LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TRIBUTARIA
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. PAPA Enrico – Presidente –
Dott. PERSICO Mariaida – Consigliere –
Dott. PARMEGGIANI Carlo – Consigliere –
Dott. GIACALONE Giovanni – Consigliere –
Dott. BERTUZZI Mario – rel. Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
sentenza
sul ricorso proposto da:
Agenzia delle Entrate, in persona del Direttore pro tempore, rappresentata e difesa dall’Avvocatura Generale dello Stato, presso cui domicilia in Roma, via dei Portoghesi n. 12;
– ricorrente –
contro
Studio legale associato avvocati Angelo Colombo e Maria Luisa Guzzetti, in persona del legale rappresentante, rappresentato e difeso in virtù di procura a margine del controricorso dall’Avvocato Tumietto Patrizio, elettivamente domiciliato presso lo studio dell’Avvocato Caterina Mele, in Roma, via San Agatone Papa n. 50;
– intimato –
avverso la sentenza n. 12/27/04 della Commissione tributaria regionale della Lombardia, depositata il 12.3.2004;
udita la relazione della causa svolta nell’adunanza in camera di consiglio del 18 dicembre 2009 svolta dal consigliere relatore dott. Mario Bertuzzi;
lette le conclusioni scritte del P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale dott. PRATIS Pierfelice, che ha concluso per il rigetto del primo motivo di ricorso e l’accoglimento del secondo motivo.
FATTO E DIRITTO
L’Agenzia delle Entrate ricorre, sulla base di due motivi, per la cassazione della sentenza della Commissione tributaria regionale della Lombardia, in epigrafe indicata, che aveva respinto l’appello dell’Ufficio avverso la decisione di primo grado che aveva accolto il ricorso dello Studio legale associato Colombo e Guzzetti contro il silenzio rifiuto formatosi sulla sua istanza di rimborso irap per gli anni 1998 e 1999.
L’intimato si è costituito con controricorso.
Attivata procedura ex art. 375 cod. proc. civ., gli atti sono stati trasmessi al Procuratore Generale, che ha concluso per la trattazione del ricorso in camera di consiglio e per il suo accoglimento in relazione al secondo motivo.
Il primo motivo di ricorso censura la sentenza impugnata sotto il profilo della violazione e falsa applicazione della L. n. 662 del 1996, art. 3, comma 114, e D.Lgs. n. 446 del 1997, artt. 2, 3, 8, 27 e 36 e per vizio di motivazione, assumendo che, ai sensi di tali disposizioni, debbono considerarsi soggetti ad irap tutti i lavoratori autonomi esercenti arti e professioni, quale che sia il grado di intensità organizzativa impresso alla propria attività, rimanendone sottratti solo coloro che svolgono attività di collaborazione coordinata e continuativa.
Il motivo è manifestamente infondato.
Questa Corte ha affermato il principio secondo cui, in tema di irap, l’esercizio per professione abituale, ancorchè non esclusiva, di attività di lavoro autonomo diversa dall’impresa commerciale costituisce, secondo t’interpretazione costituzionalmente orientata fornita dalla Corte costituzionale con la sentenza n. 156 del 2001, presupposto dell’imposta soltanto qualora si tratti di attività autonomamente organizzata. Il requisito dell’autonoma organizzazione, il cui accertamento spetta al giudice di merito ed è insindacabile in sede di legittimità se congruamente motivato, ricorre quando il contribuente che eserciti attività di lavoro autonomo: a) sia, sotto qualsiasi forma, il responsabile dell’organizzazione, e non sia quindi inserito in strutture organizzative riferibili ad altrui responsabilità ed interesse; b) impieghi beni strumentali eccedenti le quantità che, secondo l’id quod plerumque accidit, costituiscono nell’attualità il minimo indispensabile per l’esercizio dell’attività anche in assenza di organizzazione, oppure si avvalga in modo non occasionale di lavoro altrui (Cass. 3678/07 ed altre).
La ratio decidendi della sentenza impugnata è conforme a tale principio e, pertanto, si sottrae ai vizi di violazione di legge denunziati. Il secondo motivo di ricorso denunzia nullità della sentenza per violazione del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 36, comma 1, n. 4, e vizio di motivazione, dolendosi del fatto che la decisione impugnata abbia escluso il presupposto dell’autonoma organizzazione senza un appropriato esame dei requisiti richiesti a tal fine e sulla base di elementi di fatto del tutto generici e carenti, limitandosi ad un mero richiamo alle argomentazioni della pronuncia di primo grado. Il mezzo è manifestamente fondato.
La Commissione regionale ha motivato il proprio accertamento in ordine alla mancanza, da parte del contribuente, del requisito dell’autonoma organizzazione limitandosi ad osservare che “nel caso di specie, l’elemento organizzativo è presente in misura minima, mentre l’attività dello studio si basa sull’attività personale dei due professionisti, senza l’ausilio di dipendenti”. Trattasi, all’evidenza, di motivazione del tutto generica ed insufficiente, che non da conto di una adeguata valutazione dell’elemento organizzativo, la quale richiede un apprezzamento complessivo e specifico dei mezzi e delle strutture impiegate dal professionista nell’esercizio della sua attività, al fine di accertare se egli impieghi beni strumentali eccedenti le quantità strettamente indispensabili. Più in particolare, la motivazione è carente in quanto non esplicita quali elementi di fatto sono stati a tal fine considerati e perchè l’apporto dell’elemento organizzativo nell’attività professionale in questione venga valutato “minimo”, sicchè in definitiva la decisione sembra reggersi unicamente sulla circostanza relativa alla mancanza di dipendenti, elemento significativo ma che da solo non appare sufficiente ad escludere il presupposto impositivo.
Il ricorso va pertanto accolto in relazione al secondo motivo, con conseguente cassazione della sentenza impugnata e rinvio della causa ad altra Sezione della Commissione tributaria regionale della Lombardia, che provvederà anche alla liquidazione delle spese di giudizio.
P.Q.M.
rigetta il primo motivo del ricorso proposto dall’Agenzia delle Entrate ed accoglie il secondo; cassa, in relazione al motivo accolto, la sentenza impugnata e rinvia la causa ad altra Sezione della Commissione tributaria regionale della Lombardia, che provvederà anche alla liquidazione delle spese di giudizio.
Così deciso in Roma, il 18 dicembre 2009.
Depositato in Cancelleria il 27 gennaio 2010