LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SECONDA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. ELEFANTE Antonino – Presidente –
Dott. MALZONE Ennio – Consigliere –
Dott. MAZZIOTTI DI CELSO Lucio – rel. Consigliere –
Dott. ATRIPALDI Umberto – Consigliere –
Dott. MIGLIUCCI Emilio – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
sentenza
sul ricorso proposto da:
C.P. *****, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA ANTONIO BERTOLONI 29, presso lo studio dell’avvocato PETTINATO SALVO, che lo rappresenta e difende unitamente all’avvocato DE’ ROSSI LORENZO;
– ricorrente -~
contro
IMM APPALTI SRL P.I. ***** in persona del legale rappresentante pro tempore;
– intimato –
avverso la sentenza n. 3822/2004 della CORTE D’APPELLO di ROMA, depositata il 07/09/2004;
udita la relazione della causa svolta nella Udienza pubblica del 26/11/2009 dal Consigliere Dott. MAZZIOTTI DI CELSO Lucio;
udito l’Avvocato DE ROSSI, difensore del ricorrente che ha chiesto l’accoglimento del ricorso;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. GOLIA Aurelio, che ha concluso per l’accoglimento del ricorso.
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
C.P. conveniva innanzi alla corte di appello di Roma la s.r.l. Immobiliare Appalti proponendo appello avverso la sentenza 4/7/2001 con la quale il tribunale di Roma aveva dichiarato improponibile la sua domanda intesa ad accertare che la vendita di un complesso immobiliare sito in Roma – effettuata con atto ***** in favore della società appellata dalla defunta S.E. della quale egli era erede ab intestato – era in realtà una donazione indiretta con lesione della sua quota di legittima ex art. 554 c.c. e conseguente riduzione della donazione e condanna della società acquirente a reintegrargli la quota di legittima violata.
La sentenza impugnata aveva accertato che l’appellante, quale chiamato all’eredità non nel possesso dei beni, non aveva effettuato l’inventario nel termine di legge per cui, essendo da ritenere erede puro e semplice, non poteva esercitare l’azione di riduzione di donazioni e legati fatti a soggetti non chiamati come coeredi.
Il C. deduceva a sostegno dell’appello i seguenti motivi:
1) Erroneità dei presupposti giuridici su cui si fondava la sentenza impugnata per aver il tribunale seguito un orientamento della Corte di Cassazione isolato e superato circa l’esperibilità dell’azione di riduzione ex art. 564 c.c. in caso di mancata o tardiva compilazione dell’inventario. Invece secondo la più recente giurisprudenza l’azione di riduzione ex art. 564 c.c. poteva essere esercitata nonostante l’inosservanza degli adempimenti previsti con riferimento alla redazione dell’inventario posto che in tal caso si sarebbe realizzata la decadenza dal beneficio senza preclusione per l’azione di riduzione. Peraltro nella specie nel patrimonio della defunta non era residuato alcun bene per cui la società appellata (terzo donatario) non aveva alcun interesse alla mancata redazione dell’inventario in quanto estranea alla cerchia dei creditori del defunto e dei legatari.
La sentenza impugnata era quindi da censurare perchè aveva pregiudicato la posizione di esso appellante pur non avendo nella specie alcuna concreta funzione la redazione dell’inventario.
2) Motivazione carente e contraddittoria non avendo la sentenza impugnata dato atto delle proprie argomentazioni ed esposto i motivi per i quali non aveva ritenuto di applicare nella specie la soluzione accolta dalla prevalente giurisprudenza.
L’appellante chiedeva pertanto la condanna della società appellata al versamento in suo favore di L. 1.601.666.667 pari ad un terzo della differenza tra il valore effettivo del complesso immobiliare in questione ed il prezzo versato da detta società.
