LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SECONDA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. PETITTI Stefano – rel. Presidente –
Dott. PARZIALE Ippolisato – Consigliere –
Dott. D’ASCOLA Pasquale – Consigliere –
Dott. DE CHIARA Carlo – Consigliere –
Dott. GIUSTI Alberto – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ordinanza
sul ricorso proposto da:
M.S., in proprio e nella qualità di procuratore speciale di A.G., giusta procura speciale per atti notaio Baldi in data 8 aprile 2003, rep. n. 106907, rappresentato e difeso dall’Avv. NATALE DOMENICO per procura speciale a margine del ricorso, e domiciliato in Roma, Piazza Cavour, presso la Cancelleria civile della Corte di Cassazione;
– ricorrente –
contro
PREFETTURA DI VIBO VALENTIA – UFFICIO TERRITORIALE DEL GOVERNO, in persona del Prefetto pro tempore, rappresentata e difesa dall’Avvocatura Generale dello Stato, presso i cui uffici in Roma, Via dei Portoghesi n. 12, è domiciliata per legge;
– controricorrente –
avverso la sentenza del Giudice di pace di Vibo Valentia n. 535/07, depositata il 26 novembre 2007.
Udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del 15 ottobre 2009 dal Presidente relatore Dott. Stefano Petitti;
Sentito il Sostituto Procuratore Generale Dott. Marco Pivetti, che ha concluso conformemente alla relazione.
RITENUTO IN FATTO
che, con sentenza depositata il 26 novembre 2007, il Giudice di pace di Vibo Valentia ha rigettato l’opposizione proposta da M. S. avverso l’ordinanza-ingiunzione emessa il 5 novembre 2006 dalla Prefettura di Vibo Valentia, con la quale gli era stato ordinato il pagamento della somma di Euro 1.453,17 a titolo di sanzione amministrativa per la violazione dell’art. 193 C.d.S., comma 2;
che il Giudice di pace, premesso che il verbale di accertamento, in quanto atto pubblico, fa piena prova fino a querela di falso, ha rilevato che nel verbale elevato nei confronti dell’opponente si dava atto che sul veicolo era esposto un contrassegno di assicurazione scaduto di validità il 7 dicembre 2002 e che a bordo non era presente alcuna targa di prova, contrariamente a quanto sostenuto dall’opponente;
che, del resto, ha osservato il Giudice di pace, anche la prova testimoniale richiesta dal medesimo opponente era stata espletata e si era rivelata inconcludente;
che, per la cassazione di questa sentenza, ha proposto ricorso M.S. sulla base di un unico motivo ;
che la Prefettura – ufficio Territoriale del Governo di Vibo Valentia ha resistito con controricorso;
che, essendosi ritenute sussistenti le condizioni per la decisione con il procedimento di cui all’art. 380 bis cod. proc. civ., è stata redatta relazione ai sensi di tale norma, che è stata notificata alle parti e comunicata al Pubblico Ministero.
CONSIDERATO IN DIRITTO
che il precedente relatore designato, nella relazione depositata il 19 giugno 2009, ha formulato la seguente proposta di decisione:
“(…) ritenuto che avverso il provvedimento impugnato è esperibile il rimedio dell’appello e non del ricorso per cassazione, trovando applicazione nella fattispecie f essendo stata la sentenza impugnata pubblicata dopo il 2 marzo 2006, la nuova disposizione del D.Lgs. n. 40 del 2006, art. 26 – giusta la disciplina transitoria posta dall’art. 27, u.c. – che, abrogando la L. n. 689 del 1981, art. 23, u.c., che prevedeva la diretta ricorribilità per cassazione delle sentenze del giudice di pace in materia di opposizione a sanzione amministrativa, ha reso detti provvedimenti soggetti alla disciplina generale dei mezzi di impugnazione e, quindi, impugnabili a mezzo dell’appello (art. 339 cod. proc. civ.); ritiene il ricorso inammissibile”;
che le parti, alle quali tale relazione è stata notificata, non hanno svolto rilievi critici;
che il Collegio condivide le conclusioni del consigliere delegato, alle quali non sono state rivolte critiche dalle parti interessate;
che, in applicazione del principio della soccombenza, il ricorrente deve essere condannato alla rifusione delle spese del giudizio di legittimità, che si liquidano come da dispositivo.
P.Q.M.
La Corte dichiara inammissibile il ricorso; condanna il ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in Euro 400,00, oltre spese prenotate a debito.
Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Seconda Civile della Corte Suprema di Cassazione, il 15 ottobre 2009.
Depositato in Cancelleria il 8 gennaio 2010