LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE LAVORO
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. BATTIMIELLO Bruno – rel. Presidente –
Dott. LAMORGESE Antonio – Consigliere –
Dott. D’AGOSTINO Giancarlo – Consigliere –
Dott. CURCURUTO Filippo – Consigliere –
Dott. TOFFOLI Saverio – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ordinanza
sul ricorso 26469-2008 proposto da:
A.A., elettivamente domiciliata in ROMA, PIAZZA DON MINZONI 9, presso lo studio dell’avvocato AFELTRA ROBERTO, che la rappresenta e difende, giusta procura ad litem in calce al ricorso;
– ricorrente –
contro
RETE FERROVIARIA ITALIANA SPA (già Ferrovie dello Stato – Società
di Trasporti e Servizi p.a.), in persona dell’Institore, Società con socio unico, soggetta all’attività di direzione e coordinamento di Ferrovie dello Stato, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA SANTA MARIA MEDIATRICE 1, presso lo studio dell’avvocato BUCCI FEDERICO, che la rappresenta e difende, giusta procura speciale a margine del controricorso;
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 3169/2007 della CORTE D’APPELLO di ROMA del 19.4.07, depositata il 31/10/2007;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 16/10/2009 dal Presidente e Relatore Dott. BRUNO BATTIMIELLO;
udito per la ricorrente l’Avvocato Roberto Afeltra che si riporta ai motivi del ricorso, chiedendone l’accoglimento, in subordine chiede la trattazione dello stesso in pubblica udienza.
E’ presente il P.G. in persona del Dott. MASSIMO FEDELI che nulla osserva rispetto alla relazione scritta.
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
La Corte d’appello di Roma, con sentenza n. 3169/2007 depositata il 31.10.2007 respingendo l’appello, ha confermato la sentenza di primo grado (in data 6-12-2002) che aveva dichiarato la legittimità del licenziamento intimato dall’Ente Ferrovie dello Stato ad A. A. per totale sua incapacità a svolgere qualsiasi mansione lavorativa a causa di inidoneità tisica confermata anche dalla rinnovata c.t.u..
Avverso questa decisione A.A. ha proposto ricorso per cassazione con un motivo.
Rete Ferroviaria Italiana s.p.a. resiste con controricorso.
A seguito di relazione ex art. 380 bis c.p.c. è stata fissata l’adunanza della Corte per la decisione del ricorso in camera di consiglio.
A.A. ha depositato memoria.
MOTIVI DELLA DECISIONE
Con l’unico motivo la ricorrente denuncia, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 3, violazione della L. n. 482 del 1968, art. 1 e segg.
degli artt. 18 e 92 disp. att. c.p.c., degli artt. 194 e 201 c.p.c., nonchè, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 5, motivazione insufficiente su punto decisivo della controversia.
Le denunce di violazione di legge non possono essere prese in considerazione mancando nel ricorso il quesito di diritto (art. 366 bis c.p.c.).
Circa il vizio di motivazione, la ricorrente sostiene che “laddove la sentenza ha fatto proprie le conclusioni del perito di ufficio e le ha poste a base della propria decisione, ha gravemente errato ed è incorsa nel vizio di illogicità della motivazione per manifesta insufficienza perchè, da quelle elucubrazioni scientifiche, non si evince la prova che la signora A. sia mai stata totalmente inabile al lavoro”. Aggiunge che la Corte d’appello non ha risposto “alle note critiche che il consulente di parte aveva sottoposto al suo esame … nella sua relazione già avanti il Tribunale ed in data 25 novembre 2002 per come esaminabile nel fascicolo A., e rinnovato con Patto di appello …”.
Il motivo è infondato, perchè con esso la parte si limita a contrapporre ai rilievi della Corte di merito proprie valutazioni delle molteplici patologie accertate in sede di visita medica, asserendo che le condizioni di salute della A. non erano di impedimento ad una proficua attività lavorativa. Ma il ricorso non riesce ad individuare errori nella c.t.u. che rivelino contrasti con principi della scienza medica, e pertanto si risolve in una censura di merito.
Per quanto concerne l’omessa considerazione delle critiche formulate nella consulenza di parte, si osserva che la Corte d’appello ha disposto il rinnovo della c.t.u. in quel grado di giudizio, ed e alle conclusioni cui è pervenuto il proprio ausiliare che essa si è adeguata. Invece, come si assume in ricorso, le critiche della consulenza di parte si rivolgono contro la c.t.u. di primo grado. Ne deriva la non specificità dei motivi rispetto alle ragioni della decisione impugnata.
In conclusione, il ricorso va rigettato, con le conseguenze di legge in ordine alle spese.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso e condanna la ricorrente alle spese, in Euro 30,00 per esborsi e in Euro 1.500,00 (millecinquecento) per onorario, oltre a spese generali. IVA e CPA. Così deciso in Roma, il 16 ottobre 2009.
Depositato in Cancelleria il 11 gennaio 2010