Corte di Cassazione, sez. Unite Civile, Sentenza n.262 del 12/01/2010

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LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONI UNITE CIVILI

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CARBONE Vincenzo – Primo Presidente –

Dott. GEMELLI Torquato – Presidente Aggiunto –

Dott. VITTORIA Paolo – Presidente di sezione –

Dott. VIDIRI Guido – Consigliere –

Dott. FINOCCHIARO Mario – Consigliere –

Dott. MAZZIOTTI DI CELSO Lucio – Consigliere –

Dott. SALME’ Giuseppe – Consigliere –

Dott. MACIOCE Luigi – Consigliere –

Dott. SPAGNA MUSSO Bruno – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso 18860/2004 proposto da:

N.G. (*****), S.C., elettivamente domiciliati in ROMA, VIA POMPEO MAGNO 7, presso lo studio dell’avvocato MONACO SORGE CARMINE, rappresentati e difesi dall’avvocato MESSINA Michele, per procura in calce al ricorso;

– ricorrenti –

contro

C.A., BANCA DI CREDITO POPOLARE DI SIRACUSA, CASSA CENTRALE DI RISPARMIO, BANCA DEL SUD, C.B.;

– intimati –

avverso l’ordinanza del TRIBUNALE di SIRACUSA – Sezione esecuzioni civili, depositata il 11/06/2004;

udita la relazione della causa svolta nella Pubblica udienza del 29/09/2009 dal Consigliere Dott. BRUNO SPAGNA MUSSO;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. MARTONE Antonio, che ha concluso per il rigetto enunciando il principio che l’improcedibilità del termine scaduto anche se ordinatorio si applica anche a quello previsto dall’art. 576 c.p.c., comma 1, n. 5.

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

1. – Con provvedimento all’udienza del 10/10/2003, il Tribunale Civile di Siracusa, Sezione Esecuzioni Immobiliari, in composizione monocratica, fissava la vendita relativa al lotto n. ***** nella procedura esecutiva immobiliare n. *****, promossa dalla Banca di Credito Popolare di Siracusa nei confronti di S.C. per il giorno *****, concedendo termine per il deposito della cauzione agli offerenti sino al giorno precedente alla vendita (*****) alle ore 12,00.

L’avv. N.G., intenzionato a partecipare alla vendita per persona da nominare, depositava l’istanza di partecipazione, con i relativi depositi, presso la cancelleria del Tribunale Civile di Siracusa Sezione Esecuzioni Immobiliari in data ***** alle ore 12,10.

In data *****, giorno fissato per la vendita, iniziava l’incanto relativamente al lotto di cui sopra, e preliminarmente il G.O.T. escludeva dalla partecipazione all’incanto l’avv. N., perchè l’istanza di partecipazione alla vendita era stata depositata oltre il termine previsto ed indicato nel provvedimento del G.E. di fissazione dell’incanto. Detto lotto n. ***** veniva aggiudicato a C.A..

2. – Avverso il provvedimento del G.E. di esclusione dalla partecipazione alla vendita, gli odierni ricorrenti proponevano formale opposizione agli atti esecutivi, ai sensi dell’art. 617 c.p.c., adducendo che l’incanto del ***** relativo al lotto n. ***** in questione nella procedura esecutiva immobiliare n. ***** si era svolto in maniera assolutamente irregolare e che pertanto doveva essere dichiarato nullo per l’illegittima esclusione dall’incanto dell’avv. N. il quale non aveva avuto alcuna responsabilità per il ritardo del deposito in cancelleria dell’istanza di partecipazione alla vendita, essendosi presentato negli uffici di cancelleria in tempo utile e precisamente prima dello spirare del temine (soltanto l’affollamento di pubblico nella stanza del cancelliere addetto alla ricezione dell’istanza aveva impedito al ricorrente il deposito della richiesta entro le ore 12,00).

