LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TRIBUTARIA
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. PAPA Enrico – Presidente –
Dott. MAGNO Giuseppe V. A. – rel. Consigliere –
Dott. BERNARDI Sergio – Consigliere –
Dott. BISOGNI Giacinto – Consigliere –
Dott. MARINUCCI Giuseppe – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
sentenza
sul ricorso n. 17765/05 R.G. proposto da:
Ministero dell’Economia e delle Finanze, in persona del Ministro p.t., e Agenzia delle Entrate, in persona del Direttore p.t., domiciliati in Roma, via dei Portoghesi, n. 12, presso l’Avvocatura Generale dello Stato che li rappresenta e difende secondo la legge;
– ricorrenti –
contro
Fondazione Stichiting Trans World Radio Europe – TWR, in persona del legale rappresentante p.t., elettivamente domiciliato in Roma, via Reggio Calabria, n. 6, presso l’Avvocato Bultrini Nicola, rappresentato e difeso dall’Avvocato Romanelli Grimaldi Eugenio per procura conferita con atto Dr. Maria Johanna Anna Laenen, coadiutore del Dr. Petrus Henricus Maria Gerver, Notaio in Amsterdam, del 23 maggio 2002;
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 17/22/05 della Commissione tributaria regionale del Lazio;
depositata il 1.4.2005, notificata il 23.5.2005;
Udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del giorno 27.11.2009, dal relatore Cons. Dott. MAGNO Giuseppe Vito Antonio;
Udito, per i ricorrenti, l’Avvocato dello Stato Sergio Fiorentino e, per la Fondazione controricorrente, l’Avvocato Michele Cuppone, per delega;
Udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. GAMBARDELLA Vincenzo, che ha concluso per il rigetto del ricorso.
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
1.- Dati del processo:
1.1.- L’agenzia delle entrate chiede annullarsi, in base ad un solo motivo, la sentenza indicata in epigrafe, con cui la commissione tributaria regionale, rigettando l’appello proposto dall’ufficio, conferma la sentenza n. 52/12/2004 della commissione tributaria provinciale di Roma, che aveva accolto, ritenendo non perentorio il termine di legge per la presentazione dell’istanza di rimborso, il ricorso proposto dalla Fondazione Stichting Trans World Radio Europe – TWR (società avente sede a *****, senza stabile organizzazione e senza rappresentante in *****) contro il provvedimento di diniego emesso dall’ufficio Roma ***** dell’agenzia delle entrate sulla richiesta, presentata il 7.6.2002, di rimborso dell’IVA concernente periodi d’imposta compresi negli anni 1999 e 2000.
1.2.- La nominata ditta straniera resiste mediante controricorso.
Entrambe le parti hanno presentato memorie illustrative, ai sensi e nei termini dell’art. 378 c.p.c..
2.- Questioni pregiudiziali:
2.1.- Il ricorso per cassazione proposto dal ministero dell’economia e delle finanze è inammissibile, per difetto di legittimazione processuale, dal momento che esso ministero – cui è succeduta l’agenzia delle entrate, a far data dal 1.1.2001, anteriore a quella di deposito dell’atto d’appello (28.4.2004) – s’intende tacitamente estromesso dal relativo giudizio, svoltosi nei soli confronti dell’agenzia delle entrate, ufficio di Roma ***** (Cass. n. 9004/2007).
Nulla devesi decidere in ordine alle relative spese, non essendo ritualmente costituita la controparte, per la ragione esposta al paragrafo seguente.
2.2.- Il controricorso è inammissibile, perchè proposto da difensore non munito di procura speciale, ai sensi dell’art. 370 c.p.c., comma 2, e art. 365 c.p.c., essendo stata rilasciata la procura notarile allegata a tale atto in data (23.5.2002) precedente a quella (1.4.2005) di deposito della sentenza qui impugnata, e non specialmente per il presente giudizio di cassazione, ma “per tutte le cause attive e passive promosse e da promuoversi avanti qualsiasi Autorità Giudiziaria della Repubblica Italiana, in ogni stadio e grado di giudizio” (Cass. n. 1905/2009).
Inammissibile, per conseguenza, e ogni successiva attività processuale, come la partecipazione all’udienza di discussione e la formulazione delle relative conclusioni.
3.- Motivo del ricorso.
3.1.- L’agenzia delle entrate chiede annullarsi la sentenza della commissione regionale, censurandola, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 5., nel punto in cui, con motivazione omessa, insufficiente o contraddittoria, ritiene non perentorio il termine di legge, non rispettato dalla contribuente, per la proposizione della domanda ili rimborso (violazione e falsa applicazione del D.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633, art. 38 ter; art. 7, della 8^ Direttiva CEC n. 1072/79).
