LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE PRIMA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. LUCCIOLI Maria Gabriella – Presidente –
Dott. FELICETTI Francesco – Consigliere –
Dott. PICCININNI Carlo – Consigliere –
Dott. DOGLIOTTI Massimo – Consigliere –
Dott. GIANCOLA Maria Cristina – rel. Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
sentenza
sul ricorso proposto da:
M.G. (c.f. *****), domiciliato in ROMA, PIAZZA CAVOUR, presso la CANCELLERIA CIVILE DELLA CORTE DI CASSAZIONE, rappresentato e difeso dall’avvocato PASANISI ALFREDO, giusta procura a margine del ricorso;
– ricorrente –
contro
M.M.;
– intimato –
e sul ricorso n. 26744/2006 proposto da:
M.M. (c.f. *****), elettivamente domiciliato in ROMA, VIA GREGORIO VII 154, presso l’avvocato BRUNO ARCANGELO, rappresentato e difeso dall’avvocato DECORATO BRUNO, giusta procura a margine del controricorso e ricorso incidentale;
– controricorrente e ricorrente incidentale –
contro
M.G., domiciliato in ROMA, PIAZZA CAVOUR, presso la CANCELLERIA CIVILE DELLA CORTE DI CASSAZIONE, rappresentato e difeso dall’avvocato PASANISI ALFREDO, giusta procura a margine del ricorso principale;
– controricorrente al ricorso incidentale –
avverso il decreto della SEZ. DIST. di TARANTO – CORTE D’APPELLO di LECCE depositato l’11/07/2006;
udita la relazione della causa svolta nella Udienza pubblica del 04/12/2009 dal Consigliere Dott. GIANCOLA Maria Cristina;
udito, per il controricorrente e ricorrente incidentale, l’Avvocato DECORATO che ha chiesto il rigetto del ricorso principale, accoglimento del ricorso incidentale;
udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. RUSSO Rosario Giovanni, che ha concluso, previa riunione, per l’accoglimento del ricorso principale, e assorbimento di quello incidentale.
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Nel giugno del 2005, M.M., nato nel ***** ed ormai maggiorenne, premesso anche che nel ***** era stato pronunciato lo scioglimento del matrimonio civile contratto dai suoi genitori e che, pur essendo stato all’epoca affidato al padre, aveva convissuto con la madre, chiedeva al Tribunale di Taranto che il padre arch. M.G. fosse condannato a corrispondergli Euro 350,00 mensili quale mantenimento.
Il convenuto contestava la fondatezza della pretesa, addebitando all’indolenza del figlio il fatto che non avesse ancora reperito un’occupazione retribuita ne’ completato gli studi di scuola media superiore, conseguendo il relativo diploma.
Con provvedimento del 10 – 22.02.2006, il Tribunale accoglieva la domanda ed imponeva a M.G. di corrispondere al figlio la somma di Euro 250,00 mensili, annualmente rivalutabile nonche’ di pagare le spese del procedimento.
Riteneva essenzialmente da un canto che non fossero attribuibili al figlio, ma alla dolorosa vicenda del divorzio dei suoi genitori ed alla tensione che permeava i rapporti con il padre, il fatto che lo stesso non avesse conseguito un titolo di studi idoneo a reperire un’occupazione e che le sue scelte nel campo delle arti musicali non fossero state connotate da assiduita’ e certezza, e dall’altro che l’attivita’ produttiva di bracciantato da lui svolta dal 2000 al 2002 nell’azienda agricola paterna, percependo anche indennita’ di disoccupazione e di malattia, era stata di natura occasionale, transitoria e non frutto di una scelta definitiva e, dunque, priva dei caratteri della stabilita’ e durevolezza, come confermato dall’esiguita’ dei conseguiti compensi, inidonei a soddisfare i piu’ elementari bisogni di vita.
Con decreto del 26.05 – 11.07.2006, la Corte di appello di Lecce, in parziale accoglimento del reclamo proposto da M.G., dichiarava esaurito solo con decorrenza dalla sua decisione l’obbligo del reclamante di mantenere il figlio, confermando nel resto il provvedimento impugnato e compensando integralmente le spese del reclamo. La Corte territoriale osservava e riteneva conclusivamente – che l’eta’ del figlio, prossimo al compimento dei ***** anni, la sua mancanza di concretezza quanto al rendersi conto della realta’ della vita, il rifiuto di conseguire un titolo di studi di scuola media superiore, le sue “incertezze” scolastico – musicali caratterizzate da varie iscrizioni a tanti corsi abbandonati, le prospettive di cinque anni di studio ulteriore per il conseguimento di un titolo di Conservatorio (con prevedibili difficolta’ occupazionali) e le sue esperienze lavorative pregresse e ripetute, sia pure alle dipendenze del padre, costituissero nel loro complesso elementi tali da imporre di ritenere cessato l’obbligo del padre alla data della decisione sul reclamo – che per il periodo pregresso fosse adeguato l’importo determinato dal Tribunale a titolo di mantenimento del figlio.
