LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE LAVORO
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. BATTIMIELLO Bruno – Presidente –
Dott. LAMORGESE Antonio – rel. Consigliere –
Dott. D’AGOSTINO Giancarlo – Consigliere –
Dott. CURCURUTO Filippo – Consigliere –
Dott. TOFFOLI Saverio – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ordinanza
sul ricorso 19003-2008 proposto da:
INPS, ISTITUTO NAZIONALE DELLA PREVIDENZA SOCIALE, in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA DELLA FREZZA 17, presso l’Avvocatura Centrale dell’Istituto, rappresentato e difeso dagli avvocati FABIANI GIUSEPPE, PATRIZIA TRADIS, VINCENZO STUMPO, giusta mandato speciale in calce al ricorso;
– ricorrente –
contro
D.N.N.;
– intimato –
avverso la sentenza n. 4521/2007 della CORTE D’APPELLO di NAPOLI, depositata il 18/09/2007;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 16/10/2009 dal Consigliere e Relatore Dott. ANTONIO LAMORGESE;
è presente il P. G. in persona del Dott. MASSIMO FEDELI.
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Con sentenza depositata il 18 settembre 2007 la Corte di appello di Napoli ha confermato la decisione di primo grado, che aveva accolto la richiesta avanzata da D.N.N. di condanna dell’INPS al pagamento degli interessi legali sull’indennità di mobilità di cui alla L. 23 luglio 1991, n. 223, erogata in ritardo rispetto alle scadenze contemplate dal D.P.R. 26 gennaio 1957, n. 818, art. 32 (cioè il giorno 15 e l’ultimo giorno di ciascun mese), disciplina concernente l’assicurazione obbligatoria contro l’assicurazione involontaria, che è però applicabile all’indennità di mobilità disciplina secondo la previsione della L. 1991 n. 223, art. 7.
Per la cassazione della sentenza l’INPS ha proposto ricorso.
L’intimato non ha svolto attività difensiva.
MOTIVI DELLA DECISIONE
Con l’unico motivo l’Istituto denuncia violazione e falsa applicazione della L. 23 luglio 1991, n. 223, art. 7, comma 12, e del D.P.R. 26 gennaio 1957, n. 818, art. 32 e richiamando anche alcune pronunce di questa Corte, sostiene che il rinvio stabilito dal denunciato art. 7 alla disciplina della disoccupazione, implica l’applicazione di quest’ultima anche al trattamento di mobilità, ma l’inserimento di tale disposizione vale solo a qualificare l’indennità come prestazione giornaliera, ossia rapportata ai giorni di disoccupazione, ma non anche per il termine (quindicinale) di pagamento, che invece resta ancorato alla scadenza mensile.
Come rilevato nella relazione ex art. 380 cod. proc. civ., il motivo è manifestamente fondato, alla stregua del principio elaborato Cass. 20 maggio 2008 n. 12747. Con tale pronuncia si è affermato che l’indennità di mobilità, di cui alla L. n. 223 del 1991, art. 7 pur essendo determinata, alla stregua della disciplina dell’indennità di disoccupazione, su base giornaliera, deve essere corrisposta con cadenza mensile, attese le peculiarità della relativa disciplina che si riferisce ad una ripartizione in mesi con riguardo alla durata massima del trattamento (dodici mesi, prorogabili in relazione a fasce di età o aree territoriali e suddivisibile in due periodi, pure indicati in mesi), alla commisurazione della misura della prestazione (sulla base dell’integrazione salariale spettante, determinata per ogni mese ai sensi della L. n. 427 del 1980), alla possibilità di sospensione e cumulo con i redditi da lavoro nel caso di svolgimento di una attività lavorativa (prevedendosi, ai sensi della L. n. 223 del 1991, art. 9, comma 5, in caso di nuova occupazione con retribuzione inferiore a quella di provenienza, la corresponsione di un assegno mensile per la differenza), nonchè alla detraibilità delle mensilità già godute nel caso di erogazione in conto capitale per i lavoratori che intraprendono una attività autonoma o in cooperativa, risolvendosi, per questo aspetto, in una regolamentazione specifica che rende inapplicabile, in quanto incompatibile, il sistema di pagamento previsto per il trattamento di disoccupazione involontaria, fissato dal D.P.R. n. 818 del 1957, art. 32 in due scadenze, il giorno 15 e l’ultimo giorno del mese.
Questo orientamento, che, confermato da numerose altre pronunce, è condiviso dal Collegio, deve essere qui ribadito.
Il ricorso va dunque accolto.
Cassata la sentenza impugnata, la causa, non essendo necessari ulteriori accertamenti di fatti, va decisa nel merito con il rigetto della domanda proposta dal lavoratore.
Costui, sebbene soccombente, resta esonerato dal pagamento delle spese dell’intero processo a norma dell’art. 152 disp. att. cod. proc. civ., nel testo anteriore a quello risultante dopo la modifica apportata dal D.L. 30 settembre 2003, n. 269, art. 42, comma 11, convertito, nella L. 24 novembre 2003, n. 326, modifica qui non applicabile ratione temporis.
P.Q.M.
La Corte accoglie il ricorso; cassa la sentenza e decidendo nel merito, rigetta la domanda del D.N.; nulla per le spese dell’intero processo.
Così deciso in Roma, il 16 ottobre 2009.
Depositato in Cancelleria il 11 gennaio 2010