Corte di Cassazione, sez. V Civile, Sentenza n.273 del 12/01/2010

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LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MIANI CANEVARI Fabrizio – Presidente –

Dott. BOGNANNI Salvatore – Consigliere –

Dott. PERSICO Mariaida – Consigliere –

Dott. PARMEGGIANI Carlo – Consigliere –

Dott. MARINUCCI Giuseppe – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso proposto da:

MINISTERO DELL’ECONOMIA E DELLE FINANZE, in persona del Ministro in carica pro tempore, e dall’AGENZIA DELLE ENTRATE, in persona del Direttore in carica pro tempore, rappresentati e difesi dall’Avvocatura Generale dello Stato e presso la stessa domiciliati in Roma, alla Via dei Portoghesi n. 12;

– ricorrente –

contro

OPERE e RISTRUTTURAZIONI di PANATTONI RENZO & C. s.a.s., P.IVA ***** – ora di DINI MARILENA & C. s.a.s., con sede in ***** – in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall’avv. TOLOMEI Pietro con studio in Viareggio (LU), viale Carducci n. 18;

– intimata –

avverso la sentenza n. 20/27/05 pronunciata dalla Commissione Tributaria Regionale di Firenze, Sez. 27, il 9 aprile 2005, depositata il 7 maggio 2005 e non notificata.

Udita la relazione della causa svolta nella Pubblica udienza dell’11/11/2009 dal Relatore Cons. Dott. Giuseppe Marinucci;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. ABBRITTI Pietro, che ha concluso per l’accoglimento del ricorso.

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con atto registrato in data *****, la Sig.ra V.M. J. vendeva alla sig.ra D.M. un appartamento sito nel Comune di *****, censito al N.C.E.U. dello stesso Comune con dati censuari da attribuire in ordine alla planimetria di variazione presentata all’UTE di Lucca il 31.10.1983.

In quella sede, le parti concordavano di avvalersi delle disposizioni di cui alla L. n. 154 del 1988, art. 12, per la determinazione del valore dell’immobile e per l’attribuzione della rendita catastale.

In data 9 novembre 2000, l’Ufficio del Registro di Castelnuovo Garfagnana provvedeva a notificare, unitamente al documento di attribuzione di classamento dell’UTE, i relativi avvisi di liquidazione, sia all’acquirente sia al venditore, risultato non più in *****.

Tali avvisi venivano impugnati dalla sig.ra D.M. dinanzi alla Commissione Tributaria Provinciale di Lucca, eccependo la decadenza dell’azione di recupero dell’imposta dal termine biennale in base al D.Lgs. n. 346 del 1990, art. 34, comma 6, e art. 27, comma 3, previsti per i trasferimenti mortis causa, ma estensibili, per analogia, al caso di specie.

L’Ufficio replicava, osservando come la L. n. 154 del 1988, art. 12, avesse introdotto un’ipotesi di pagamento differito dell’imposta, alla quale non si sarebbero potute applicare le disposizioni in tema di decadenza invocate per i trasferimenti mortis causa. La Commissione adita, con la sentenza n. 265/01/01 accoglieva il ricorso della contribuente, ritenendo applicabile alla fattispecie il periodo biennale di decadenza di cui al comma 1 bis dell’art. 76, introdotto dalla L. n. 549 del 1995, art. 3, lett. e), comma 135.

Avverso tale decisione, l’Ufficio interponeva gravame chiedendo che fosse riformata per errata interpretazione dei fatti ed errata applicazione di norme di diritto, ponendo in evidenza come la determinazione della nuova rendita catastale fosse rimasta un fatto incontestato e, come tale, definitivo, dal momento che la contribuente, al riguardo, non avrebbe sollevato alcuna doglianza.

La Commissione Tributaria Regionale di Firenze, con la sentenza n. 20/27/05, pronunciata il 9 aprile 2005 e depositata il 7 maggio 2005, rigettava l’appello dell’Ufficio, confermando la decisione di primo grado.