Avverso questo decreto M.G. ha proposto ricorso per Cassazione notificato l’11.08.2006 ed affidato a tre motivi.
M.M. ha resistito con controricorso notificato il 5.10.2006, ha inoltre proposto ricorso incidentale illustrato da memoria, sulla base di tre motivi, cui il ricorrente principale ha resistito con controricorso notificato il 13 – 15.11.2006.
MOTIVI DELLA DECISIONE
Preliminarmente in rito deve essere disposta, ai sensi dell’art. 335 c.p.c., la riunione dei ricorsi principale ed incidentale, proposti avverso la medesima sentenza. Sempre in via preliminare di rito, va respinta l’eccezione sollevata dal controricorrente, d’inammissibilita’ del ricorso principale perche’, secondo la prospettazione, erroneamente consistito in ricorso ordinario invece che straordinario, ai sensi dell’art. 111 Cost., comma 7, unico rimedio esperibile contro il decreto reso dalla Corte d’appello.
L’atto introduttivo del presente giudizio non contiene indicazioni che confortino la premessa del rilievo ed in ogni caso i due tipi di impugnazione non si differenziano per requisiti di forma e ratione temporis di sostanza, sicche’ quand’anche il ricorso principale del M.G. fosse ordinario, potrebbe convenirsi in straordinario, senza che possa porsi alcuna questione d’inammissibilita’ del gravame. Va ulteriormente precisato che poiche’ il decreto della Corte di appello di Lecce e’ stato pubblicato l’11.07.2006, e, dunque, in data posteriore all’entrata in vigore del D.Lgs. 2 febbraio 2006, n. 40, esso e’ ricorribile in questa sede anche per vizi motivazionali, ai sensi del D.Lgs. 2 febbraio 2006, n. 40, art. 2, u.c., e art. 27, comma 2. A sostegno del ricorso principale M.G. denunzia, conclusivamente e debitamente formulando quesiti di diritto:
1. “Violazione di legge ex art. 360 c.p.c., n. 3 e nullita’ del procedimento ex art. 360 c.p.c., n. 4 in relazione all’art. 132 c.p.c., comma 2 ed all’art. 111 Cost.”.
Si duole che la Corte distrettuale abbia immotivatamente fissato la cessazione dell’obbligo di mantenimento solo alla data del suo decreto, in luogo della data in cui il figlio aveva consapevolmente deciso di abbandonare gli studi medio superiori, dal momento anche che l’attivita’ lavorativa di bracciantato agricolo era stata ritenuta stabile, il che impediva la reviviscenza dell’obbligo genitoriale e che non abbia chiarito in quale parte il provvedimento del Tribunale fosse stato confermato.
2. “Violazione di legge e falsa applicazione ex art. 360 c.p.c., n. 3, degli artt. 147, 148, 155, 433 c.c. nonche’ della L. n. 898 del 1970, artt. 4, 5, 6, 9.” Sostiene che la Corte distrettuale nel posticipare alla data del suo decreto la cessazione dell’obbligo di mantenimento del figlio ha violato le rubricate disposizioni e che il figlio tutt’al piu’ poteva agire per conseguire gli alimenti.
I primi due motivi del ricorso, che essendo strettamente connessi consentono esame unitario, non sono fondati.
La decisione impugnata e’, infatti, congruamente argomentata ed aderente alle regole normative ed ai relativi principi affermati da questa Corte, secondo i quali:
– l’obbligo dei genitori di concorrere tra loro al mantenimento dei figli secondo le regole dell’art. 148 c.c. non cessa, “ipso facto”, con il raggiungimento della maggiore eta’ da parte di questi ultimi, ma perdura, immutato, finche’ non emerga la prova che il figlio ha raggiunto l’indipendenza economica, ovvero che il mancato svolgimento di un’attivita’ economica dipende da un atteggiamento di inerzia o di rifiuto ingiustificato dello stesso, il cui accertamento non puo’ che ispirarsi a criteri di relativita’, in quanto necessariamente ancorato anche alle aspirazioni, al percorso scolastico ed alla situazione del mercato del lavoro, con specifico riguardo al settore nel quale il soggetto abbia indirizzato la propria formazione e la propria specializzazione – deve in via generale escludersi che siano ravvisabili profili di colpa nella condotta del figlio che rifiuti una sistemazione lavorativa non adeguata rispetto a quella cui la sua specifica preparazione, le sue attitudini ed i suoi effettivi interessi siano rivolti, quanto meno nei limiti temporali in cui dette aspirazioni abbiano una ragionevole possibilita’ di essere realizzate (cfr. Cass. 200204765; 200615756) e sempre che tale atteggiamento di rifiuto sia compatibile con le condizioni economiche della famiglia.
