Corte di Cassazione, sez. V Civile, Sentenza n.282 del 12/01/2010

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LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MIANI CANEVARI Fabrizio – Presidente –

Dott. MAGNO Giuseppe Vito Antonio – Consigliere –

Dott. BERNARDI Sergio – Consigliere –

Dott. MARIGLIANO Eugenia – Consigliere –

Dott. MARINUCCI Giuseppe – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso proposto da:

Società IL SOLE TRASPORTI E FACCHINAGGIO S.c.a.r.l. in liquidazione, con sede in *****, cod. fisc. *****, in persona del liquidatore sig. L.R., nato a ***** ed ivi residente, cod. fisc. *****, rappresentata e difesa dall’avv. TAVERNA Salvatore ed elettivamente domiciliata presso il suo studio in Roma, viale Regina Margherita n. 262/264;

– ricorrente –

contro

AMMINISTRAZIONE DELL’ECONOMIA E DELLE FINANZE, in persona del Ministro in carica, rappresentata e difesa ex lege dall’Avvocatura Generale dello Stato presso i cui uffici è domiciliata in Roma, via dei Portoghesi 12; nonchè contro l’AGENZIA DELLE ENTRATE, in persona del Direttore pro tempore, rappresentata e difesa dall’Avvocatura Generale dello Stato ed elettivamente domiciliata in Roma, via dei Portoghesi 12; e contro AGENZIA DELLE ENTRATE – SEDE CENTRALE, in persona del Direttore pro tempore, domiciliato per la carica in Roma, via Cristoforo Colombo n. 426 C/D;

– intimati –

avverso la sentenza n. 89/14/05 pronunciata dalla Commissione Tributaria Regionale di Roma, Sez. 14, il 25 maggio 2005, depositata il 23 giugno 2005 e non notificata.

Udita la relazione della causa svolta nella Pubblica udienza del 23/11/2009 dal Relatore Cons. Dott. Giuseppe Marinucci;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. PIVETTI Marco, che ha concluso per il rigetto del ricorso.

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

In data *****, la Guardia di Finanza di Roma eseguiva una verifica incrociata nei confronti della società cooperativa Trasporti Roma, quale cliente della società cooperativa Ostiense Trasporti.

I verificatori, rilevando la contabilizzazione di alcune fatture di notevole importo emesse dalla società cooperativa Il Sole, decidevano di sottoporre anche quest’ultima a verifica generale.

Pertanto, in data *****, il Nucleo Centrale di Polizia Tributaria della Guardia di Finanza redigeva processo verbale di constatazione, ipotizzando, fra gli altri, il rilievo di omessa contabilizzazione e dichiarazione di ricavi per gli anni d’imposta 1990 e 1991.

Recependo le conclusioni della G.d.F., l’allora ***** Ufficio Distrettuale delle Imposte Dirette di Roma notificava alla società Il Sole gli avvisi di accertamento IRPEG ed ILOR n. *****, per l’anno 1990, per complessive L. 6.058.590.000 e n. *****, relativamente al 1991, con cui veniva richiesta la somma complessiva di L. 295.710.000.

Avverso tali atti impositivi, la società contribuente proponeva separati ricorsi dinanzi alla Commissione Tributaria Provinciale di Roma, eccependo la carenza di motivazione degli atti impugnati e l’illegittimo utilizzo delle presunzioni, ai sensi del combinato disposto del D.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, artt. 39 e 42. La Commissione adita, riuniti i ricorsi, con la sentenza n. 172/19/02, li respingeva.

Avverso tale decisione, la cooperativa proponeva appello dinanzi alla Commissione Tributaria Regionale di Roma, censurando il decisum dei primi giudici in punto di difetto di motivazione degli atti impugnati nonchè di illegittimo utilizzo delle presunzioni.

La C.T.R., con la sentenza n. 89/14/05, pronunciata il 25 maggio 2005 e depositata il 23 giugno 2005, respingeva il gravame della società.

Avverso tale sentenza, la società Il Sole Trasporti e Facchinaggio S.c.a.r.l. proponeva ricorso per cassazione sorretto da tre motivi.

