LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SECONDA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. TRIOLA Roberto Michele – Presidente –
Dott. ATRIPALDI Umberto – Consigliere –
Dott. MAZZACANE Vincenzo – rel. Consigliere –
Dott. PETITTI Stefano – Consigliere –
Dott. D’ASCOLA Pasquale – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
sentenza
sul ricorso proposto da:
N.U. *****, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA OSLAVIA 6, presso lo studio dell’avvocato ALESSI GIUSEPPE, che lo rappresenta e difende unitamente all’avvocato BEVILACQUA LAURA;
– ricorrente –
contro
M.R. *****, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA EURIALO 10, presso lo studio dell’avvocato D’ASTICE FRANCESCO GIAMBATTISTA, che la rappresenta e difende unitamente all’avvocato PATRUNO CATALDO;
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 3085/2003 della CORTE D’APPELLO di MILANO, depositata il 14/11/2003;
udita la relazione della causa svolta nella Udienza pubblica del 01/12/2009 dal Consigliere Dott. MAZZACANE Vincenzo;
udito l’Avvocato D’ASTICE Francesco Giambattista, difensore della resistente che ha chiesto rigetto del ricorso;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. CENICCOLA Raffaele, che ha concluso per l’accoglimento 1 motivo del ricorso; assorbiti gli altri motivi del ricorso.
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Con scrittura del ***** M.R. e N. M. si erano rese promissarie acquirenti di un rustico di due piani sito in *****, di proprieta’ di U. N., per il prezzo di L. 54.000.000 da corrispondere – a parte la caparra di L. 5.000.000 versata alla firma del contratto, ed unitamente a L. 24.000.000 dovute ad interessi per la rateazione – in 73 rate cambializzate a L. 1.000.000 al mese, dal 15/7/1990 al 15/7/1996.
Il 27/10/1993 la M. comunicava al N. che da quel momento essa sarebbe rimasta l’unica promissaria acquirente tenuta all’adempimento del contratto; infatti la M. provvedeva a pagare le cambiati successive fino a quella del 15/8/1994.
Secondo le deduzioni poi versate in causa la M. non aveva ricevuto gli avvisi bancari delle successive cambiali, cosicche’ il ***** aveva rimesso al N. un assegno di L. 3.200.000 non riscosso dal promittente venditore; quindi, dinanzi al rifiuto di quest’ultimo di ricevere i pagamenti, aveva depositato la somma di L. 7.000.000 (a copertura delle sette rate dal 15/9/1994 al 15/4/1995) su libretto bancario al portatore aperto presso il Banco di Sardegna messo a disposizione del N., facendo seguire due offerte reali tramite Ufficiale Giudiziario, la prima ineseguita per irreperibilita’ del creditore, la seconda del 13/6/1995 rifiutata.
Di qui la causa introdotta dalla M. dinanzi al Tribunale di Como con domanda ex art. 2932 c.c., e con offerta del residuo prezzo dovuto.
Il convenuto costituendosi in giudizio eccepiva la risoluzione del contratto preliminare suddetto per colpa della M., producendo in atti l’atto di protesto della cambiale scaduta il 15/9/1994, la fotocopia delle cambiali in scadenza il 15/10, 15/11 e il 15/12/1994 con relativa documentazione bancaria, nonche’ la lettera 28/11/1994 inviatale dalla M. per giustificare il mancato pagamento delle rate settembre/novembre, ed accompagnare il suddetto assegno di L. 3.200.000; inoltre il N. richiamava la clausola contrattuale che prevedeva la risoluzione del contratto nel caso di mancato pagamento di una sola delle rate previste.
Il Tribunale di Como con sentenza del 15/11/2000 rigettava la domanda attrice, accoglieva la domanda riconvenzionale del N. dichiarando risolto il preliminare “de quo” per colpa della M. e condannando quest’ultima al pagamento di L. 16.200.000 a titolo di penale prevista nel contratto, respingeva la domanda introdotta dal N. per il risarcimento dell’ulteriore danno, e dichiarava inammissibile quella tendente ad ottenere il rilascio dell’immobile.
Proposto gravame da parte della M. cui resisteva il N. che proponeva altresi’ appello incidentale la Corte di Appello di Milano con sentenza del 14/11/2003, in accoglimento dell’appello principale, ha trasferito la proprieta’ dell’immobile per cui e’ causa dal N. alla M. subordinando tale effetto traslativo al pagamento da parte di quest’ultima in favore del promittente venditore della somma di 11.878,51 Euro entro sessanta giorni dal passaggio in giudicato della sentenza, ed ha rigettato l’appello incidentale.
Per la cassazione di tale sentenza il N. ha proposto un ricorso articolato in tre motivi cui la M. ha resistito con controricorso.