Avverso tale sentenza, il Ministero dell’Economia e delle Finanze e l’Agenzia delle Entrate proponevano ricorso per cassazione sorretto da un motivo.

Non svolgeva attività difensiva la società, come indicata in epigrafe.

MOTIVI DELLA DECISIONE

Con il primo ed unico motivo del ricorso, l’Amministrazione ha lamentato “violazione e falsa applicazione della L. n. 131 del 1986, art. 76, comma 2, in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3”.

Il convincimento dei giudici di appello si sarebbe formato sull’errato richiamo ad una disposizione di legge che nulla avrebbe, invece, a che vedere con il caso di specie.

Entrambe le Commissioni di merito non avrebbero correttamente valutato la differenza che intercorrerebbe tra i due possibili modi di procedere attuabili da parte dell’Amministrazione finanziaria allo scopo di verificare il valore dei beni immobiliari.

Il primo è il criterio di valutazione automatica previsto dalla L. n. 154 del 1988, art. 12 e richiesto dalla contribuente al momento della stipula del contratto di compravendita, mentre all’accertamento di valore venale dei beni o dei diritti trasferiti, previsto dalla L. n. 131 del 1986, art. 52, comma 1, si correlerebbe la decadenza dei due anni prevista nella L. n. 131 del 1986, art. 76, comma 1 bis, richiamato dai giudici.

Nella fattispecie normativa prevista dall’art. 12 citato, il potere di accertamento verrebbe delegato dallo stesso contribuente, al momento dell’atto di compravendita, all’U.T.E..

In tal caso, all’Ufficio del Registro verrebbe impedita ogni attività di accertamento, dovendo attendere i calcoli dell’Ufficio Tecnico Erariale e limitarsi a recepire, nell’avviso di liquidazione, le indicazioni fornitegli da tale Ente.

Il termine più lungo dei tre anni, stabilito dalla L. n. 131 del 1986, art. 76, comma 2, si spiegherebbe con il fatto che, al momento della registrazione del contratto, l’Ufficio del Registro, vincolato dalla scelta del contribuente di voler procedere alla valutazione automatica, non conoscerebbe i risultati che gli proverranno dalla valutazione eseguita dall’Ufficio Tecnico Erariale.

Nella fattispecie, l’atto sarebbe stato registrato in data 13.11.1997 e, pertanto, il termine per il recupero dell’imposta sarebbe venuto a scadere in data 13.11.2000. Dall’esame dell’atto di liquidazione si evincerebbe la notifica del provvedimento alla data del 09.11.2000, entro, quindi, il termine triennale disposto dalla L. n. 131 del 1986, art. 76, comma 2.

Il ricorso non merita accoglimento.

E’ ormai giurisprudenza consolidata di questa Corte, dalla quale non vi è motivo qui per discostarsi, che in tema di imposta di registro, qualora il contribuente abbia manifestato la volontà di avvalersi del criterio di valutazione automatica previsto dal D.L. 14 marzo 1988, n. 70, art. 12, convertito nella L. 13 maggio 1988, n. 154, in riferimento ad un immobile non ancora iscritto in catasto, la maggiore imposta liquidata dall’Ufficio a seguito dell’attribuzione della rendita catastale ha natura d’imposta complementare, dal momento che la sua determinazione non ha luogo sulla base di elementi desunti dall’atto o comunque indicati dalle parti, ma richiede un’attività ulteriore dell’Amministrazione, avente rilevanza non meramente interna, in quanto produttiva di atti autonomamente impugnabili (Cass. 11752/09; Cass. 9582/07; Cass. 8992/07; Cass. 7177/07; Cass. 3563/05).

Il termine di decadenza dell’azione della finanza per le imposte complementari, ai sensi del D.P.R. n. 131 del 1986, art. 76, è biennale. Consegue il rigetto del ricorso.

Non si ha luogo a provvedere sulle spese di giudizio dal momento che l’intimata non ha svolto attività difensiva.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Tributaria, il 11 novembre 2009.

Depositato in Cancelleria il 12 gennaio 2010

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