Non svolgeva attività difensiva l’intimata Amministrazione Finanziaria.

MOTIVI DELLA DECISIONE

Con il primo motivo del ricorso, la società contribuente ha lamentato “violazione e falsa applicazione del D.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, art. 42, della L. 27 luglio 2000, n. 212, art. 7 e degli artt. 2697, 2700 e 2729 cod. civ.. Insufficiente motivazione su un punto decisivo della controversia (art. 360 cod. proc. civ., nn. 3 e 5)”.

La sentenza impugnata sarebbe gravemente erronea sotto il profilo della carenza di giustificazione della pretesa erariale per difetto assoluto della motivazione per relationem.

L’Ufficio impositore avrebbe motivato l’avviso di accertamento con una sorta di doppio rinvio, sempre per relationem, sia al processo verbale di constatazione redatto dalla Guardia di Finanza direttamente nei confronti della società accertata, sia facendo riferimento agli esiti di indagini che avrebbero coinvolto altri soggetti e di cui la società cooperativa non avrebbe potuto avere completa cognizione, non conoscendone il contenuto nella sua interezza.

L’Ufficio, ai sensi della L. n. 212 del 2000, art. 7, avrebbe dovuto allegare all’avviso di accertamento di cui è causa, gli altri atti a cui avrebbe fatto riferimento nella motivazione.

Circostanza che, a parere dell’odierna ricorrente, non sarebbe avvenuta.

Con il secondo motivo del ricorso, la cooperativa ricorrente ha denunciato “violazione e falsa applicazione del D.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, art. 42 e degli artt. 2697, 2700 e 2729 cod. civ..

Insufficiente motivazione su un punto decisivo della controversia (art. 360 cod. proc. civ., nn. 3 e 5)”.

Il giudice di seconde cure avrebbe insistito nell’affermare la legittimità di un accertamento fondato su un procedimento verbale il quale avrebbe soltanto determinato della presunzioni, ricavando, poi, da queste altre presunzioni.

La ricostruzione resa dalla Guardia di Finanza sarebbe del tutto infondata perchè, sul piano motivazionale, risulterebbe essere entrata nel merito della questione, nella parte “in diritto” della vicenda, formulando ragioni e valutazioni giuridiche assolutamente non consentite. Nel caso di specie, nel citato processo verbale sarebbe possibile riscontrare delle “costruzioni giuridiche” implicanti una serie di riflessioni critiche che avrebbero dovuto essere demandate alla competenza inderogabile dell’Ufficio accertatore.

Le valutazioni dei verbalizzanti non potrebbero ritenersi coperte da efficacia probatoria privilegiata, ex art. 2700 c.c.; motivo per cui gli Uffici finanziari sarebbero tenuti ad operare una valutazione critica dei dati e degli elementi informativi loro forniti dagli organi competenti a svolgere le indagini ispettive.

Nel caso di specie, invece, l’Ufficio avrebbe recepito acriticamente una serie di elementi puramente indiziari, rendendo, quindi, incomprensibili le ragioni che avrebbero condotto i giudici del secondo grado a ravvisare in tali elementi una base incontestabile onde legittimare gli opposti avvisi di accertamento.

I due motivi possono essere oggetto di trattazione congiunta, essendo strutturalmente connessi.

I motivi di censura sono infondati.

Nello stesso ricorso si da atto di aver avuto conoscenza del processo di constatazione emesso a suo carico.

Si evidenzia unicamente che, degli esiti riportati nell’attività di indagine che ha coinvolto altri soggetti, non ha avuto completa cognizione, non conoscendone il contenuto se non nelle parti richiamate dalla Finanza.

