Corte di Cassazione, sez. V Civile, Sentenza n.281 del 12/01/2010

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LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MIANI CANEVARI Fabrizio – Presidente –

Dott. MAGNO Giuseppe Vito Antonio – Consigliere –

Dott. BERNARDI Sergio – Consigliere –

Dott. MARIGLIANO Eugenia – Consigliere –

Dott. MARINUCCI Giuseppe – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso proposto da:

MINISTERO DELL’ECONOMIA E DELLE FINANZE, in persona del Ministro in carica pro tempore e dall’AGENZIA DELLE ENTRATE, in persona del Direttore pro tempore, rappresentati e difesi dall’Avvocatura Generale dello Stato presso i cui uffici domiciliano in Roma, via dei Portoghesi 12;

– ricorrenti –

contro

Sig.ra C.M., residente in *****;

– intimata –

avverso la sentenza n. 37/17/04 pronunciata dalla Commissione Tributaria Regionale di Firenze, Sez. 17, il 20 novembre 2004, depositata l’11 dicembre 2004 e non notificata.

Udita la relazione della causa svolta nella Pubblica udienza del 23/11/2009 dal Relatore Cons. Dott. Giuseppe Marinucci;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. PIVETTI Marco, che ha concluso per l’accoglimento del ricorso.

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

La Sig.ra C., nell'*****, acquistava un’azienda esercente attività di ristorazione; nel *****, la concedeva in locazione a terzi, per poi cederla definitivamente all’affittuario nel *****.

Nell’anno d’imposta 1992, la contribuente registrava alcune fatture relative alla ristrutturazione dell’immobile ove veniva svolta l’attività, ed all’acquisto di attrezzature, detraendone l’IVA relativa nella dichiarazione annuale.

L’Ufficio, ritenendo che tali costi non fossero inerenti all’esercizio di un’impresa gestita, peraltro, da un soggetto terzo, notificava alla Sig.ra C. un avviso di rettifica per Euro 24.707,00.

Avverso tale atto impositivo, la contribuente proponeva ricorso dinanzi alla Commissione Tributaria Provinciale di Lucca, sostenendo l’illegittimità della pretesa tributaria, dal momento che la detrazione sarebbe stata operata da un soggetto avente ancora la qualifica di imprenditore e regolarmente documentata da fatture e relative scritture contabili.

La Commissione adita, con la sentenza n. 191/01/2001, accoglieva il ricorso.

Avverso tale decisione, l’Ufficio proponeva appello dinanzi alla Commissione Tributaria Regionale di Firenze, rilevando, tra l’altro, come, di fatto, la contribuente non svolgesse l’attività, gestita da un terzo, limitandosi a percepire i compensi derivanti dalla concessione in affitto della propria azienda.

La C.T.R., con la sentenza n. 37/17/04, pronunciata il 20 novembre 2004 e depositata l’11 dicembre 2004, respingeva il gravame sul presupposto che le spese sarebbero state funzionali all’attività imprenditoriale.

Avverso tale sentenza, il Ministero dell’Economia e delle Finanze e l’Agenzia delle Entrate proponevano ricorso per cassazione sorretto da un motivo.

Non svolgeva attività difensiva l’intimata contribuente.

MOTIVI DELLA DECISIONE

Con il primo ed unico motivo del ricorso, l’Amministrazione ha lamentato “violazione e falsa applicazione del D.P.R. n. 633 del 1972, art. 19, in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3”.

Ai sensi del D.P.R. n. 633 del 1972, art. 19, il diritto alla detrazione IVA sarebbe riconosciuto per l’acquisto di beni e servizi nell’esercizio d’impresa, arte o professione.

Pertanto, non sarebbe sufficiente il possesso della qualifica di imprenditore per godere della detrazione d’imposta di cui alla citata normativa.

L’inerenza dell’attività imprenditoriale andrebbe intesa come riconducibilità dell’acquisto alla specifica attività imprenditoriale svolta e non già una riferibilità comunque sostenibile.

Nella fattispecie, l’inerenza dell’acquisto all’attività imprenditoriale svolta non sarebbe stata propria alla controparte, dal momento che sarebbe indubbio come la gestione dell’azienda, in virtù della quale sarebbero state sostenute le spese in questione, fosse affidata a terzi.

A parere della ricorrente Amministrazione, pertanto, non è legittima la detrazione dell’IVA pagata in rivalsa dalla contribuente per l’acquisto di beni e servizi relativi ad immobili dati in locazione a terzi al di fuori dell’attività propria dell’impresa e, per ciò, non direttamente strumentali alla specifica attività di quel soggetto.

Il ricorso merita accoglimento.

La detrazione di cui al D.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633, art. 19, dell’imposta assolta, dovuta o addebitata a titolo di rivalsa in relazione all’acquisto di beni o servizi effettuato nell’esercizio d’impresa, richiede: a) che i relativi contratti siano stipulati dall’imprenditore in quanto tale; b) l’inerenza dei beni o servizi all’attività di impresa, (ex multis, Cass. 2729/01).

Non è sufficiente pertanto, il possesso della qualifica di imprenditore per godere della detrazione d’imposta di cui alla citata normativa, dovendosi, l’acquisto, collegare all’esercizio dell’attività imprenditoriale cui è funzionalmente connesso. Non basta che i costi vengano sostenuti per una migliore gestione dell’attività, ma devono rientrare nell’oggetto dell’attività dell’azienda.

Nel caso di specie, le spese sostenute dalla contribuente per la ristrutturazione dei locali dati in concessione a terzi non sono inerenti all’attività imprenditoriale in questione, considerato altresì che l’intimata non svolgeva di fatto detta attività, gestita da un terzo, limitandosi a percepire i compensi derivanti dalla concessione in affitto della propria azienda.

Sulla base degli elementi di fatto acquisiti e sopra precisati, è possibile decidere in via definitiva senza necessità di rinvio e, conseguentemente, si deve accogliere il ricorso, cassare la sentenza impugnata e, decidendo nel merito ex art. 384 c.p.c., respingere il ricorso introduttivo della contribuente.

Ricorrono giusti motivi perchè le spese processuali relative all’intero processo siano compensate.

PQM

La Corte accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e, decidendo nel merito, rigetta il ricorso introduttivo della contribuente.

Compensa le spese dell’intero processo.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Tributaria, il 23 novembre 2009.

Depositato in Cancelleria il 12 gennaio 2010

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