazione, che, nella specie, poteva decorrere esclusivamente dal 1 giugno 2004, essendo stata la sentenza di primo grado depositata durante il termine di sospensione. Con il secondo mezzo, proposto subordinatamente al mancato accoglimento del primo, la parte erariale, denunciando ulteriore violazione della richiamata norma e vizio di motivazione, lamenta che la C.T.R. avrebbe erroneamente interpretato l’istanza di parte, tendente unicamente a richiedere la trattazione in pubblica udienza della controversia in primo grado ed inidonea a rendere inoperante la sospensione del giudizio in assenza di espressa manifestazione di volontà di rinuncia al condono.
La L. n. 289 del 2002, art. 16, comma 6, dispone che, a decorrere dall’1.1.2003 (data di entrata in vigore della legge), “le liti fiscali che possono essere definite ai sensi del presente articolo sono sospese fino al 1 giugno 2004, salvo che il contribuente non presenti istanza di trattazione; qualora sia stata già fissata la trattazione della lite nel suddetto periodo, i giudizi sono sospesi a richiesta del contribuente che dichiari di volersi avvalere delle disposizioni del presente articolo. Per le liti fiscali che possono essere definite ai sensi del presente articolo sono altresì sospesi, sino al 1 giugno 2004, salvo che il contribuente non presenti istanza di trattazione, i termini per la proposizione di ricorsi, appelli, controdeduzioni, ricorsi per cassazione, controricorsi e ricorsi in riassunzione, compresi i termini per la costituzione in giudizio”.
Quest’ultima parte della disposizione è in sostanziale continuità terminologica, sul punto qui rilevante, con la formulazione del previgente comma 7). Secondo il contribuente, ai sensi della L. n. 289 del 2002, art. 16, comma 6, la sospensione dei termini per l’impugnazione non si applicava all’appello in questione, poichè, in primo grado, essi non si erano avvalsi della normativa sulla definizione agevolata della lite, ma avevano chiesto la sospensione dell’esecuzione dell’atto impugnato, nonchè presentato memoria illustrativa ed istanza di trattazione (si veda la parte in fatto della sentenza impugnata). In sostanza, la tesi del contribuente, condivisa della sentenza impugnata, si basa sul presupposto che il regime operativo della trattazione dei giudizi si applichi anche alla sospensione dei termini per l’impugnazione di cui all’ultima parte del comma in oggetto, desumendone che, avendo manifestato volontà contraria all’operatività della sospensione di cui alla L. n. 289 del 2002, art. 16, chiedendo la trattazione del giudizio di primo grado in periodo di sospensione, la sospensione doveva, nella specie, ritenersi inoperante anche in relazione ai termini d’impugnazione della sentenza conseguentemente emessa in periodo di (ricusata) sospensione.
Tale ricostruzione è infondata e va disattesa. Nell’ambito complessivo della disposizione, la L. n. 289 del 2002, ultimo periodo, comma 6 (sulla sospensione dei termini d’impugnazione) appare concepito in termini di assoluta autonomia rispetto al periodo precedente (sulla sospensione del processo) e, conseguentemente, la sospensione dei termini d’impugnazione non appare necessariamente vincolata alle modalità operative previste dal primo periodo del comma per la sospensione del processo. La lettera della disposizione (“sono, altresì, sospesi salvo …”) depone, peraltro, inequivocamente nel senso della categorica sospensione (dei termini d’impugnazione), con l’unica salvezza costituita dalla proposizione di specifica istanza di trattazione da parte del contribuente (Cass. n. 4515/09, nonchè Cass. n. 6826/09, in motivazione, e Cass. n. 6096/09). D’altro canto, la rilevata diversificazione delle modalità operative – mentre è congeniale ad una situazione di effettiva pendenza del processo (giacche in relazione a queste è possibile distinguere l’ipotesi in cui l’udienza di trattazione sia già fissata da quella in cui l’udienza non sia fissata: Cass. n. 6086/09, in motivazione) – non lo è rispetto ad una situazione di mera pendenza del termine ad impugnare (in relazione alla quale l’ipotesi della già avvenuta fissazione dell’udienza di trattazione non è concettualmente prospettabile). Infine, dal fatto che il contribuente abbia, con il suo comportamento processuale, reso inoperante la sospensione del pendente giudizio di primo grado, è arbitrario desumere la sua volontà di rendere inoperante anche la sospensione del termine di impugnazione della conseguente sentenza, giacchè si tratta di opzione processuale che non può essere consapevolmente operata se non sulla base della conoscenza di elementi ulteriori e successivi, tra cui il tenore della sentenza conseguita al giudizio non sospeso (Cass. n. 4515/09, cit.).
Dovendosi, dunque, applicare alla fattispecie la sospensione dei termini per l’impugnazione disposta dalla L. n. 289 del 2002, art. 16, in relazione al periodo 1.1.03 – 1.6.2 004, il ricorso ,l’appello della parte erariale era tempestivo. Posto che la sentenza di primo grado era stata depositata il 4.2.2004 e che, per effetto della richiamata disposizione, il termine in rassegna non era, in concreto, iniziato a decorrere che dall’1.7.2004, la notifica dell’impugnazione, eseguita il 7.6.2005, si rivela, infatti, avvenuta nel pieno rispetto del termine all’uopo prescritto dall’art. 327 c.p.c..
La sentenza impugnata, che non si è uniformata ai principi in precedenza enunciati, deve essere conseguentemente annullata, con rinvio della controversia, per l’esame del merito della controversia e per la liquidazione delle spese anche del presente giudizio, ad altra Sezione della medesima C.T.R..
P.Q.M.
Accoglie il ricorso. Cassa la sentenza impugnata e rinvia, anche per le spese, ad altra Sezione della C.T.R. Campania.
Così deciso in Roma, il 3 dicembre 2009.
Depositato in Cancelleria il 27 gennaio 2010