Con provvedimento dell’11/6/2004, il Tribunale Civile di Siracusa rigettava l’opposizione ex art. 617 c.p.c., affermando che: “Il G.E. rilevato che il termine di cui all’art. 576 c.p.c., comma 1, n. 5, può secondo parte della giurisprudenza essere prorogato fino a che non abbia avuto inizio l’incanto; che nella fattispecie l’incanto è stato eseguito; che nessuna proroga può quindi essere concessa; che inoltre con l’inizio dell’incanto e la sua espletazione l’ordinanza di vendita è stata eseguita ed è quindi divenuta irrevocabile…”.

3. – Ricorrono per cassazione N.G. e S. C. con due motivi; non hanno svolto attività difensiva C.A. (aggiudicatario), Banca di Credito Popolare di Siracusa (creditore procedente), Cassa Centrale di Risparmio (creditore intervenuto).

MOTIVI DELLA DECISIONE

1. – Con il primo motivo si deduce: violazione o falsa applicazione dell’art. 576 c.p.c., comma 1, n. 5), in riferimento all’art. 360 c.p.c., n. 3), in quanto il Tribunale Civile di Siracusa, Sezione Esecuzioni Immobiliari, in composizione monocratica, nel rigettare l’opposizione ha disatteso le concordi ed ormai consolidate pronunzie giurisprudenziali che hanno regolato l’istituto relativo al termine ex art. 576 c.p.c., comma 1, n. 5), in assenza di una specifica previsione normativa. Si afferma che la Suprema Corte ha affermato che il termine previsto dall’art. 576 c.p.c., comma 1, n. 5), per il versamento della cauzione, è ordinatorio e non perentorio e, pertanto, può essere prorogato dal giudice dell’esecuzione esplicitamente o implicitamente fino a che non abbia avuto l’inizio dell’incanto; si aggiunge che l’interpretazione di legittimità relativamente agli avverbi “esplicitamente o implicitamente” si riferisce al fatto che il G.E. può in sede di incanto dichiarare espressamente di ammettere alla vendita l’offerente ritardatario, oppure può omettere tale precisazione dichiarando l’apertura dell’incanto in modo da prorogare implicitamente il termine fissato per il deposito della cauzione.

Con il secondo motivo si deduce: violazione o falsa applicazione dell’art. 618 c.p.c., comma 2 e art. 190 c.p.c., in riferimento all’art. 360 c.p.c., n. 3, in quanto con l’ordinanza che si impugna il Tribunale Civile di Siracusa Sezione Esecuzioni Immobiliari ha definito il procedimento di opposizione agli atti esecutivi ex art. 617 c.p.c.. Secondo l’art. 618 c.p.c., il G.E., dopo l’udienza di comparizione delle parti, avrebbe dovuto istruire la causa e decidere successivamente con sentenza non impugnabile. Ed invece, il G.E. dopo l’udienza di comparizione delle parti, ha emesso ordinanza con la quale ha rigettato l’opposizione agli atti esecutivi proposta, omettendo l’udienza destinata per la precisazione delle conclusioni, con conseguente violazione del diritto dei procuratori di depositare memorie conclusionali.

2. – Con ordinanza interlocutoria n. 24318/08, la terza sezione civile, ritenendo la questione di particolare importanza, ha trasmesso gli atti al Primo Presidente che ne ha disposto la rimessione alle Sezioni Unite.

In detta ordinanza si mette in rilievo l’esistenza di due orientamenti della giurisprudenza di legittimità in ordine alla tardiva richiesta di proroga dei termini ordinatori: in base ad un primo orientamento, il decorso del termine ordinatorio non prorogato prima della scadenza produce gli stessi effetti preclusivi della scadenza del termine perentorio; una differente impostazione ritiene, invece, che i termini ordinatori possano essere prorogati anche dopo la scadenza e, comunque, che dalla loro inosservanza non possano derivare effetti preclusivi analoghi a quelli derivanti dal mancato rispetto di un termine perentorio.

