Corte di Cassazione, sez. II Civile, Sentenza n.172 del 08/01/2010

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LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. PETITTI Stefano – rel. Presidente –

Dott. PARZIALE Ippolisato – Consigliere –

Dott. D’ASCOLA Pasquale – Consigliere –

Dott. DE CHIARA Carlo – Consigliere –

Dott. GIUSTI Alberto – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso proposto da:

PREFETTURA DI CAMPOBASSO, in persona del Prefetto pro tempore, rappresentata e difesa dall’Avvocatura Generale dello Stato, presso i cui uffici in Roma, Via dei Portoghesi n. 12, è domiciliata per legge;

– ricorrente –

contro

P.A., elettivamente domiciliato in Roma, Via Cola di Rienzo n. 190, presso lo studio dell’Avv. Marco Straccia, rappresentato e difeso dall’Avv. TANDOI Andrea, per procura speciale a margine del controricorso;

– controricorrente –

avverso la sentenza del Giudice di pace di Termoli n. 459/05, depositata il 22 novembre 2005.

Udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del 15 ottobre 2009 dal Presidente relatore Dott. Stefano Petitti;

lette le conclusioni del P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. DESTRO Carlo, che ha chiesto l’accoglimento del ricorso;

sentito il Sostituto Procuratore Generale Dott. Marco Pivetti, che si

è riportato alle conclusioni scritte.

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con sentenza depositata il 22 novembre 2005, il Giudice di pace di Termoli accoglieva l’opposizione proposta da P.A. avverso l’ordinanza-ingiunzione emessa il 2 maggio 2005 dal Prefetto di Campobasso, per la violazione amministrativa di cui alla L. n. 386 del 1990, art. 1, per avere l’opponente emesso un assegno bancario senza autorizzazione del trattario.

Con riferimento al preliminare motivo di opposizione proposto dal P., e concernente la mancata audizione nel corso del procedimento che aveva preceduto l’adozione dell’ordinanza- ingiunzione, il Giudice rilevava che nel proporre ricorso al Prefetto di Campobasso, l’opponente aveva espressamente chiesto di essere sentito, ma tale richiesta non aveva avuto seguito. Per tale ragione doveva affermarsi l’illegittimità dell’ordinanza-ingiunzione, giacchè il sentire l’interessato che ne abbia fatto richiesta, non costituisce una mera facoltà per l’autorità amministrativa procedente, ma una condizione di validità del provvedimento da questa adottato.

Per la cassazione di questa sentenza propone ricorso la Prefettura di Campobasso sulla base di un unico motivo; l’intimato resiste con controricorso.

MOTIVI DELLA DECISIONE

Con l’unico motivo di ricorso, la ricorrente Prefettura denuncia violazione e falsa applicazione della L. n. 689 del 1981, art. 18 e della L. n. 386 del 1990, art. 8 bis.

Ad avviso della ricorrente, il Giudice di pace avrebbe errato nel ritenere applicabile nel procedimento sanzionatorio in materia di emissione di assegni bancari la L. n. 689 del 1981, art. 18 e che effettivamente prevede la facoltà dell’interessato di chiedere di essere sentito prima della decisione dell’autorità amministrativa competente, laddove il procedimento sanzionatorio in materia di assegni è disciplinato dalla L. n. 386 del 1990, art. 8 bis, che prevede solo la facoltà per l’interessato di presentare scritti difensivi e documenti e non anche quella di chiedere l’audizione personale. Nè una simile facoltà potrebbe derivarsi dal rinvio, contenuto nel citato art. 8 bis, u.c., alle disposizioni della L. n. 689 del 1981, ove compatibili, in quanto la facoltà di chiedere l’audizione non sarebbe compatibile con le esigenze di celerità e snellezza che caratterizzano il procedimento sanzionatorio in materia di assegni, esigenze sottolineate nella relazione al D.Lgs. n. 507 del 1999, che ha introdotto nella L. n. 386 del 1990, art. 8 bis.

Il controricorrente contesta tale ricostruzione e nell’ipotesi in cui dovesse essere invece ritenuta fondata, eccepisce l’illegittimità costituzionale dell’art. 8 bis citato, per violazione degli artt. 3 e 24 Cost..

Il ricorso è fondato.

Giova premettere che la L. n. 386 del 1990, art. 8 bis, introdotto dal D.Lgs. n. 507 del 1999, art. 33, sotto la rubrica “Procedimento per l’applicazione delle sanzioni amministrative”, stabilisce:

“1. Nei casi previsti dall’art. 1, se viene levato il protesto o effettuata la constatazione equivalente, il pubblico ufficiale trasmette il rapporto di accertamento della violazione al prefetto territorialmente competente. Nei casi in cui non si leva il protesto o non si effettua la constatazione equivalente, il prefetto viene direttamente informato dal trattario.

2. Nei casi previsti dall’art. 2, il trattario da comunicazione del mancato pagamento al pubblico ufficiale che deve levare il protesto o effettuare la constatazione equivalente; il pubblico ufficiale, se non è stato effettuato il pagamento dell’assegno nel termine previsto dall’art. 8, trasmette il rapporto di accertamento della violazione al prefetto territorialmente competente. Nei casi in cui non si leva il protesto o non si effettua la constatazione equivalente, il trattario, decorso inutilmente il termine previsto dall’art. 8, informa direttamente il prefetto territorialmente competente.