MOTIVI DELLA DECISIONE
Con il primo motivo il ricorrente, denunciando violazione e falsa applicazione dell’art. 2932 c.c. e della L. 28 febbraio 1985, n. 47, art. 40 censura l’affermazione del giudice di appello secondo cui non costituiva elemento ostativo alla sentenza costitutiva ex art. 2932 c.c. l’asserita mancanza delle indicazioni urbanistiche prescritte dall’articolo da ultimo citato, posto che nel preliminare “de quo”era contenuta l’espressa dichiarazione del proprietario secondo cui la costruzione gli era “pervenuta per successione nell’anno 1950”, e che l’immobile era “in regola secondo le prescrizioni di cui alla L. 28 febbraio 1985, n. 47”; invero, rileva il ricorrente, allorche’ l’immobile oggetto del preliminare e’ stato realizzato in epoca anteriore al 1967, come nella fattispecie, e’ necessario allegare all’atto di trasferimento, e quindi anche al contratto preliminare, una dichiarazione sostitutiva di atto notorio attestante che l’opera era stata iniziata in epoca anteriore all’1/9/1967 e che successivamente a tale data non erano state eseguite opere per le quali fosse necessaria una autorizzazione amministrativa; pertanto in assenza di tale dichiarazione erroneamente era stata pronunciata la sentenza ex art. 2932 c.c..
La censura e’ fondata.
La Corte territoriale, essendosi pronunciata sulla suddetta questione sollevata dall’appellante nei termini sopra enunciati, non si e’ attenuta senza alcuna argomentazione a sostegno di tale assunto all’orientamento consolidato di questa Corte secondo cui ai sensi dell’art. 40 della Legge citata gli immobili costruiti in epoca antecedente al 2/9/1967 sono liberamente commerciabili, qualunque sia l’abuso edilizio commesso dall’alienante, a condizione che, nell’atto pubblico di trasferimento, risulti inserita una dichiarazione sostitutiva di atto notorio, rilasciata dal proprietario o da altro avente titolo, attestante l’inizio dell’opera in data anteriore al 2/9/1967 (Cass. 22/8/1998; Cass. 20-32006 n. 6162), dichiarazione sostitutiva prevista dalla legge che in materia non ammette equipollenti (Cass. 27/4/2006 n. 9647); erroneamente pertanto il giudice di appello, in assenza di tale imprescindibile requisito, ha pronunciato sentenza costitutiva ex art. 2932 c.c..
Con il secondo motivo il ricorrente, deducendo omessa o insufficiente motivazione, assume che nel contratto di comodato precario stipulato dalle parti contestualmente al preliminare ed avente ad oggetto lo stesso immobile, era stato espressamente previsto il divieto imposto al comodatario “di apportare alle unita’ immobiliari comodate alcuna modifica, anche migliorativa, senza il consenso scritto del comodante”; orbene, poiche’ la M. aveva apportato al bene consistenti modifiche senza il preventivo consenso dell’esponente, tale comportamento aveva comportato l’inadempimento della controparte in ordine anche al contratto preliminare, atteso il collegamento funzionale tra i due contratti.
Il motivo e’ inammissibile.
Il giudice di primo grado aveva ritenuto valida la deroga alla competenza territoriale del Tribunale di Como in favore del Tribunale di Milano in relazione alla domanda riconvenzionale proposta dal N. basata sul suddetto contratto di comodato; orbene, poiche’ tale statuizione non risulta essere stata impugnata, e’ evidente che l’esame della questione sollevata con il secondo motivo di ricorso resta precluso dall’intervenuto giudicato al riguardo.
Con il terzo motivo il ricorrente, deducendo violazione e falsa applicazione degli artt. 1175, 1184, 1375, 1453 e 1455 c.c. e dell’art. 96 c.p.c. e vizio di motivazione, sostiene che la prova dell’inadempimento contrattuale della M. era stata fornita dalla lettera 28/11/1994, dalla raccomandata R.R. del 28/11/1994, dal protesto del ***** e dalle cambiali ritornate insolute.
Il motivo resta assorbito all’esito dell’accoglimento del primo motivo.
In definitiva la sentenza impugnata deve essere cassata in relazione al motivo accolto, e la causa deve essere rinviata anche per la pronuncia sulle spese del presente giudizio ad altra sezione della Corte di appello di Milano.
P.Q.M.
LA CORTE Accoglie il primo motivo di ricorso, dichiara inammissibile il secondo, dichiara assorbito il terzo, cassa la sentenza impugnata in relazione al motivo accolto e rinvia la causa anche per la pronuncia sulle spese del presente giudizio ad altra sezione della Corte di appello di Milano.
Cosi’ deciso in Roma, il 1 dicembre 2009.
Depositato in Cancelleria il 11 gennaio 2010