Inoltre, nel delibare la domanda di mantenimento svolta dal figlio maggiorenne nei confronti del genitore, il giudice deve prendere in considerazione tutti gli elementi atti ad incidere, in positivo o in negativo, sulla situazione personale, patrimoniale e reddituale delle parti, ancorche’ sopravvenuti nel corso del giudizio, fino alla data della decisione sull’eventuale gravame ed e’ tenuto ad ancorare le sue determinazioni al momento dell’effettivo verificarsi del mutamento delle condizioni che legittimano l’attribuzione ed eventualmente a modularle nel tempo in relazione al loro progressivo variare, dando rilievo al tipo di attivita’ eventualmente svolta dal figlio, al reddito da essa derivante e al grado di autonomia dallo stesso conseguito.
A tali principi la Corte distrettuale risulta essersi correttamente attenuta, avendo avuto riguardo alla dedizione del M. M. a studi consoni alle sue aspirazioni artistiche, per le quali non poteva essergli addebitata la mancata prosecuzione dell’attivita’ di bracciantato agricolo, che per quanto non occasionale ne’ transitoria e prescindendo dall’entita’ dei relativi introiti, non era confacente con i suoi reali interessi, ma valorizzando la giusta dedizione dell’istante alla realizzazione delle sue attitudini personali nel limite temporale, corrispondente all’eta’ da lui raggiunta al tempo dell’adozione dell’impugnato decreto, in cui avrebbe dovuto ragionevolmente risolversi in proficue manifestazioni esteriori.
3. “Violazione e omessa applicazione di legge ex art. 360 c.p.c., n. 3 e nullita’ della sentenza e del procedimento ex art. 360 c.p.c., n. 4, in relazione all’art. 336 c.p.c. ed agli artt. 91 e 92 c.p.c.”.
Con riguardo al regime delle spese, il ricorrente si duole che, nonostante l’accoglimento parziale del suo reclamo, sia stata implicitamente confermata la statuizione sul punto contenuta nel provvedimento reclamato, a suo parere erroneamente non riformata.
La censura non ha pregio, dal momento che la Corte distrettuale, nel confermare nel resto il provvedimento impugnato, parzialmente riformato, ha evidentemente assolto anche il suo compito di pronunciare ex novo sulle spese della pregressa fase, rispetto alla quale non ha immutato il precedente regime per le ragioni non esplicitate ma chiaramente e inequivocamente desumibili, come consentito, dalla motivazione e dall’esito del reclamo. Con il ricorso incidentale M.M. denunzia:
1. “Violazione e falsa applicazione dell’art. 360 c.p.c., n. 3, dell’art. 132 c.p.c., comma 2, degli artt. 113, 115 e 116 c.p.c. Violazione e falsa applicazione dell’art. 360 c.p.c., n. 4. Nullita’ parziale del decreto ex art. 111 Cost. , comma 6”.
Si duole anche per mancanza o apparenza della relativa motivazione, della disposta cessazione dell’obbligo paterno di mantenimento e formula conclusivamente il seguente quesito di diritto “Dica la suprema Corte se, in virtu’ dell’obbligo di motivazione dei provvedimenti giurisdizionali di cui all’art. 111 Cost. e all’art. 132 c.p.c., il Giudice e’ tenuto ad evidenziare le ragioni giuridiche e le argomentazioni idonee e rivelare la ratio decidendi, in virtu’ delle quali – nel pronunciare sulla causa seguendo le norme di diritto ex art. 113 c.p.c. e ponendo a fondamento della decisione le prove esposte dalle parti ex art. 115 c.p.c. – ritenga di poter dichiarare estinto un obbligo al mantenimento di un genitore nei confronti di un figlio maggiorenne a far tempo da una certa data, altrimenti violando e falsamente applicando le predette norme”.
