LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE PRIMA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. LUCCIOLI Maria Gabriella – Presidente –
Dott. PANEBIANCO Ugo Riccardo – rel. Consigliere –
Dott. FELICETTI Francesco – Consigliere –
Dott. DOLGIOTTI Massimo – Consigliere –
Dott. GIANCOLA Maria Cristina – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ordinanza
sul ricorso 489/2009 proposto da:
C.V. (c.f. *****), V.C.
(c.f. *****), domiciliati in ROMA, PIAZZA CAVOUR, presso la CANCELLERIA CIVILE DELLA CORTE DI CASSAZIONE, rappresentati e difesi dall’avvocato CALABRESE Luigi, giusta procura a margine del ricorso;
– ricorrenti –
contro
P.C., V.F., PROCURATORE GENERALE PRESSO LA CORTE DI APPELLO DI SALERNO, PROCURATORE GENERALE PRESSO LA CORTE DI CASSAZIONE;
– intimati –
avverso la sentenza n. 1/2008 della CORTE D’APPELLO di SALERNO, depositata il 28/10/2008;
udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del 20/10/2009 dal Consigliere Dott. UGO RICCARDO PANEBIANCO;
lette le conclusioni scritte del Cons. Deleg. Dott. PANEBIANCO:
ricorrendo le ipotesi sia di inammissibilità che di manifesta infondatezza, previste dall’art. 375 c.p.c., rispettivamente ai nn. 1 e 5, il ricorso possa essere deciso in Camera di consiglio.
Rilevato che l’estensore della presente ordinanza in data 28.5.2009 ha depositato la seguente relazione ex art. 380 bis c.p.c.;
“Il Consigliere relatore, letti gli atti, osserva:
IN FATTO La Corte d’Appello di Salerno, Sezione per Minorenni, con sentenza depositata in data 28.10.2.008 confermava la decisione del Tribunale A per i Minorenni di Salerno che aveva dichiarato lo stato di adottabilità dei minori Ca.Ve., nata il *****, C.A. nato l'*****, C.A.L. nata il ***** e C.G. nato il *****, sottolineando la carenza di cure materiali e morali da parte dei genitori e la lunga quanto inutile serie di interventi posti in essere nell’arco di vari anni per rafforzare le capacità genitoriali dei coniugi (lui, C.V., dedito all’alcool e violento nei confronti dei figli e lei, V.C., indifferente e priva di risorse) che avevano manifestato ogni volta solo postuma resipiscenza in presenza di un quadro familiare caratterizzato da maltrattamenti e trascuratezza e da situazioni patologiche riscontrate nei primi due figli i quali continuavano anche ad esprimere il desiderio di non rientrare nell’ambito familiare.
Avverso tale sentenza il C. e la V. hanno proposto il ricorso per cassazione, affidato a due motivi.
IN DIRITTO Con il primo motivo i ricorrenti, denunciando violazione della L. 4 maggio 1983, n. 184, art. 1, come novellata dalla L. n. 149 del 2001, e sottolineando come detta norma sancisca il diritto del minore ad essere educato nell’ambito della propria famiglia naturale, lamentano sostanzialmente la mancata considerazione da parte della Corte d’Appello sia dell’esito negativo degli esami clinici i quali avevano escluso che il padre ( C.V.) facesse ancora uso di alcool e sia della seria volontà di entrambi i coniugi di sottoporsi ad un percorso terapeutico di recupero delle loro capacità genitoriali.
Con il secondo motivo i ricorrenti denunciano difetto di motivazione, deducendo sotto tale diverso profilo le stesse argomentazioni esposte con il primo motivo, sottolineando ancora una volta le difficoltà originarie della coppia che aveva chiesto di affrontare un percorso terapeutico necessario al suo recupero.
Orbene, va subito rilevata la mancata osservanza in entrambi i motivi di ricorso dell’obbligo di formulazione dei quesiti previsto dall’art. 366 bis c.p.c., applicabile al caso in esame ratione temporis, essendo tale norma entrata in vigore il 2.3.2006 e risalendo la sentenza impugnata, al cui deposito deve farsi riferimento, al 28.10.2008. Obbligo questo da osservare anche per quanto riguarda il motivo relativo al difetto di motivazione, come più volte già enunciato da questa Corte, che ha rilevato la necessità di una sintesi in grado di circoscriverne i limiti al fine di evitare incertezze in sede di valutazione sulla sua ammissibilità (Sez. Un. 2652/08).
Sotto tale aspetto il ricorso deve ritenersi quindi inammissibile.
In ogni caso, premesso che la Corte d’Appello ha correttamente richiamato i principi più volte espressi da questa Corte in ordine all’interpretazione della L. n. 184 del 1983, art. 1, nel testo sostituito dalla L. n. 149 del 2001, sul carattere prioritario dell’esigenza dei minore di crescere nella famiglia d’origine, il cui sacrificio può essere giustificato solo in presenza di una situazione di carenza di cure materiali e morali da parte dei genitori e degli stretti congiunti, il ricorso si risolve sostanzialmente, malgrado l’apparente denuncia di violazione di legge e di difetto di motivazione, in una inammissibile diversa valutazione dei fatti rispetto a quella operata dalla Corte di merito attraverso la prospettazione di una situazione che si starebbe evolvendo verso un recupero della capacità genitoriale dei ricorrenti, ma che la sentenza impugnata ha in effetti considerato.
Si tratta infatti dell’ennesimo tentativo di procrastinare ancora la situazione in attesa, come avvenuto in passato, di un mutamento in positivo dell’atteggiamento finora assunto dai genitori nei confronti dei minori i quali, secondo la Corte d’Appello, non possono più attendere l’esito positivo da tempo auspicato e per il quale sono stati già profusi invano energie, competenze ed aiuti economici.
Ritiene pertanto che, ricorrendo le ipotesi sia di inammissibilità che di manifesta infondatezza, previste dall’art. 375 c.p.c., rispettivamente ai nn. 1 e 5, il ricorso possa essere deciso in Camera di consiglio”.
Nonostante detta relazione sia stata comunicata al Pubblico Ministero e notificata al difensore dei ricorrenti in data 28.7.2009, non sono stati presentati scritti difensivi nè sono state avanzate richieste da parte degli interessati per essere sentiti.
In mancanza di iniziative processuali da parte dei ricorrenti, deve essere dichiarata l’inammissibilità del ricorso.
Nulla deve essere disposto in ordine alle spese, non avendo le controparti svolto alcuna attività difensiva.
PQM
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE Dichiara inammissibile il ricorso.
Così deciso in Roma, il 20 ottobre 2009.
Depositato in Cancelleria il 12 gennaio 2010