L’ordinanza, pertanto, pone il problema interpretativo se tale ultima impostazione possa (sia in considerazione delle finalità del termine ex art. 576 c.p.c., comma 1, n. 5, diretto ad assicurare la congruità dell’offerta, che del generale interesse dei creditori e del debitore di ricavare il maggior prezzo possibile dalla vendita all’asta) ritenersi compatibile con il processo esecutivo, così da evitare l’effetto preclusivo dell’esclusione del ritardatario dalla gara.

Il Collegio si è riconvocato in Camera di Consiglio in data 9.11.2009.

3. – La Corte ritiene necessarie due premesse.

La prima.

I fatti che hanno dato origine alla opposizione agli atti esecutivi proposta dagli attuali ricorrenti non sono controversi.

Se le ragioni di diritto che sono state poste alla sua base e sono state riproposte col primo motivo si rivelassero infondate, ne seguirebbe la necessità che anche il secondo motivo sia rigettato.

I ricorrenti, infatti, sono stati posti nelle condizioni di svolgere in questa sede le difese di diritto che il giudice dell’esecuzione ha impedito loro di svolgere, passando alla decisione della opposizione.

Per converso, una decisione a loro favorevole sul primo motivo consentirebbe, con la cassazione della sentenza, una successiva decisione di merito da parte di questa Corte, nel senso dell’accoglimento della opposizione.

Da ambedue i punti di vista emerge il difetto di interesse al secondo motivo di ricorso, che è dunque da dichiarare inammissibile.

Seconda premessa.

La specifica questione posta col primo motivo si traduce anzitutto nel quesito, se, nel vigore della disciplina del procedimento di vendita con incanto, anteriore alla data in cui nel processo in questione è stata pronunciata l’ordinanza di vendita (*****), il termine per il deposito della cauzione che il giudice dell’esecuzione fissa con l’ordinanza (art. 576 c.p.c., n. 5), ferma restando l’ordinanza ed ogni altra prefissata modalità di svolgimento dell’incanto, possa essere dallo stesso giudice modificato per consentire che un aspirante depositi la cauzione e sia così ammesso a prendere parte all’incanto, dopo che il termine è scaduto e così sino a quando l’incanto non sia aperto.

Solo se a questo quesito si dia risposta affermativa potrà assumere rilievo il profilo che ha portato ad investire le sezioni unite della decisione del ricorso, ovverosia se un termine pur ordinatorio, possa essere prorogato una volta che sia scaduto.

4. – La Corte ritiene che al quesito appena riassunto si debba dare risposta negativa.

Da ciò discende che il ricorso non è fondato.

Queste le ragioni.

5. – L’art. 576 c.p.c., dispone che il giudice dell’esecuzione quando ordina l’incanto, stabilisce, insieme alle altre modalità per il suo svolgimento, l’ammontare della cauzione e il termine entro il quale tale ammontare deve essere prestato dagli offerenti (disposizione questa, contenuta al punto 5 dell’articolo, che nelle espressioni riportate non è stata modificata dalle leggi successive).

Il termine per il deposito della cauzione non è definito perentorio.

In una sua non recente sentenza (15 aprile 1993 n. 4470), la Corte, riprendendo quanto aveva già in precedenza affermato in ambito fallimentare (4 agosto 1975 n. 2971), ha ritenuto che l’aggiudicazione disposta in favore di offerente, che ha depositato la cauzione a termine scaduto, non è affetta da nullità, perchè il termine per il versamento della cauzione non è perentorio e può essere prorogato dal giudice dell’esecuzione, esplicitamente od anche implicitamente fino a che l’incanto non ha avuto inizio.

Nel caso allora deciso, presentatasi ad offrire la sola persona che aveva depositato la cauzione in ritardo ed avvenuta l’aggiudicazione in suo favore, all’aggiudicazione aveva reagito il debitore.

