LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TRIBUTARIA
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. CAPPABIANCA Aurelio – rel. Presidente –
Dott. IACOBELLIS Marcello – Consigliere –
Dott. DI BLASI Antonino – Consigliere –
Dott. VIRGILIO Biagio – Consigliere –
Dott. BISOGNI Giacinto – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ordinanza
sul ricorso proposto da:
AGENZIA DELLE ENTRATE, in persona del direttore pro tempore, elettivamente domiciliate in Roma, via dei Portoghesi n. 12, presso l’Avvocatura Generale dello Stato, che le rappresenta e difende;
– ricorrente –
contro
ZERBINATI COSTRUZIONI FERROVIARIE E MECCANICHE S.P.A., in persona del legale rappresentante pro tempore;
– intimata –
per la cassazione della sentenza della Commissione tributaria regionale della Lombardia, n. 55, depositata il 10 settembre 2007.
Letta la relazione scritta redatta dal Consigliere relatore Dott. Aurelio Cappabianca;
constatata la regolarità delle comunicazioni di cui all’art. 380 bis c.p.c., comma 3.
FATTO E DIRITTO
Premesso:
– che la società contribuente propose ricorsi avverso avvisi di rettifica e liquidazione Invim relativi a compravendite immobiliari registrate il 14.2.2001;
– che l’adita commissione provinciale, riuniti i ricorsi, li accolse, con sentenza confermata, in esito all’appello dell’Agenzia, dalla commissione regionale;
– che i giudici di appello rilevarono, in sostanza, che la maggior valutazione dell’UTE, sulla quale si fondava l’accertamento, risultava di gran lunga eccedente rispetto a valutazione relativa a precedente cessione, pur in assenza di significative ragioni e non era rispondente alla situazione degli immobili all’atto della cessione, poichè intervenuta dopo che gli immobili erano stati in toto ristrutturati e l’area riclassificata;
rilevato:
– che, avverso la decisione di appello, l’Agenzia delle Entrate propone ricorso per cassazione, in unico motivo, illustrato anche con memoria, deducendo “motivazione insufficiente su fatto decisivo della controversia”;
– che la società contribuente non si è costituita;
osservato:
– che il ricorso si pone in contrasto con le prescrizioni di cui all’art. 366 bis c.p.c., che sono violate, quando il fatto controverso coinvolto dal motivo, in relazione al quale si assuma omessa, contraddittoria od insufficiente la motivazione, e le ragioni, per cui la motivazione medesima sia reputata inidonea a sorreggere la decisione, s’identifichino solo in esito alla completa lettura del motivo e non in base alla specifica sintesi offertane dal ricorrente, al fine dell’osservanza del requisito sancito dall’art. 366 bis c.p.c. (v. Cass. 4311/08, 4309/08, 20603/07, 16002/07);
– che, diversamente da quanto prospettato dall’Agenzia contribuente in memoria, nel contesto del diffuso motivo di ricorso non è dato riscontrare siffatta autonoma compiuta sintesi;
osservato inoltre;
– che il motivo, ancorchè prospettando vizio di motivazione, sembra richiede, sostanzialmente, a questa Corte, un inammissibile diverso apprezzamento delle risultanze processuali, rispetto a quello legittimamente effettuato dai giudici del merito, giacchè tende, in realtà, a rimettere in discussione accertamenti in fatto del giudice del merito, che, espressi con motivazione in sè coerente e immune da vizi logici (nemmeno evocati), si sottraggono al sindacato di legittimità (atteso che, nell’ambito di tale sindacato non è conferito il potere di riesaminare e valutare il merito della causa, ma solo quello di controllare, sotto il profilo logico-formale e della correttezza giuridica, l’esame e la valutazione fatta dal giudice del merito, cui resta riservato di individuare le fonti del proprio convincimento e, all’uopo, di valutare le prove, controllarne attendibilità e concludenza, e scegliere, tra le risultanze probatorie, quelle ritenute idonee a dimostrare i fatti in discussione: cfr. Cass. 22901/05, 15693/04, 11936/03);
osservato infine:
– che la doglianza dell’Agenzia nemmeno incide sulla ratio della decisione impugnata, riscontrabile nel rilievo che la valutazione propugnata dall’Agenzia risultava, in assenza di significative ragioni, di gran lunga eccedente rispetto a valutazione relativa a precedente cessione e non era rispondente alla situazione degli immobili all’atto della cessione, poichè basata su stima intervenuta dopo che gli immobili medesimi erano stati in toto ristrutturati e l’area riclassificata;
ritenuto:
– che il ricorso si rivela, quindi, inammissibile e va disatteso nelle forme di cui agli artt. 375 e 380 bis c.p.c.;
– che, stante l’assenza d’attività difensiva della società intimata, non vi è luogo a provvedere sulle spese.
P.Q.M.
la Corte: dichiara inammissibile il ricorso.
Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 15 dicembre 2009.
Depositato in Cancelleria il 27 gennaio 2010