Corte di Cassazione, sez. V Civile, Sentenza n.1672 del 27/01/2010

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LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. PAPA Enrico – Presidente –

Dott. PERSICO Mariaida – Consigliere –

Dott. PARMEGGIANI Carlo – Consigliere –

Dott. GIACALONE Giovanni – Consigliere –

Dott. BERTUZZI Mario – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso proposto da:

Agenzia delle Entrate, in persona del Direttore pro tempore, rappresentata e difesa dall’Avvocatura Generale dello Stato, presso cui domicilia in Roma, via dei Portoghesi n. 12;

– ricorrente –

contro

Studio legale associato Lino, in persona del legale rappresentante L.G.;

– intimato –

avverso la sentenza n. 158/24/05 della Commissione tributaria regionale della Campania, depositata il 22/09/2005;

udita la relazione della causa svolta nell’adunanza in camera di consiglio del 18 dicembre 2009 svolta dal consigliere relatore dott. Mario Bertuzzi;

lette le conclusioni scritte del P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale dott. VELARDI Maurizio che ha concluso per l’accoglimento del primo motivo di ricorso ed assorbimento degli altri.

FATTO E DIRITTO

Con atto notificato il 16.12.2005, l’Agenzia delle Entrate ricorre, sulla base di due motivi, per la cassazione della sentenza della Commissione tributaria regionale della Campania in epigrafe indicata, notificata il 20.10.2005, che aveva rigettato l’appello dell’Ufficio per la riforma della pronuncia di primo grado che aveva accolto il ricorso del contribuente, libero professionista, contro il silenzio rifiuto formatosi sulla sua istanza di rimborso irap per gli anni 1998 e 2002.

L’intimato non si è costituito.

Attivata procedura ex art. 375 cod. proc. civ., gli atti sono stati trasmessi al Procuratore Generale, che ha concluso per la trattazione del ricorso in camera di consiglio e per l’accoglimento del primo motivo, assorbiti gli altri.

Il primo motivo di ricorso denunzia violazione e falsa applicazione del D.P.R. n. 602 del 1973, art. 38 lamentando che il giudice a qua non abbia dichiarato d’ufficio la decadenza del diritto al rimborso per l’anno di imposta 1998, atteso che la relativa istanza era stata presentata il 30.5.2003, vale a dire oltre il termine stabilito, a pena di decadenza, dalla citata disposizione.

Il motivo è fondato.

Secondo l’orientamento più volte espresso da questa Corte, e che qui va ribadito, la decadenza del contribuente dall’esercizio di un diritto nei confronti dell’Amministrazione finanziaria, in quanto prevista in favore di quest’ultima ed attinente a situazioni giuridiche soggettive non disponibili, può essere accertata anche d’ufficio e quindi dedotta per la prima volta anche in sede di legittimità, incontrando il solo limite di un giudicato interno eventualmente formatosi in conseguenza di una pronuncia implicita o esplicita assunta nel precedente grado di giudizio (Cass. n. 6207 del 2006; Cass. n. 13221 del 2004).

Il motivo va pertanto accolto.

Il secondo motivo di ricorso censura la sentenza impugnata sotto il profilo della violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 446 del 1997, artt. 2 e 3 assumendo che ai sensi di tali disposizioni debbono considerarsi soggetti ad irap tutti i lavoratori autonomi esercenti arti e professioni, quale che sia il grado di intensità organizzativa impresso alla propria attività, rimanendone sottratti solo coloro che svolgono attività di collaborazione coordinata e continuativa.

Il motivo è manifestamente infondato.

Questa Corte ha affermato il principio secondo cui, in tema di irap, l’esercizio per professione abituale, ancorchè non esclusiva, di attività di lavoro autonomo diversa dall’impresa commerciale costituisce, secondo l’interpretazione costituzionalmente orientata fornita dalla Corte costituzionale con la sentenza n. 156 del 2001, presupposto dell’imposta soltanto qualora si tratti di attività autonomamente organizzata. Il requisito dell’autonoma organizzazione,il cui accertamento spetta al giudice di merito ed è insindacabile in sede di legittimità se congruamente motivato, ricorre quando il contribuente che eserciti attività di lavoro autonomo: a) sia, sotto qualsiasi forma, il responsabile dell’organizzazione, e non sia quindi inserito in strutture organizzative riferibili ad altrui responsabilità ed interesse; b) impieghi beni strumentali eccedenti le quantità che, secondo l’id quod plerumque accidit, costituiscono nell’attualità il minimo indispensabile per l’esercizio dell’attività anche in assenza di organizzazione, oppure si avvalga in modo non occasionale di lavoro altrui (Cass. 3678/07 ed altre).

La ratio decidendo della sentenza impugnata è conforme a tale principio e, pertanto, si sottrae ai vizi di violazione di legge denunziati; nè d’altra parte vi è censura in ordine alla motivazione dell’accertamento di fatto operato dal giudice di merito.

Il ricorso va accolto con riguardo al primo motivo, mentre va rigettato il secondo. La sentenza impugnata è quindi cassata in relazione al motivo accolto; non essendo necessari ulteriori accertamenti di fatto – risultando dalla stessa sentenza di merito che l’istanza di rimborso è stata presentata dal contribuente in data 30.5.2003, vale a dire, con riferimento alla sola annualità di imposta 1998, oltre il termine di decadenza di 48 mesi stabilito dal D.P.R. n. 602 del 1973, art. 38 – la causa può essere decisa nel merito, mediante il rigetto del ricorso introduttivo limitatamente alla domanda di rimborso dell’imposta pagata per l’anno 1998, fermo il suo accoglimento per le annualità successive.

L’alterno esito del processo induce a compensare interamente tra le parti le spese di lite.

P.Q.M.

Accoglie il primo motivo di ricorso e rigetta il secondo; cassa la sentenza impugnata in relazione al motivo accolto e, decidendo nel merito, rigetta il ricorso introduttivo del contribuente in relazione alla sola annualità di imposta 1998. Compensa tra le parti le spese dell’intero giudizio.

Così deciso in Roma, il 18 dicembre 2009.

Depositato in Cancelleria il 27 gennaio 2010

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