Corte di Cassazione, sez. V Civile, Sentenza n.1668 del 27/01/2010

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LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. PAPA Enrico – Presidente –

Dott. PERSICO Mariaida – Consigliere –

Dott. PARMEGGIANI Carlo – Consigliere –

Dott. GIACALONE Giovanni – Consigliere –

Dott. BERTUZZI Mario – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso proposto da:

Agenzia delle Entrate, in persona del Direttore pro tempore, rappresentata e difesa dall’Avvocatura Generale dello Stato, presso cui domicilia in Roma, via dei Portoghesi n. 12;

– ricorrente –

contro

T.I.R.;

– intimato –

avverso la sentenza n. 33 della Commissione tributaria regionale dell’Emilia Romagna, Sezione distaccata di Rimini, depositata il 11.1.2005;

udita la relazione della causa svolta nell’adunanza in camera di consiglio del 18 dicembre 2009 svolta dal consigliere relatore dott. Mario Bertuzzi;

lette le conclusioni scritte del P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale dott. SORRENTINO Federico che ha concluso per l’accoglimento del primo motivo di ricorso.

FATTO E DIRITTO

Con atto notificato il 13.5.2005, l’Agenzia delle Entrate ricorre, sulla base di tre motivi, per la cassazione della sentenza della Commissione tributaria regionale dell’Emilia Romagna, Sezione distaccata di Rimini, in epigrafe indicata, notificata il 15.3.2005, che aveva respinto l’appello dell’Ufficio avverso la decisione di primo grado che aveva accolto il ricorso della contribuente, libero professionista, contro il silenzio rifiuto formatosi sulla sua istanza di rimborso irap per gli anni dal 1998 e 2001.

L’intimato non si è costituito.

Attivata procedura ex art. 375 cod. proc. civ., gli atti sono stati trasmessi al Procuratore Generale, che ha concluso per la trattazione del ricorso in camera di consiglio e per il suo accoglimento in relazione al primo motivo, assorbiti gli altri.

Il primo motivo di ricorso denunzia violazione del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 57 e del D.P.R. n. 602 del 1973, art. 38 censurando la sentenza impugnata per avere dichiarato inammissibile, perchè proposta per la prima volta in grado di appello, l’eccezione con cui l’Ufficio sosteneva la decadenza del diritto al rimborso della contribuente relativamente all’acconto del 1998, atteso che l’istanza di restituzione era stata presentata oltre il termine previsto dal D.P.R. n. 672 del 1973, art. 38.

Il motivo è fondato.

La declaratoria di inammissibilità dell’eccezione di decadenza per novità fatta propria dalla sentenza in esame si pone in contrasto con l’orientamento più volte espresso da questa Corte, e che qui va ribadito, secondo cui la decadenza del contribuente dall’esercizio di un diritto nei confronti dell’Amministrazione finanziaria, in quanto prevista in favore di quest’ultima ed attinente a situazioni giuridiche soggettive non disponibili, può essere accertata anche d’ufficio e quindi dedotta per la prima volta anche in sede di legittimità, incontrando il solo limite di un giudicato interno eventualmente formatosi in conseguenza di una pronuncia implicita o esplicita assunta nel precedente grado di giudizio (Cass. n. 6207 del 2006; Cass. n. 13221 del 2004). A ciò merita aggiungere che, nel caso di specie, l’eccezione di decadenza sollevata dall’Amministrazione appariva astrattamente decisiva, tenuto conto che dai dati forniti dallo stesso ricorso emergerebbe che l’stanza di rimborso è stata presentata, in data 28.6.2002, oltre il termine di cui al D.P.R. n. 602 del 1973, art. 38 rispetto alla data del pagamento dell’imposta, avvenuto il 19.6.1998.

Con il secondo e terzo motivo di ricorso – che, in ragione della loro connessione obiettiva, possono trattarsi congiuntamente – l’Agenzia delle Entrate censura la sentenza impugnata sotto il profilo della violazione e falsa applicazione della L. n. 662 del 1996, art. 3, comma 114, e D.Lgs. n. 446 del 1997, artt. 2, 3, 8, 27 e 36 assumendo che ai sensi di tali disposizioni debbono considerarsi soggetti ad irap tutti i lavoratori autonomi esercenti arti e professioni, quale che sia il grado di intensità organizzativa impresso alla propria attività, rimanendone sottratti solo coloro che svolgono attività di collaborazione coordinata e continuativa.

I motivi sono manifestamente infondati.

Questa Corte ha affermato il principio secondo cui, in tema di irap, l’esercizio per professione abituale, ancorchè non esclusiva, di attività di lavoro autonomo diversa dall’impresa commerciale costituisce, secondo l’interpretazione costituzionalmente orientata fornita dalla Corte costituzionale con la sentenza n. 156 del 2001, presupposto dell’imposta soltanto qualora si tratti di attività autonomamente organizzata. 11 requisito dell’autonoma organizzazione cui accertamento spetta al giudice di merito ed è insindacabile in sede di legittimità se congruamente motivato, ricorre quando il contribuente che eserciti attività di lavoro autonomo: a) sia, sotto qualsiasi forma, il responsabile dell’organizzazione, e non sia quindi inserito in strutture organizzative riferibili ad altrui responsabilità ed interesse; b) impieghi beni strumentali eccedenti le quantità che, secondo l’id quod plerumque accidit, costituiscono nell’attualità il minimo indispensabile per l’esercizio dell’attività anche in assenza di organizzazione, oppure si avvalga in modo non occasionale di lavoro altrui (Cass. 3678/07 ed altre).

La ratio decidendi della sentenza impugnata è conforme a tale principio e d’altro canto non vi è censura alcuna riguardo alla motivazione dell’accertamento di fatto operato dal giudice tributario.

Il ricorso va pertanto accolto relativamente al primo motivo, che ha riguardo all’eccezione di decadenza formulata dall’Agenzia delle Entrate in relazione all’acconto per l’anno 1998. La sentenza va pertanto cassata e, poichè l’esame del motivo richiede un accertamento di fatto in ordine alla fondatezza dell’eccezione di decadenza – accertamento che non può trarsi dai dati forniti dalla sentenza impugnata, che non riporta la data, rispettivamente, del pagamento dell’imposta e della presentazione dell’istanza di rimborso – la causa è rinviata ad altra Sezione della Commissione tributaria regionale dell’Emilia Romagna, che si atterrà, nel decidere, al principio di diritto sopra enunciato e provvederà anche alla liquidazione delle spese di giudizio.

PQM

Accoglie il primo motivo del ricorso proposto dall’Agenzia delle Entrate e rigetta gli altri; cassa, in relazione al motivo accolto, la sentenza impugnata e rinvia la causa ad altra Sezione della Commissione tributaria regionale dell’Emilia Romagna, che provvederà anche alla liquidazione delle spese di giudizio.

Così deciso in Roma, il 18 dicembre 2009.

Depositato in Cancelleria il 27 gennaio 2010

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