Corte di Cassazione, sez. II Civile, Sentenza n.224 del 11/01/2010

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LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. ELEFANTE Antonino – Presidente –

Dott. MALZONE Ennio – Consigliere –

Dott. PICCIALLI Luigi – Consigliere –

Dott. ATRIPALDI Umberto – rel. Consigliere –

Dott. MAZZACANE Vincenzo – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso proposto da:

B.S., elettivamente domiciliata in ROMA, PIAZZALE CLODIO 18, presso lo studio dell’avvocato PETRILLO MARCIANO, che la rappresenta e difende unitamente all’avvocato JEVOLELLA ROSALIA;

– ricorrente –

contro

P.G., B.L., elettivamente domiciliati in ROMA, V.LE GORIZIA 25-C, presso lo studio dell’avvocato FALINI GIORGIO, che li rappresenta e difende unitamente all’avvocato ZAGARESE CLAUDIO;

– controricorrenti –

avverso la sentenza n. 863/2004 della CORTE D’APPELLO di VENEZIA, depositata il 27/05/2004;

udita la relazione della causa svolta nella Udienza pubblica del 25/06/2009 dal Consigliere Dott. ATRIPALDI Umberto;

udito l’Avvocato RAGAZZONI Giulio con delega depositata in udienza dell’Avvocato PETRILLO Marciano, difensore della ricorrente che ha chiesto accoglimento del ricorso;

udito l’Avvocato FALINI Giorgio, difensore del resistente che ha chiesto rigetto del ricorso;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. PRATIS Pierfelice, che ha concluso per il rigetto del ricorso.

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

B.S. ha impugnato, nei confronti di P.G. e B.L., con ricorso notificato il 12.11.04, la sentenza della Corte di App. di Venezia, notificato il 2 8.10.04, che in riforma di quella di 1 grado, l’aveva condannata al rilascio dell’immobile sito in *****, disattendendo la sua riconvenzionale d’usucapione della proprieta’.

Lamenta:

1) la violazione degli art. 1140, 1141, 1158 c.c., carente, insufficiente erronea e contraddittoria motivazione, dato che la Corte di merito aveva considerato elemento determinante per escludere la sua usucapione, la circostanza che nella missiva del 26.6.89 il suo legale invitava gli intimati ad un incontro essendo necessari urgenti interventi di manutenzione e risanamento dell’immobile, senza considerare che la consapevolezza dell’esistenza di un diritto altrui non era ostativo all’identificazione del possesso utile “ad usucapionem”.

2) la violazione degli artt. 1140, 1141, 1158 c.c., insufficiente erronea e contraddittoria motivazione, dato che la Corte di Appello aveva attribuito valenza ad asserite trattative del 1996 intavolate per giungere ad una soluzione transattiva, mentre, invece, avrebbe dovuto “valutare nella giusta portata che nessun mutamento si era verificato”, nell’esercizio del possesso ne’ nel 1989, ne’ nel 1986;

3) la violazione degli artt. 1158, 1165, 2944 c.c., insufficiente, erronea carente motivazione; dato che, se anche la Corte di Appello con l’espresso riferimento a due date (*****) avesse voluto applicare l’istituto della interruzione, avrebbe comunque errato, dato che non sarebbe stato sufficiente alla configurabilita’ di tale istituto una manifestazione di consapevolezza dell’esistenza del diritto altrui, essendo invece richiesta l’espressione della volonta’ non equivoca di attribuire il diritto reale al suo titolare;

4) la violazione degli artt. 2702, 2730 c.c., erronea, insufficiente e contraddittoria motivazione; dato che la Corte non aveva qualificato la prova su cui aveva fondato il proprio convincimento, considerato che, se alle enunciazioni contenute nella esaminata corrispondenza fosse stato attribuito valore confessorio, sussisteva la denunciata violazione di legge non essendo a lei imputabili in mancanza della sua sottoscrizioni; mentre, se a tali scritti fosse stato attribuito valore indiziario, difettava l’adeguata motivazione in ordine alla verifica della corrispondenza dei convincimenti del procuratore a quelli della parte;

5) la violazione degli artt. 115, 116 c.p.c., l’omessa insufficiente contraddittoria motivazione; atteso che la Corte di Appello aveva basato il proprio convincimento sui “documenti comprovanti le trattative intercorse tra i legali delle parti per addivenire alla vendita dell’immobile alla B.S.”; pero’ il contenuto della lettera del 26.6.89 non era riportato nella sua interezza, e specificatamente nella parte in cui il suo legale comunicava agli intimati di aver ricevuto l’incarico di citarli per fare dichiarare l’usucapione; per di piu’, disattendendo la specifica normativa di cui alla L. n. 457 del 1978, art. 31 e alla L. n. 94 del 1982, art. 7 aveva affermato che per eseguire i lavori di manutenzione e risanamento non era necessaria alcuna autorizzazione comunale, in ragione della quale, invece,si era rivolta agli intimati;