In quell’occasione, nel rigettarne l’opposizione la Corte svolse queste considerazioni:

– il termine ha per destinatario ciascuno degli offerenti;

– la fissazione del termine non incide sulla posizione degli altri offerenti nè su quella del debitore e pertanto non deve essere notificata o comunicata alle parti;

– l’inosservanza del termine non riguarda la regolarità del procedimento di incanto e di vendita nel loro complesso.

In base a queste considerazioni, la Corte ritenne dunque che il debitore non aveva un interesse giuridicamente tutelato al rispetto del termine per il deposito della cauzione.

6. – La Corte osserva che la disposizione dettata dall’art. 567 c.p.c., n. 5) in effetti non qualifica il termine per il deposito della cauzione come perentorio o da osservare a pena di decadenza.

Tuttavia, nella giurisprudenza della Corte si trova più volte affermato, che la natura perentoria del termine può essere tratta dalla sua funzione e perciò il termine può essere perentorio anche in assenza di una sua esplicita qualificazione in tal senso (Cass. 8 febbraio 2006 n. 2787; 5 marzo 2004 n. 4530 tra le altre).

Uno specifico caso relativo proprio alla fase della vendita – nel processo di espropriazione forzata immobiliare – in cui questo problema si è presentato è stato quello del termine di dieci giorni dall’aggiudicazione, stabilito dall’art. 584 c.p.c., comma 1, per presentare offerte dopo l’incanto, ora definito perentorio espressamente (per effetto del D.L. 14 marzo 2005, n. 35, art. 2, comma 3, lett. e, conv. in L. 14 maggio 2005, n. 80), ma una cui qualificazione in tal senso era assente nella disposizione originaria e che tuttavia la dottrina affatto prevalente già riteneva perentorio.

E tale era stato ritenuto anche nella giurisprudenza della Corte (11 maggio 1983 n. 3265; 13 aprile 1977 n. 1389; 19 maggio 1972 n. 1549), pur se, in altra occasione, la Corte ha osservato che, quand’anche ordinatorio, il termine non avrebbe potuto essere prorogato dopo che era inutilmente scaduto (Cass. 29 novembre 1995 n. 12400).

7. – In quest’ottica, si può allora in primo luogo considerare che il procedimento di vendita è contrassegnato da una serie di termini, alla cui inosservanza la sua disciplina riconnette effetti di inefficacia o di decadenza.

Andando a ritroso, a partire dal versamento del prezzo, dispone in questo senso l’art. 587 c.p.c., in rapporto al termine che il giudice dell’esecuzione deve fissare per il versamento del prezzo nella vendita con incanto in base all’art. 576 c.p.c., n. 6), ed all’art. 574 c.p.c., nel caso della vendita con incanto; di quanto è previsto nell’art. 584 c.p.c., comma 1, a proposito delle offerte dopo l’incanto si è appena detto; lo stesso deve dirsi quanto al termine stabilito nell’art. 581 c.p.c., comma 3, quanto alla successiva offerta nella vendita con incanto.

Quanto al tempo del deposito della cauzione nella vendita con incanto e di quanto disponeva ed ora dispone l’art. 576 c.p.c., n. 5) si è già detto.

Quanto alla vendita senza incanto, un termine per la presentazione delle offerte ed il deposito della cauzione avrebbe potuto essere fissato dal giudice, ma nella precedente disciplina una disposizione in tal senso mancava, avendo il legislatore preferito delimitare nel tempo la sola complessiva durata dell’intera fase di vendita (art. 575 ora abrogato); mentre, dopo le modifiche introdotte dalla legge 80 del 2005, è invece espressamente sancito che l’offerta è inefficace se perviene oltre il termine che il giudice dell’esecuzione deve stabilire nella ordinanza di vendita (art. 571 c.p.c., comma 2, in relazione all’art. 569 c.p.c., comma 3).