3. Entro novanta giorni dalla ricezione del rapporto o dell’informativa il prefetto notifica all’interessato gli estremi della violazione a norma della L. 24 novembre 1981, n. 689, art. 14.

Se l’interessato risiede all’estero il termine per la notifica è di trecentosessanta giorni.

4. L’interessato, entro trenta giorni dalla notifica, può presentare scritti difensivi e documenti.

5. Il prefetto, dopo aver valutato le deduzioni presentate, determina, con ordinanza motivata, la somma dovuta per la violazione e ne ingiunge il pagamento, insieme con le spese, ovvero emette ordinanza motivata di archiviazione degli atti.

6. Si applicano, per quanto non previsto dal presente articolo, le disposizioni delle sezioni 1^ e 2^ del capo 1^ della L. 24 novembre 1981, n. 689 e successive modificazioni, in quanto compatibili”.

In relazione a tale disciplina, questa Corte ha già avuto modo di chiarire che la stessa, per la specificità del procedimento sanzionatorio ivi delineato, integra all’evidenza una disposizione di carattere speciale, che trova giustificazione nella peculiarità delle infrazioni amministrative sanzionate, e deroga pertanto alla disciplina generale rappresentata dalla L. n. 689 del 1981, art. 18 (Cass., n. 19040 del 2005).

Il richiamo contenuto nell’art. 8 bis alle disposizioni delle sezioni prima e seconda del capo primo della L. 24 novembre 1981, n. 689, e successive modificazioni, opera “per quanto non previsto dal presente articolo”. Di contro, l’iter procedimentale per l’applicazione della sanzione amministrativa è dettagliatamente regolamentato dalla norma in questione. La relativa, particolare disciplina è di per sè autonoma e compiuta e, come tale, non necessita di eterointegrazioni.

Manca, quindi, in radice la condizione (assenza di previsione) cui il comma 6 subordina l’applicazione delle “disposizioni delle sezioni prima e seconda del capo primo della L. 24 novembre 1981, n. 689 e successive modificazioni”.

Ed ancora, la mancata previsione, nell’art. 8 bis, dell’obbligo procedimentale costituito dall’audizione dell’interessato che ne abbia avanzato espressa richiesta si spiega con il fatto che nella procedura sanzionatoria delle infrazioni previste dalla L. n. 386 del 1990, la prova è essenzialmente documentale, sicchè l’interessato vede pienamente tutelato il suo diritto di difesa, mediante la presentazione di documenti e scritti difensivi. In altri termini, in dette procedure l’audizione dall’interessato non sarebbe finalizzata a rendere più agevolmente possibile la definizione della controversia in sede amministrativa, nè a tutelare in quest’ultimo ambito il diritto di difesa dell’interessato medesimo anche attraverso l’illustrazione orale delle proprie ragioni.

La prospettata questione di legittimità costituzionale si rivela manifestamente infondata sol che si consideri che rientra nella discrezionalità del legislatore la configurazione e la disciplina dei singoli procedimenti amministrativi finalizzati all’applicazione di sanzioni amministrative. In tal senso, Cass., n. 12017 del 2005 (in motivazione), secondo cui “nel procedimento di applicazione della sanzione amministrativa pecuniaria prevista nel caso di emissione di assegni bancari privi di provvista, la L. n. 386 del 1990, art. 8 bis, introdotto dal D.Lgs. n. 507 del 1999, art. 33, non prevede il diritto della parte di essere sentita dal prefetto, ma soltanto la facoltà di presentare scritti difensivi e documenti, in virtù di una scelta ispirata dalla natura essenzialmente documentale della prova e dalla necessità di apprestare un sistema snello, in considerazione dell’elevato numero dei procedimenti, ed è manifestamente infondata l’eccezione di illegittimità costituzionale di detta disposizione, sollevata in riferimento alle norme costituzionali che tutelano il diritto di difesa, dato che il contraddittorio pieno è rinviato alla fase eventuale dell’opposizione, analogamente a quanto accade nel processo penale, nel caso in cui il decreto di condanna è emesso senza che l’imputato possa interloquire sulla richiesta del P.M., in forza di una disciplina ritenuta dalla Corte Costituzionale non in contrasto con dette norme proprio perchè il contraddittorio è soltanto differito alla fase dell’opposizione (ordinanze n. 257 del 2003; n. 432 del 1998)”. Si deve solo aggiungere che le argomentazioni svolte nella richiamata pronuncia valgono altresì ad escludere la denunciata, peraltro genericamente, violazione dell’art. 3 Cost..

In conclusione, si deve ribadire il principio secondo cui in tema di procedimento per l’applicazione delle sanzioni pecuniarie amministrative per gli illeciti previsti nella L. n. 386 del 1990, disciplinato dall’art. 8 bis stessa legge, l’autorità amministrativa non ha alcun obbligo di sentire l’interessato.

La sentenza impugnata che si fonda sul contrario principio va pertanto cassata, con rinvio al Giudice di pace di Termoli, in persona di diverso giudicante, il quale procederà all’esame degli ulteriori motivi di opposizione.

Al giudice del rinvio è demandata altresì la regolamentazione delle spese del giudizio di legittimità.

P.Q.M.

La Corte accoglie il ricorso; cassa la sentenza impugnata e rinvia, anche per le spese del giudizio di legittimità, al Giudice di pace di Termoli, in persona di diverso giudicante.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Seconda Civile della Corte Suprema di Cassazione, il 15 ottobre 2009.

Depositato in Cancelleria il 8 gennaio 2010

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