6) la violazione degli artt. 115, 116 c.p.c., omessa insufficiente e contraddittoria motivazione; dato che la Corte di App. aveva omesso di esaminare: a) la dichiarazione sostitutiva dell’atto di notorieta’, in cui l’intimata B.L., dichiarandosi impossibilitata a presenziare all’udienza del 13.6.91 a causa delle condizioni di salute del marito, che necessitava della sua costante presenza, rinunciava a qualsiasi diritto sui beni in questione in suo favore; b) le 22 cartelle esattoriali da lei pagate “per anni e anni”;

7) la violazione dell’art. 184 c.p.c. e degli artt. 74 e 87 disp. att. c.p.c., difetto di motivazione; considerato che in base ai soli documenti ritualmente prodotti (lettere 11.6.96, 24.6.96, 9.8.96), la Corte non poteva argomentare nulla ed in particolare negarle il possesso, mentre i doc. 7, 8 e 9, essendo stati irritualmente prodotti, non potevano essere valutati. Gli intimati resistono.

MOTIVI DELLA DECISIONE

Manifestamente infondato, ai limiti dell’inammissibilita’, perche’ non sembra attaccare l’effettiva “ratio decidendi” e’ il 1 motivo. Se e’ evidente, infatti, che la consapevolezza dell’altrui diritto non e’ in alcun modo ostativa al possesso cio’ non toglie, pero’, che lo stesso intanto sussiste e puo’ differenziarsi dalla mera detenzione, in quanto si concretizzi in inequivoche attivita’ corrispondenti a quelle proprie del titolare del preteso diritto reale, che si asserisce di esercitare di fatto.

Evenienza, nella specie, legittimamente esclusa dalla Corte di merito, sulla base delle inequivoche circostanze che non corrisponde certo al comportamento di un proprietario quello di richiedere l’intervento degli effettivi titolari del bene per effettuarci i necessari interventi di manutenzione e d’intavolare con i medesimi trattative per addivenirne all’acquisto. Quindi non di mera consapevolezza dell’altrui diritto si tratta, bensi’ di comportamento legittimamente valutato inconciliabile con quello di chi pretende di aver utilizzato la cosa alla stregua di un proprietario e non di un semplice detentore.

Anche il 2 e il 5 motivo, che per l’intrinseca connessione si esaminano congiuntamente, risultano inammissibili perche’ tendono, in realta’, ad una non consentita rivisitazione delle valutazioni in fatto della Corte di Appello, che con adeguata motivazione, immune da vizi logici, in base agli acquisti elementi probatori ed, in particolare, alla documentazione attestanti il richiesto intervento per i lavori e le intavolate trattative per addivenire all’acquisto dell’immobile, ha tratto il proprio convincimento; ed escluso la sussistenza del vantato possesso nella ricorrente perlomeno fino al 1996; mentre la censura concernente la ritenuta non necessita’ di autorizzazione per i lavori in questione e’ priva del necessario requisito dell’autosufficienza, dato che la mancanza di qualsiasi allegazione circa l’entita’ e la natura degli stessi, preclude ogni valutazione in merito.

Parimenti inammissibile e’ il 3 motivo che non attacca in alcun modo la “ratio decidendi”, alla quale,come visto, e’ del tutto estraneo l’istituto dell’interruzione.

Manifestamente infondato e’, poi, il 4 motivo atteso che correttamente alle documentate intervenute trattative per l’acquisto dell’immobile da parte della ricorrente, la Corte di Appello non ha attribuito alcun valore confessorio, ma, come gia’ evidenziato, le ha legittimamente considerate, con insindacabile valutazione in fatto logicamente motivata, come uno degli elementi indiziari idonei ad escludere il vantato, ma non provato, possesso “uti dominus”.

Inammissibile si palesa il 6 motivo, perche’ anch’esso tende ad una rivisitazione degli acquisiti elementi probatori sulla cui base la Corte di Appello ha fondato il proprio convincimento circa la riscontrata mancanza del preteso possesso; e per di piu’ si adducono elementi di evidente assoluta inidoneita’ a suffragare l’apposta tesi (asserita rinuncia in corso di causa della B.L. e pagamento d’imprecisate cartelle esattoriali).

Infine, anche il 7 motivo e’ inammissibile, sia perche’ prospetta una questione nuova, irrituale produzione di documenti, che non risulta essere stata sottoposta alla Corte di merito, sia perche’, in violazione del principio dell’autosufficienza, non ne e’ riportato il contenuto, si che ne e’ preclusa ogni valutazione di rilevanza per la decisione.

Al rigetto, segue la condanna alle spese.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso e condanna la ricorrente alle spese in Euro 2.200,00, di cui 2000,00 per onorari.

Così deciso in Roma, il 25 giugno 2009.

Depositato in Cancelleria il 11 gennaio 2010

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