LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE LAVORO
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. DE LUCA Michele – Presidente –
Dott. MONACI Stefano – Consigliere –
Dott. IANNIELLO Antonio – Consigliere –
Dott. ZAPPIA Pietro – Consigliere –
Dott. CURZIO Pietro – rel. Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
sentenza
sul ricorso 23527-2006 proposto da:
P.E., domiciliato in ROMA, PIAZZA CAVOUR, presso la CANCELLERIA DELLA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE, rappresentato e difeso dall’avvocato FICHERA DOMENICO, giusta mandato a margine del ricorso;
– ricorrente –
contro
PIETRAROSSA S.C.A.R.L. IN LIQUIDAZIONE, I.N.P.S. ISTITUTO NAZIONALE DELLA PREVIDENZA SOCIALE;
– intimati –
sul ricorso 23907-2006 proposto da:
PIETRAROSSA S.C.A.R.L. IN LIQUIDAZIONE, in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DEGLI SCIPIONI 288, presso lo studio dell’avvocato PERSIANI MATTIA, che la rappresenta e difende unitamente all’avvocato ROSSI GUIDO, giusta mandato a margine del controricorso e ricorso incidentale;
– controricorrente e ricorrente incidentale –
contro
P.E., I.N.P.S. – ISTITUTO NAZIONALE DELLA PREVIDENZA SOCIALE;
– intimati –
sul ricorso 23846-2006 proposto da:
I.N.P.S. – ISTITUTO NAZIONALE DELLA PREVIDENZA SOCIALE, in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA DELLA FREZZA 17, presso l’Avvocatura Centrale dell’Istituto, rappresentato e difeso dagli avvocati FABIANI GIUSEPPE, TRIOLO VINCENZO, giusta mandato in calce al controricorso e ricorso incidentale;
– controricorrente e ricorrente incidentale –
contro
P.E., PIETRAROSSA S.C.A.R.L. IN LIQUIDAZIONE;
– intimati –
avverso la sentenza n. 330/2005 della CORTE D’APPELLO di CALTANISSETTA, depositata il 21/07/2005 r.g.n. 377/03;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 28/10/2009 dal Consigliere Dott. PIETRO CURZIO;
udito l’Avvocato GUIDO ROSSI;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. MATERA Marcello che ha concluso per: ricorso principale inammissibilità e in subordine rigetto; incidentale: assorbimento.
FATTO E DIRITTO
P.E. chiede la cassazione della sentenza della Corte d’Appello di Caltanisetta, pubblicata il giorno 21 luglio 2005, che ha rigettato l’appello contro la decisione con la quale il Tribunale di Enna aveva respinto il suo ricorso nei confronti dell’INPS e di Pietrarossa scarl, in liquidazione.
Il ricorso consta di un unico motivo.
L’INPS si è costituito chiedendo il rigetto dell’impugnazione e proponendo ricorso incidentale condizionato, articolato in due motivi.
La Pietrarossa scarl in liquidazione si è a sua volta costituita chiedendo il rigetto del ricorso e proponendo ricorso incidentale condizionato, articolato in tre motivi. Ha inoltre depositato una memoria.
La domanda ha per oggetto il pagamento di pagamento somme a titolo di integrazione salariale per il periodo di proroga della CIG dal settembre 1993 al maggio 1994 e fu proposta nei confronti di entrambi i convenuti: INPS e Pietrarossa scarl, in liquidazione.
Il tribunale la dichiarò improponibile per mancanza di domanda amministrativa nei confronti dell’INPS, mentre dichiarò la estraneità al giudizio della società.
La Corte d’Appello rilevò che la domanda amministrativa non mancava, perchè la sentenza del TAR Catania che riconobbe alla Pietrarossa il beneficio della proroga della Cig, dava atto della sua sussistenza.
La Corte rigettò tuttavia l’appello.
Rilevò che la sentenza di primo grado era passata in giudicato, per mancanza di appello sul punto, nella parte in cui si dichiarava la estraneità al giudizio della Pietrarossa.
Quanto alla domanda nei confronti dell’INPS, la Corte rilevò invece inesistenza di un titolo per l’erogazione, in quanto se era vero che il TAR aveva dichiarato illegittimo il diniego di proroga della CIG, tuttavia in data 31 marzo 2000 il provvedimento di ammissione della Pietrarossa alla CIG era stato annullato.
Il ricorso per cassazione consta di un unico motivo, così rubricato:
“violazione e falsa applicazione degli artt. 420, 428, 442, 443 e 444 c.p.c.”. Il contenuto del ricorso è il seguente: si nega che manchi la domanda amministrativa, poichè dalla sentenza del TAR si evince che la Pietrarossa chiese la proroga e le fu rifiutata; il procedimento amministrativo si era concluso con il diniego dell’INPS, atto poi annullato dal TAR, con la conseguenza che il ricorrente è legittimato a proporre azione giudiziaria per ottenere il pagamento diretto nei confronti del datore di lavoro e dell’INPS; la Corte d’Appello avrebbe errato nel considerare la controversia di natura previdenziale perchè il trattamento di CIG non ha tale natura;
nessuna modifica della domanda è mai intervenuta, nessuna rinunzia alla domanda nei confronti della Pietrarossa, bensì “una labiale dichiarazione di eventuale consenso all’estromissione”, qualora venisse accertato che la domanda CIG e l’elenco dei lavoratori erano regolarmente agli atti della pratica INPS così da far cadere l’eccezione di improcedibilità dell’INPS. Il ricorso si conclude con il seguente quesito: “può il giudice modificare la natura della domanda alla luce della non pronunciata estromissione del datore di lavoro e fare conseguire pronuncia di improcedibilità della domanda modificata?”.
Il ricorso è palesemente infondato. Con riferimento alla posizione della società Pietrarossa non contiene motivazioni che portino ad escludere il passaggio in giudicato della decisione di primo grado di estromissione dal giudizio.
Quanto all’INPS, il contenuto del ricorso è parametrato sulla sussistenza o meno della domanda amministrativa, tema superato dalla sentenza di appello. In ogni caso, la Corte d’appello ha rilevato che il TAR Sicilia aveva annullato i provvedimenti ministeriali di rigetto delle istanze di proroga della CIG, ma che l’INPS in data 31 marzo 2000 aveva poi annullato in radice il provvedimento di ammissione alla CIG per mancanza del requisito della temporaneità e tale provvedimento era divenuto definitivo in quanto, impugnato dinanzi alla AGO, il relativo giudizio si era concluso con declaratoria di difetto di giurisdizione. Tutto ciò comportava che la decisione del TAR di Catania risultava inutiliter data.
Deve peraltro aggiungersi che tale decisione è stata poi annullata con sentenza del Consiglio di giustizia amministrativa della Regione siciliana n. 851 depositata il 27 dicembre 2006 (depositata in udienza).
Il ricorso principale pertanto deve essere rigettato.
I ricorsi incidentali sono entrambi condizionati e quindi il rigetto del ricorso principale ne comporta l’assorbimento.
Nulla sulle spese, vertendosi in materia previdenziale.
P.Q.M.
La Corte riunisce i ricorsi. Rigetta il principale, assorbiti gli incidentali. Nulla per le spese.
Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 28 ottobre 2009.
Depositato in Cancelleria il 11 gennaio 2010