La s.r.l. Immobiliare Appalti resisteva al gravame che la corte di appello di Roma, con sentenza 7/9/2004, rigettava osservando: che la sentenza impugnata aveva dichiarato improcedibile la domanda proposta dal C. ritenendo che quest’ultimo, non avendo completato l’inventario nel termine assegnatogli, era da qualificare come chiamato all’eredità puro e semplice, senza beneficio di inventario, per cui non poteva esercitare l’azione di riduzione stante il disposto dell’art. 564 c.c. in base al quale, in caso di donazione fatta a soggetto non chiamato come erede – come appunto nella specie -il legittimario per chiedere la riduzione della donazione deve aver accettato l’eredità con beneficio di inventario; che andava condivisa la tesi del tribunale che, al contrario di quanto sostenuto dall’appellante, era stata adeguatamente e chiaramente motivata; che la più recente giurisprudenza di legittimità aveva confermato che la mancata redazione dell’inventario comportava l’acquisizione della qualità di erede puro e semplice delineando l’accettazione con beneficio di inventario una fattispecie a formazione progressiva richiedente sia l’accettazione che l’inventario da qualificare come elementi costitutivi di detta fattispecie; che pertanto dalla mancata redazione dell’inventario da parte dell’appellante derivava che quest’ultimo andava ritenuto erede puro e semplice; che di conseguenza il C., quale legittimario, non poteva chiedere la riduzione della supposta donazione che la de cuius avrebbe fatto in favore della società appellata a ciò ostandovi la norma di cui all’art. 564 c.c..
La cassazione della sentenza della corte di appello di Roma è stata chiesta da C.P. con ricorso affidato a cinque motivi.
L’intimata s.r.l. Immobiliare Appalti non ha svolto attività difensiva in sede di legittimità.
MOTIVI DELLA DECISIONE
Con il primo motivo di ricorso il C. denuncia violazione degli artt. 457, 187,557 e 564 c.c. deducendo che l’erede totalmente pretermesso non può accettare l’eredità perchè nei suoi confronti non vi è nè delazione, nè vocazione e non è tenuto alla previa accettazione dell’eredità per l’esercizio dell’azione di riduzione.
Tale principio si applica tanto nella successione testamentaria che in quella ab intestato. Il detto principio e il disposto dell’art. 457 c.c. sono stati disattesi dalla corte di appello pur essendo la mancanza di “relictum” ereditario circostanza pacifica e comunque denunciata in primo e in secondo grado e non contestata dalla controparte. I giudici del merito hanno trascurato il problema dell’effettiva sussistenza nella specie dei presupposti per l’accettazione ereditaria da parte di esso ricorrente legittimario totalmente pretermesso.
Con il secondo motivo il ricorrente denuncia vizi di motivazione – con riferimento agli artt. 457, 485, 487, 564 e 1421 c.c. – sostenendo che non può costituire ostacolo alla cassazione della sentenza impugnata il fatto che esso C. abbia accettato l’eredità con beneficio di inventario, pur non essendovi tenuto. La nullità di tale accettazione discende dai citati articoli che pongono la delazione e la vocazione a presupposti esenziali dell’accettazione dell’eredità per cui detta accettazione è viziata se compiuta senza di essi. Su questo punto non si sono espressi i giudici del merito: da ciò l’assoluta mancanza di motivazione.
La Corte rileva la fondatezza, nei sensi e nei limiti di seguito precisati, delle dette censure che possono essere esaminate congiuntamente per la loro stretta connessione ed interdipendenza riguardando entrambe – sia pur sotto profili diversi – la questione – della sussistenza o meno nella fattispecie in esame della circostanza di fatto relativa alla mancanza (asserita dal ricorrente) di “relictum” ereditario per l’avvenuto esaurimento dell’asse ereditario con precedenti atti di disposizione da parte del de cuius e della necessità o meno della sussistenza della condizione della preventiva accettazione dell’eredità con beneficio d’inventario, stabilita dall’art. 564 c.c., comma 1 per l’esercizio dell’azione di riduzione, per il legittimario totalmente pretermesso dal testatare.