8. – Si può dunque considerare acquisito da un lato, che la conclusione di considerare il termine di deposito della cauzione come ordinatorio non è imposto dalla mancanza d’una espressa qualificazione contraria nell’art. 576 c.p.c., e dall’altro che l’ordinamento è venuto evolvendo nel senso di completare la catena dei termini che regolano la fase della vendita, espressamente qualificando perentori anche termini afferenti alla stessa fase della presentazione delle offerte.

9. – La Corte osserva, allora, che, dell’ordinanza con cui è autorizzata la vendita, il codice di procedura dispone sia dato pubblico avviso (artt. 570 e 490 c.p.c.) e che attraverso l’avviso di vendita le specifiche condizioni da osservare per il suo svolgimento nel concreto processo di cui si tratta vengono a porsi come le tavole di un procedimento aperto al concorso dei possibili offerenti e che nell’ambito di un tale procedimento il canone base da osservare non può che essere quello della parità tra quanti vengono sollecitati ad offrire.

Parità che può essere rispettata dal giudice solo in quanto tutte le condizioni che regolano lo svolgimento della vendita restino inalterate.

E la prima delle condizioni che richiedono di essere osservate è appunto quella che regola l’accesso al procedimento, giacchè il deposito della cauzione altro non è se non la modalità attraverso la quale la parte che lo esegue manifesta la sua volontà di essersi ammesso a partecipare.

Basta poi pensare al caso che tra la scadenza del termine fissato dal giudice corra uno spazio di tempo di qualche consistenza e l’importo della cauzione da osservare sia di qualche consistenza per comprendere come dal potersi giovare di un tempo più ristretto per depositare la cauzione un offerente potrebbe trovarsi ad affrontare per partecipare all’incanto un costo inferiore degli altri.

Sicchè sarà si sempre possibile al giudice modificare o revocare l’ordinanza di vendita sino a quando l’incanto non sia iniziato (art. 487 c.p.c.), e però solo per ragioni di ordine oggettivo e non per andare incontro ad esigenze manifestate da un singolo potenziale offerente, e comunque unicamente attraverso la sostituzione della precedente con una successiva ordinanza ed una sua rinnovata pubblicazione, da eseguire nei modi prescritti dall’art. 490 c.p.c..

10. – Il potere del giudice dell’esecuzione, di modificare il termine della condizione da lui stabilita per il deposito della cauzione è stato visto, talora, come ineluttabile ricaduta del potere di ordine generale previsto dall’art. 487 c.p.c..

Ed è stato altresì giustificato con la considerazione che ne risulta ampliata l’area dei concorrenti e così aumentata la possibilità di un esito più favorevole dell’incanto.

Se non che nel momento in cui il processo esecutivo si apre al mercato attraverso la provocazione ad offrire è dall’affidamento che i potenziali offerenti possono fare nel rispetto della regola di parità di trattamento ed è dall’ordinato svolgimento delle procedure di vendita, che ci si può attendere un recupero di effettività della tutela giurisdizionale esecutiva, con finale giovamento di tutti i protagonisti del processo, anche del debitore.

Che poi il legislatore per recuperare effettività alla tutela giurisdizionale esecutiva sia venuto facendo un progressivo maggiore affidamento sul miglior funzionamento dei procedimenti di vendita è dimostrato dal potenziamento dell’informazione fornita al mercato (art. 490 c.p.c.) e dalla nuova disciplina della custodia (art. 560 c.p.c.) e della stabilità della vendita e dell’assegnazione forzata (art. 187 bis disp. att. c.p.c.).

10. – Il ricorso è rigettato.

Lo è in base al seguente principio di diritto: – Il termine che il giudice dell’esecuzione fissa nell’ordinanza di vendita per il deposito della cauzione da parte degli offerenti (art. 576 c.p.c., comma 1, n. 5) è perentorio e non può essere perciò prorogato.

Il mancato svolgimento di attività difensiva da parte degli intimati comporta il non doversi provvedere in ordine alle spese della presente fase.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso.

Così deciso in Roma, il 9 novembre 2009.

Depositato in Cancelleria il 12 gennaio 2010

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