Corte di Cassazione, sez. I Civile, Ordinanza n.245 del 12/01/2010

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LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. LUCCIOLI Maria Gabriella – Presidente –

Dott. PANEBIANCO Ugo Riccardo – rel. Consigliere –

Dott. FELICETTI Francesco – Consigliere –

Dott. DOLGIOTTI Massimo – Consigliere –

Dott. GIANCOLA Maria Cristina – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ordinanza

sul ricorso 25804/2008 proposto da:

T.S. (c.f. *****), elettivamente domiciliata in ROMA, VIA LUDOVISI 36, presso l’avvocato DEMETRIO LA CAVA, rappresentata e difesa dall’avvocato AMISANO Maristella, giusta procura a margine del ricorso;

– ricorrente –

contro

PROCURA GENERALE PRESSO LA CORTE DI APPELLO DI TORINO; CURATORE SPECIALE DELLA MINORE D.L.: G.C.; D.

R.;

– intintati –

avverso la sentenza della CORTE D’APPELLO di TORINO, depositata l’08/08/2008;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del 20/10/2009 dal Consigliere Dott. UGO RICCARDO PANEBIANCO;

lette le conclusioni scritte del Cons. Deleg. Dott. PANEBIANCO:

ricorrono le condizioni richieste per una decisione in Camera di consiglio, ai sensi dell’art. 375 c.p.c., sotto il profilo sia del n. 1 che del n. 5.

Rilevato che l’estensore della presente ordinanza in data 28.5.2009 ha depositato la seguente relazione ex art. 380 bis c.p.c.;

“Il Consigliere relatore, letti gli atti, osserva:

IN FATTO Con sentenza del 17.6-8.8.2008 La Corte d’Appello di Torino – sezione per Minorenni confermava la decisione con cui il Tribunale per i Minorenni aveva dichiarato lo stato di adottabilità della minore D.L., nata in *****.

Ripercorreva in primo luogo la Corte d’Appello, richiamando l’esposizione contenuta nella sentenza impugnata, le vicende umane e processuali poste a base della soluzione adottata, rilevando che:

la madre T.S., a sua volta allontanata dalla famiglia d’origine all’età di quindici anni a causa degli abusi che aveva subito, aveva vissuto in parecchie comunità fino all’età di diciassette anni quando aveva iniziato con D.R., affetto da problemi di tossicodipendenza, una convivenza da cui era nata L., convivenza che si era poi interrotta a seguito dell’allontanamento della T. insieme alla figlia per i maltrattamenti subiti ad opera del convivente;

successivamente il Tribunale aveva provveduto all’inserimento della bambina in una comunità per minori dove i genitori potessero visitarla separatamente, disponendo che la madre, la quale aveva già subito due ricoveri presso il Servizio di Salute Mentale durante i quali era stato diagnosticato un disturbo borderline di personalità, venisse seguita dal Servizio di NPI;

– nell’ambito della comunità la minore aveva ritrovato il clima di serenità che le era mancato, ma ritenendosi necessario da parte degli operatori il suo inserimento in una famiglia, il Tribunale aveva disposto in tal senso, senza però che l’affidamento avesse dato l’esito sperato;

– le successive relazioni dei servizi sociali avevano confermato la necessità di un inserimento della minore in un contesto familiare e la incapacità sia della madre di far fronte alle esigenze della figlia a causa dalla presenza di una seria psicopatologia da cui era affetta e sia del padre di risolvere i propri problemi legati alla tossicodipendenza;

– con decreto del 25.6.2004 il Tribunale per i Minorenni, aderendo alle conclusioni della C.T.U. e degli operatori, aveva disposto l’inserimento di L. presso altra famiglia, respingendo la domanda di affidamento proposta dalla zia materna in quanto ritenuta non adeguata;

– nel frattempo il padre, sempre affetto da problemi di tossicodipendenza, aveva avviato con un’altra ragazza una relazione da cui aveva avuto una figlia nata il ***** mentre L., dopo un primo periodo di adattamento, aveva registrato un progressivo miglioramento, manifestando il timore di perdere gli attuali legami;

— in data 23.1.2008 il Tribunale dichiarava lo stato di adottabilità della minore basato sullo stato di abbandono per inadeguatezza di entrambe le figure genitoriali.

Sulla base di tali risultanze, rilevava la Corte d’Appello che, nonostante l’impegno profuso dalla T. per superare i propri problemi di carattere psichico, la diagnosi era pur sempre quella di una personalità borderline con tratti depressivi, come riconosciuto dalle relazioni della Dott.ssa A. del ***** e del Dott. L.A. del ***** nonchè dalla stessa relazione della Dott.ssa L. che aveva fornito un sostegno psicologico alla T.; relazione quest’ultima che, pur prendendo atto dell’impegno da lei profuso, evidenziava che le sue condizioni non le consentivano allo stato di instaurare un rapporto adeguato e di aiutare la bambina a rimediare alle sue passate carenze.