Occorre al riguardo osservare che questa Corte, in tema di esercizio dell’azione di riduzione di cui all’art. 546 c.c., ha avuto modo più volte di affermare che il legittimario pretermesso non è chiamato alla successione per il solo fatto della morte del “de cuius”, potendo acquistare i suoi diritti solo dopo l’esperimento delle azioni di riduzione. Ne consegue che la condizione della preventiva accettazione dell’eredità con beneficio d’inventario, stabilita dall’art. 564 c.c., comma 1 per l’esercizio dell’azione di riduzione, vale soltanto per il legittimario che abbia in pari tempo la qualità di erede (per disposizione testamentaria o per delazione “ab intestato”), e non anche per il legittimario totalmente pretermesso dal testatore. Condizione fondamentale per chiedere la riduzione delle donazioni o delle disposizioni lesive della porzione di legittima è soltanto quella di essere tra le persone indicate dall’art. 557 c.c. e cioè di rivestire la qualità di legittimario, mentre la condizione stabilita dall’art. 564 c.c., comma 1, della preventiva accettazione dell’eredità con beneficio d’inventario, vale soltanto per il legittimario che abbia in pari tempo la qualità di erede. Infatti il legittimario totalmente pretermesso dall’eredità, che impugna per simulazione un atto compiuto dal “de cuius” a tutela del proprio diritto alla reintegrazione della quota di legittima, agisce in qualità di terzo e non in veste di erede, condizione che acquista solo in conseguenza del positivo esercizio dell’azione di riduzione, ai cui; fini non è tenuto alla preventiva accettazione dell’eredità con beneficio di V inventario (nei sensi suddetti, tra le tante, sentenze 20/11/2008 n. 27556; 29/7/2008 n. 20562; 29/5/2007 n. 12496; 7/10/2005 n. 19527; 12/1/1999 n. 251;
9/12/1995 n. 12632; 1/12/1993 n. 11873).
Ciò posto va rilevato che nella specie il C. sin dall’atto di citazione introduttivo del giudizio di primo grado ha dedotto che nella specie l’asse ereditario era risultato assolutamente privo di beni: tale circostanza di fatto è stata poi ribadita nell’atto di appello come risulta dalla stessa sentenza impugnata nella quale nella parte relativa allo svolgimento del processo – si afferma che l’appellante nell’atto di gravame aveva dedotto che “nel patrimonio della defunta non era residuato alcun bene” (pagina 4 sentenza impugnata).
Della sussistenza o meno della detta circostanza di fatto e della qualità o meno rivestita dal C. di legittimario pretermesso – e, quindi, della acquisita qualità di chiamato all’eredità e delle relative conseguenze ai fini per accettazione dell’eredità con o senza beneficio di inventario – non si è occupata la corte di appello la quale, accertato che l’appellante aveva accettato l’eredità con beneficio di inventario e non aveva effettuato l’inventario nel termine di legge, si è limitata ad aderire al principio giurisprudenziale secondo cui il chiamato all’eredità che non effettua l’inventario nel termine di legge è da ritenere erede puro e semplice per cui non può esercitare l’azione di riduzione secondo quanto disposto dall’art. 564 c.c., comma 1.
Il giudice di appello non si è posto il problema della asserita qualità di legittimario pretermesso rivestita dal C. e della qualità di erede dallo stesso acquisita al momento dell’apertura della successione di S.E., nonchè del conseguente obbligo da parte del ricorrente di accettare l’eredità con beneficio di inventario prima di esercitare l’azione di riduzione.
La corte di merito, nell’ipotesi di accertamento della effettiva qualità di legittimario pretermesso, avrebbe dovuto valutare gli effetti derivanti dall’effettuata accettazione dell’eredità con beneficio di inventario da parte del C. ai fini dell’esperibilità dell’azione di riduzione secondo quanto previsto dall’art. 564 c.c..
Dalla rilevata omissione discende la fondatezza del vizio di motivazione denunciato dal ricorrente il che comporta l’assorbimento del terzo, del quarto e del quinto motivo di ricorso con i quali il C. denuncia l’errata interpretazione da parte della corte di appello dell’art. 564 c.c. ovvero l’illegittimità costituzionale di detta norma come interpretata dai giudici del merito.
In definitiva devono essere accolti – nei sensi sopra precisati – il primo ed il secondo motivo di ricorso con assorbimento degli altri.
La sentenza impugnata va pertanto cassata in relazione ai motivi accolti e la causa rinviata ad altra sezione della corte di appello di Roma la quale procederà ad un nuovo esame tenendo conto dei rilievi sopra esposti e provvedendo a colmare le evidenziate carenze e lacune di motivazione. Al giudice del rinvio si rimette anche la pronuncia sulle spese di questo giudizio di legittimità.
P.Q.M.
LA CORTE Accoglie nei sensi di cui in motivazione il primo ed il secondo motivo di ricorso; assorbiti gli altri, cassa la sentenza impugnata in relazione ai motivi accolti e rinvia, anche per le spese del giudizio di legittimità, ad altra sezione della corte di appello di Roma.
Così deciso in Roma, il 26 novembre 2009.
Depositato in Cancelleria il 11 gennaio 2010