Il primo motivo del ricorso incidentale deve essere dichiarato inammissibile per carenza del quesito di diritto nel senso inteso dall’art. 366 bis c.p.c., che impone una sintesi originale ed autosufficiente della violazione stessa, funzionalizzata alla formazione immediata e diretta del principio di diritto e, quindi, al miglior esercizio della funzione nomofilattica della Corte di legittimita’ (cfr. da ultimo, Cass. SU 200919444).
La funzione propria del quesito di diritto, da formularsi a pena di inammissibilita’ del motivo proposto, e’, infatti, di far comprendere alla Corte di legittimita’, dalla lettura del solo quesito, inteso come sintesi logico – giuridica della questione, l’errore di diritto asseritamente compiuto dal giudice di merito cosi’ da consentire al giudice di legittimita’ di enunciare una “regula iuris” (cfr, Cass. 200908463) suscettibile di ricevere applicazione anche in casi ulteriori rispetto a quello deciso dalla sentenza impugnata. Nella specie il primo motivo di ricorso risulta inammissibilmente sorretto da quesito di diritto privo di alcuna specificita’ in relazione alla corrispondente “ratio decidendi” del decreto impugnato, risolvendosi nella mera richiesta rivolta alla Corte di stabilire se i provvedimenti giurisdizionali inerenti all’estinzione dell’obbligo di mantenimento dei figli debbano essere motivati onde non incorrere nella violazione delle rubricate norme (cfr. Cass. 200904044).
2. “Omessa, insufficiente o contraddittoria motivazione ex art. 360 c.p.c., n. 5 relativamente ai fatti controversi e decisivi che hanno indotto alla dichiarazione della cessazione dell’obbligo di mantenimento del figlio – pretesa attivita’ lavorativa del figlio”.
Si duole che la Corte territoriale abbia posto a fondamento dell’avversata pronuncia il fatto consistito nel raggiungimento da parte sua di adeguata capacita’ economica tramite l’attivita’ di bracciante agricolo svolta alle dipendenze del padre, fatto del quale il genitore non aveva mai fornito la dovuta prova, che inoltre abbia ritenuto tale attivita’ non occasionale e transitoria e non indagato sul motivo della cessazione del rapporto lavorativo: che, ancora, abbia dato conto con motivazione viziata sia dei suoi studi musicali, impropriamente stigmatizzandone i relativi sbocchi professionali, e sia del suo stato di salute precario.
Anche il secondo motivo del ricorso incidentale deve essere dichiarato inammissibile ai sensi dell’art. 366 bis c.p.c., in base al quale, nel caso previsto dall’art. 360 c.p.c., n. 5 (il cui oggetto riguarda il solo “iter” argomentativo della decisione impugnata), e’ richiesta una illustrazione che, pur libera da rigidita’ formali, si deve concretizzare in una esposizione chiara e sintetica del fatto controverso in relazione al quale la motivazione si assume omessa o contraddittoria ovvero delle ragioni per le quali la dedotta insufficienza rende inidonea la motivazione a giustificare la decisione (cfr. Cass. 200904556) e che deve essere accompagnata da un momento di sintesi che ne circoscriva puntualmente i limiti, in maniera da non ingenerare incertezze in sede di formulazione del ricorso e di valutazione della sua ammissibilita’. Nella specie, invece, l’illustrazione del motivo si e’ risolta in plurime affermazioni e non e’ stata accompagnata dalla necessaria sintesi conclusiva (cfr. Cass. SU 200720603).
3. “Nullita’ del procedimento e del provvedimento impugnato ex art. 360 c.p.c., n. 4 relativamente al fatto che il decreto e’ fondato su documenti irritualmente proposti”, perche’ depositati solo all’udienza conclusiva del procedimento svoltosi dinanzi al Tribunale.
Il motivo e’ inammissibile perche’ generico e non pertinente rispetto alla ratio decidendi, secondo cui i documenti in questione, sebbene considerati nella reclamata decisione, non erano in alcun modo decisivi, dal momento che i fatti in essi rappresentati non erano stati mai oggetto di contestazione alcuna fra le parti.
Conclusivamente il ricorso principale deve essere respinto ed il ricorso incidentale dichiarato inammissibile.
La reciproca soccombenza giustifica la compensazione integrale delle spese del giudizio di legittimita’.
P.Q.M.
LA CORTE Riuniti i ricorsi, rigetta il ricorso principale, dichiara inammissibile l’incidentale e compensa le spese del giudizio di cassazione.
Così deciso in Roma, il 4 dicembre 2009.
Depositato in Cancelleria il 12 gennaio 2010