Corte di Cassazione, sez. Lavoro, Ordinanza n.193 del 11/01/2010

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LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. BATTIMIELLO Bruno – rel. Presidente –

Dott. LAMORGESE Antonio – Consigliere –

Dott. D’AGOSTINO Giancarlo – Consigliere –

Dott. CURCURUTO Filippo – Consigliere –

Dott. TOFFOLI Saverio – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ordinanza

sul ricorso 26026-2008 proposto da:

F.D., C.S., P.A. nella sua qualità

di erede di T.A., M.A., T.G., D.S., D.V. nella qualità di eredi di D.P., tutti elettivamente domiciliati in ROMA, VIA CICERONE 49, presso lo studio dell’avvocato LUIGIA D’AMICO, rappresentati e difesi dall’avvocato FARAONE GIOVANNI, giuste procure a margine della prima, della seconda, della terza, della quarta e della quinta pagina del ricorso;

– ricorrenti –

contro

RETE FERROVIARIA ITALIANA SPA (già Ferrovie dello Stato SpA –

Società di Trasporti e Servizi) così mutata la precedente denominazione sociale, in persona dell’Institore, Società con socio unico, soggetta all’attività di direzione e coordinamento di Ferrovie dello Stato, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DI RIPETTA 22, presso lo studio dell’avvocato VESCI GERARDO, che la rappresenta e difende, giusta delega a margine del controricorso;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 4548/2007 della CORTE D’APPELLO di ROMA del 7.6.07, depositata il 30/10/2007;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 16/10/2 009 dal Presidente e Relatore Dott. BRUNO BATTIMIELLO;

udito per la controricorrente l’Avvocato Nicolo Schittone (per delega avv. Gerardo Vesci) che si riporta agli scritti.

E ‘ presente il P. G. in persona del Dott. MASSIMO FEDELI che nulla osserva rispetto alla relazione scritta.

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

La Corte d’appello di Roma, con sentenza n. 4548/2007 depositata il 30 ottobre 2007, ha ritenuto prescritto il diritto di F. D. ed altri sei lavoratori alla rivalutazione, L. n. 426 del 1982, ex art. 4 del beneficio di L. 800, non essendo intervenuti efficaci atti interruttivi, in quanto “non vi è alcuna prova, nè si può in alcun modo presumere, data la distanza tra le lettere in atti, peraltro neppure firmale e della cui ricezione non vi è prova certa, e il deposito del ricorso, che l’avv. Francesco Palumbo, difensore degli appellati, in primo grado, avesse ricevuto un mandato da questi ultimi, almeno in forma verbale”.

Avverso questa decisione F.D. e litisconsorti ricorrono per cassazione.

Rete Ferroviaria Italiana s.p.a. resiste con controricorso.

A seguito di relazione ex art. 380 bis c.p.c. è stata fissata l’adunanza della Corte per la decisione del ricorso in camera di consiglio.

R.F.I. spa ha depositato memoria.

MOTIVI DELLA DECISIONE

Con l’unico motivo i ricorrenti criticano l’impugnata sentenza per non aver considerato che le lettere interruttive della prescrizione erano state inviate con raccomandata, e dagli avvisi di ricevimento prodotti in primo grado si ricavava la prova che erano pervenute al destinatario, che peraltro mai aveva negato di averle ricevute.

Inoltre, la prova dell’esistenza di un mandato poteva trarsi dalla qualità del mandatario, che, contrariamente a quanto ritenuto dalla Corte d’appello, era l’avvocato difensore delle parti nel giudizio di primo grado.

Il motivo e manifestamente infondato.

La Corte d’appello ha ritenuto che le lettere inviate alla società non avessero valenza interruttiva della prescrizione innanzitutto perchè non erano sottoscritte e poi perchè mancava la prova che l’avv. Palumbo, ammesso che fosse l’autore di quelle missive, avesse ricevuto mandato, anche soltanto verbale, ad intimare il pagamento, dato l’intervallo di tempo tra rinvio delle lettere e il deposito del ricorso introduttivo.

Orbene, il ricorso non censura specificamente questa motivazione, in quanto tace del tutto sull’assenza di sottoscrizione e sull’intervallo di tempo che, secondo la Corte, non consentiva di trarre dal deposito del ricorso la presunzione che il difensore fosse stato a suo tempo incaricato di intimare il pagamento.

Il ricorso va pertanto rigettato, con le conseguenze di legge in ordine alle spese.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese, in Euro 30,00 per esborsi e in Euro 2.200,00 (duemiladuecento) per onorari, oltre a spese generali, IVA e CPA. Così deciso in Roma, il 16 ottobre 2009.

Depositato in Cancelleria il 11 gennaio 2010

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