LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SECONDA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. PETITTI Stefano – rel. Presidente –
Dott. PARZIALE Ippolisato – Consigliere –
Dott. D’ASCOLA Pasquale – Consigliere –
Dott. DE CHIARA Carlo – Consigliere –
Dott. GIUSTI Liberto – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
sentenza
sul ricorso per regolamento di competenza proposto da:
CAPITANERIA DI PORTO DI CATANIA – MINISTERO DEI TRASPORTI, in persona del Ministro pro tempore, rappresentato e difeso dall’Avvocatura Generale dello Stato, presso i cui uffici in Roma, Via dei Portoghesi n. 12, è domiciliato per legge;
– ricorrente –
contro
S.R.;
– intimato –
avverso la sentenza del Giudice di pace di Giarre n. 620/05, depositata il 21 novembre 2005.
Udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del 15 ottobre 2009 dal Presidente relatore Dott. Stefano Petitti;
lette le conclusioni del P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. RUSSO Rosario Giovanni, che ha chiesto l’accoglimento del ricorso;
sentito il Sostituto Procuratore Generale Dott. Marco Pivetti, che si
è riportato alle conclusioni scritte.
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Con sentenza depositata il 21 novembre 2005, il Giudice di pace di Giarre accoglieva l’opposizione proposta da S.R. avverso l’ordinanza-ingiunzione emessa dalla Capitaneria di Porto di Catania il 31 agosto 2004, notificata il 12 ottobre 2004, con la quale veniva ingiunto all’opponente il pagamento della complessiva somma di Euro 3.005,00, quale sanzione pecuniaria, per avere impiantato sulla spiaggia di ***** una tenda da campeggio in violazione dell’art. 4, comma 5, dell’ordinanza balneare del 6 maggio 2003 di Circomare Riposto e in violazione dell’art. 1164 C.d.S., comma 2.
Il Giudice di pace accoglieva il primo motivo di opposizione, con il quale l’opponente aveva denunciato la violazione della L. n. 241 del 1990, art. 2, in quanto l’ordinanza ingiunzione era stata emessa a distanza di oltre un anno dall’accertamento. In proposito, il Giudice di pace rilevava che l’art. 2 citato, nel prevedere che, in difetto di regolamentazione da parte delle pubbliche amministrazioni, il termine per la conclusione del procedimento amministrativo è di trenta giorni, pone un principio di carattere generale; e poichè, nella specie, la violazione era stata accertata il *****, doveva ritenersi violato il suddetto termine di trenta giorni, applicabile anche al procedimento sanzionatorio, in quanto l’ordinanza era stata emessa il 31 agosto 2004 e non già entro il 5 ottobre 2003.
Per la cassazione di questa sentenza ricorre la Capitaneria di Porto di ***** – Ministero dei Trasporti sulla base di un unico motivo;
l’intimato non ha svolto attività difensiva.
MOTIVI DELLA DECISIONE
Con l’unico motivo di ricorso, il ricorrente Ministero denuncia violazione e falsa applicazione della L. n. 241 del 1990, art. 2. In proposito, il ricorrente rileva, che le Sezioni Unite di questa Corte, con sentenza n. 9597 del 2006, hanno escluso l’applicabilità della L. n. 241 del 1990, art. 2, ai procedimenti sanzionatori di cui alla L. n. 689 del 1981.
Il ricorso è fondato e va accolto.
Nella citata sentenza le Sezioni Unite hanno, infatti, affermato il principio secondo cui “la disposizione di cui alla L. 7 agosto 1990, n. 241, art. 2, comma 3, tanto nella sua originaria formulazione, applicabile ratione temporis, secondo cui il procedimento amministrativo deve essere concluso entro il termine di trenta giorni, quanto nella formulazione risultante dalla modificazione apportata dal D.L. 14 marzo 2005, n. 35, art. 36 bis, convertito dalla L. 14 maggio 2005, n. 80, secondo cui detto termine è di novanta giorni, nonostante la generalità del testo legislativo in cui è inserita, è incompatibile con i procedimenti regolati dalla L. 24 novembre 1981, n. 689, che costituisce un sistema di norme organico e compiuto e delinea un procedimento di carattere contenzioso scandito in fasi i cui tempi sono regolati in modo da non consentire, anche nell’interesse dell’incolpato, il rispetto di un termine cosi breve” (Cass., S.U., n. 9591 del 2006).
Da questo principio non vi è ragione di discostarsi, stante la sua coerenza con la lettera e lo scopo della norma da cui è stato desunto.
Pertanto, in accoglimento del ricorso, la sentenza impugnata deve essere cassata con rinvio – ai fini dell’esame delle ulteriori ragioni di opposizione che erano state fatte valere da S. R. – ad altro giudice, che si designa nel Giudice di Pace di Catania, cui viene anche rimessa la pronuncia sulle spese del giudizio di legittimità.
P.Q.M.
La Corte accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e, rinvia, anche per le spese del giudizio di legittimità, al Giudice di pace di Catania.
Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Seconda Civile della Corte Suprema di Cassazione, il 15 ottobre 2009.
Depositato in Cancelleria il 8 gennaio 2010