Per quanto riguarda il padre, osservava che il rapporto instaurato con un’altra donna lo aveva portato ad allontanarsi dalla bambina.

Sottolineava infine la Corte la inopportunità di una ripresa di rapporti con il padre in considerazione della necessità di garantire la serenità della bambina, la quale potrebbe ricadere in timori ed incertezze a causa dei reiterati abbandoni già vissuti.

Avverso tale sentenza T.S. propone ricorso per cassazione affidato a due motivi.

IN DIRITTO Con il primo motivo la ricorrente denuncia insufficiente motivazione, lamentando che la Corte d’Appello, nell’escludere la possibilità per la madre di instaurare con la minore una relazione adeguata e nel manifestare che la sua ricomparsa rischierebbe di mettere in crisi il rapporto con gli attuali affidatari, non considera le risultanze emerse dall’ultima relazione psicologica a firma della dott.ssa L.M. in cui si da atto degli sforzi da lei compiuti per superare gli episodi di abusi vissuti e per prendere coscienza dei propri problemi oltre che per ottenere l’assegnazione di una casa popolare, come del resto è dimostrato dall’attività lavorativa che svolge presso un’azienda di pulizie.

Con il secondo motivo la ricorrente denuncia violazione della L. n. 184 del 1983, art. 1. Richiama il principio di carattere prioritario del diritto del minore di crescere nell’ambito della famiglia d’origine, derogabile solo in presenza di situazioni di particolare gravità, deducendo che non era stato dimostrato che lo sviluppo e l’equilibrio psico-fisico della minore potesse essere compromesso in modo permanente da un riavvicinamento della minore alla madre e che il ventilato pericolo di allontanarla dai coniugi affidatari con cui la bambina intrattiene buoni rapporti non può rappresentare un elemento sufficiente per non privilegiare la famiglia d’origine.

Orbene, va subito rilevata la mancata osservanza in entrambi i motivi di ricorso dell’obbligo di formulazione dei quesiti previsto dall’art. 366 bis c.p.c., applicabile al caso in esame ratione temporis, essendo tale norma entrata in vigore il 2.3.2006 e risalendo il deposito della sentenza impugnata, cui deve farsi riferimento, al giorno 8.8.2008. Obbligo questo da osservare anche per quanto riguarda il motivo relativo al difetto di motivazione, come più volte già enunciato da questa Corte, che ha rilevato la necessità di una sintesi in grado di circoscriverne i limiti al fine di evitare incertezze in sede di valutazione sulla sua ammissibilità (Sez. Un. 2652/08).

Sotto tale aspetto il ricorso deve ritenersi quindi inammissibile.

In ogni caso il ricorso si risolve in una esposizione di fatti aggiuntivi rispetto a quelli riferiti dalla Corte d’Appello e che, secondo la ricorrente, avrebbero dovuto indurre prima il Tribunale e poi la Corte d’Appello a ravvisare la ritrovata capacità della T. ad assolvere adeguatamente ai doveri di madre.

Una tale deduzione urta però con le risultanze evidenziate dalla Corte d’Appello che ha dato atto della relazione della Dott.ssa L., ritenendola però inidonea alle finalità perseguite dalla ricorrente sia per le considerazioni negative che essa contiene e sia per i numerosi elementi di segno contrario emersi, anche da ultimo con la relazione di aggiornamento del ***** la quale, oltre tutto, ha evidenziato il progressivo miglioramento della bambina presso la famiglia affidataria ed il suo timore di perdere gli attuali legami.

Trattasi, come si vede, di valutazioni di merito, non sindacabili in questa sede.

Si ritiene quindi che ricorrono le condizioni richieste per una decisione in camera di consiglio ai sensi dell’art. 375 c.p.c., sotto il profilo sia del n. 1 che del n. 5”.

Nonostante detta relazione sia stata comunicata al Pubblico Ministero e notificata al difensore in data 2.9.2009, non sono stati presentati scritti difensivi nè sono state avanzate richieste da parte dell’interessata per essere sentita.

In mancanza di iniziative processuali da parte della ricorrente, deve essere dichiarata pertanto l’inammissibilità del ricorso.

Nulla deve essere disposto in ordine alle spese non avendo le controparti svolto alcuna attività difensiva.

P.Q.M.

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE Dichiara inammissibile il ricorso.

Così deciso in Roma, il 20 ottobre 2009.

Depositato in Cancelleria il 12 gennaio 2010

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