Al riguardo è giurisprudenza di questa Corte, dalla quale non vi è qui motivo per discostarsi, che, in tema di motivazione per relationem degli atti d’imposizione tributaria, nel regime delineato dalla L. 7 agosto 1990, n. 241, art. 3, comma 3 – applicabile agli atti posti in essere anteriormente all’entrata in vigore della L. 27 luglio 2000, n. 212, art. 7, ed alla modifica successivamente introdotta, in materia d’imposte sui redditi, dal D.Lgs. 26 gennaio 2001, n. 32, art. 1, comma 1, lett. c), che ha sostituito il D.P.R. 2 9 settembre 1973, n. 600, art. 42, comma 2, ultimo periodo – il rinvio ad altri atti del procedimento comporta per l’Amministrazione Finanziaria l’obbligo d’indicare specificamente l’atto richiamato, nonchè quello di renderlo disponibile al contribuente, cioè di consentirgli, ai sensi dell’art. 22 e segg. della stessa legge, l’accesso al documento che lo incorpori (Cass. 26119/05).

Nel caso di specie, alla luce ut supra, la società ricorrente ha avuto piena conoscenza del processo verbale delle indagini ivi richiamate e non è stata contestata la disponibilità all’accesso ai documenti incorporati in detto processo verbale a suo carico.

Del pari inconferenti sono le censure ai sensi della L. n. 212 del 2000, art. 7, dal momento che, tra l’altro, detta normativa non era entrata in vigore ratione temporis.

Con il terzo ed ultimo motivo, è stata lamentata, da parte della società Il Sole, la “violazione e falsa applicazione del D.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, art. 41, comma 2, e dell’art. 2729 cod. civ..

Omessa pronuncia su un punto decisivo della controversia (art. 360 c.p.c., nn. 3 e 5)”, atteso che la sentenza impugnata avrebbe erroneamente legittimato i pretesi recuperi a tassazione sulla base di una generica percentuale di redditività del 15%.

In realtà, non sarebbe possibile prendere una semplice media e traslarla acriticamente nell’ambito della singola impresa senza il preventivo confronto con dati oggettivi, pena l’inattendibilità della media stessa.

Inoltre, l’Ufficio sarebbe stato tenuto ad avvalorare la propria pretesa impositiva mediante riscontri precisi e dettagliati, cosa che i giudici di merito non avrebbero minimamente considerato.

Le censure sono palesemente infondate.

Nella sentenza impugnata si legge: “presso la Prefettura di Roma non risulta alcuna iscrizione della suddetta Cooperativa.

La stessa non ha presentato la dichiarazione dei redditi dal 1987 e quella IVA dal 1990 (…).

L’accertamento del reddito compiuto dall’Ufficio sì fonda su omissioni diverse e gravi, per i fini che qui interessano, in materia di registrazione di ricavi (mancata registrazione della società presso la locale Prefettura, omessa presentazione della dichiarazione dei redditi per quattro anni consecutivi, mancata annotazione dei ricavi sulle scritture contabili).

(…) D’altro canto, da parte della contribuente si è quasi esclusivamente posto l’accento in un supposto generico difetto di motivazione dell’avviso di accertamento, mentre nulla ha eccepito con riguardo alle gravi omissioni riscontrate”.

Ricorrono, pertanto, le condizioni per l’applicabilità del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 41 e, al riguardo, è giurisprudenza di questa Corte, dalla quale non vi è motivo qui per discostarsi, che l’accertamento delle imposte sui redditi legittimamente (nella specie, per omessa presentazione della dichiarazione dei redditi) effettuato a norma del D.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, art. 41, con il ricorso, da parte dell’ufficio finanziario, a presunzioni anche “supersemplici” – e cioè prive dei requisiti di gravità, precisione e concordanza posti dall’art. 38, comma 3, dello stesso decreto, comporta l’inversione dell’onere della prova a carico del contribuente, che può fornire elementi contrari intesi a dimostrare che il reddito (risultante algebrica di costi e ricavi) non è stato prodotto o che è stato prodotto in misura inferiore a quella indicata dall’Ufficio (ex multis, Cass. 15134/06; Cass. 9755/03;

Cass. 17016/02).

Nel caso di specie, nessuna prova contraria è stata addotta dalla società.

Consegue il rigetto del ricorso.

Non si ha luogo a provvedere sulle spese di giudizio dal momento che le intimate non hanno svolto attività difensiva.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Tributaria, il 23 novembre 2009.

Depositato in Cancelleria il 12 gennaio 2010

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