4.- Decisione.
4.1.- Il ricorso proposto dall’agenzia delle entrate deve essere accolto, per le ragioni e nei termini di seguito espressi. Previa cassazione della sentenza impugnata, la causa deve essere rinviata ad altra sezione della commissione tributaria regionale del Lazio, che rinnoverà il giudizio attenendosi ai principi di diritto formulati ai par. 5.7, 5.7.1 e vorrà anche provvedere sulle spese di questo giudizio di cassazione.
5.- Motivi della decisione.
5.1.- Il D.M. 20 maggio 1982, art. 1 (pubblicato in G.U. n. 146 del 29.5.1982) stabilisce, al comma 1, che l’ufficio IVA di Roma “provvede alla esecuzione del rimborso … entro il termine di sei mesi dalla data di presentazione della richiesta”; e, al secondo comma, che l’istanza di rimborso, relativa ad un trimestre solare, è “da presentare entro il 30 giugno dell’anno solare successivo a quello cui il trimestre si riferisce”.
La questione dedotta con l’unico motivo di censura concerne la mancata osservanza, da parte della contribuente, di quest’ultimo termine, asserì la mente perentorio, scaduto rispettivamente il 30 giugno 2000 (per l’IVA pagata nell’anno 1999) ed il 30 giugno 2001 (per PIVA pagata nell’anno 2000), essendo stata presentata la domanda di rimborso il 7 giugno 2002.
5.2.- Ritiene il collegio, sulla scorta di giurisprudenza maggioritaria e convincente (Cass. nn. 7181/2009, 5116/2005, 1474/2005, 22563/2004, 3575/2003; contra Cass. nn. 9142/2005, 5559/05, 1013/2005), che il suddetto termine non riveste carattere di perentorietà, non essendo imposto dalla legge, nè da direttive comunitarie, a pena di decadenza.
5.3.- Invero, l’art. 38 ter – inserito nel D.P.R. n. 633 del 1972, dal D.P.R. 30 dicembre 1981, n. 793, art. 16, inteso a dare esecuzione alle direttive Europee e, in particolare, alla ottava (79/1072/CEE, del 6 dicembre 1979), costituenti il vero quadro normativo di riferimento per soggetti comunitari operanti in paese Europeo diverso da quello in cui hanno sede ed organizzazione -, e questa stessa direttiva, non contengono alcuna espressione, in virtù della quale possa ritenersi il legislatore materiale (D.M. cit.) autorizzato ad apporre il carattere di perentorietà al termine per la presentazione dell’istanza di rimborso; carattere che, se attribuito, indurrebbe problemi di compatibilità con la normativa Europea richiamata.
5.4.- Si osserva, in proposito, che fra gli obblighi posti a carico del richiedente dall’art. 3, lett. a), b), d) della suddetta Direttiva, richiamati dal successivo art. 4, non è previsto il rispetto di alcun termine; questo e invece indicato (ma senza connotazione di perentorietà) nell’allegato c), lett. B), della stessa Direttiva; la quale inoltre dispone, all’art. 6, che “gli Stati membri non possono imporre ai soggetti passivi di cui all’art. 2, oltre agli obblighi di cui agli artt. 3 e 4, alcun altro obbligo”;
salvo quello di certificazione della domanda di rimborso, in determinati casi.
Pertanto, non è esatto affermare che il preteso carattere di perentorietà del termine dipenda dal “contenuto dettagliato e preciso” della citata Direttiva.
5.5.- Il legislatore nazionale, uniformandosi a tali principi, ha conseguentemente omesso di qualificare detto termine come perentorio, sia nella norma (art. 38 ter, comma 6) con cui rimette alla fonte secondaria il compito di stabilire, fra l’altro, “le modalità e i termini per la richiesta” dei rimborsi sia nel dare esecuzione a tale compito col D.M. più volte citato.
5.6.- Nessuna argomentazione a favore della perentorietà del termine potrebbe trarsi – in contrasto col principio di letteralità stabilito dall’art. 152 c.p.c., comma 2, – dall’utilizzazione del verbo “dovere”, o di altre analoghe locuzioni, nella direttiva Europea e nella disciplina interna italiana: quest’ultima (D.M. 20 maggio 1982, art. 1, comma 2) usa infatti il verbo “dovere” allorchè si riferisce all’ufficio – che “deve” eseguire il rimborso “entro il termine di sei mesi dalla data di presentazione della richiesta” (comma 1) – non al contribuente, la cui richiesta è “da presentare”, senza connotazioni letterali di perentorietà, “entro il 30 giugno dell’anno solare successivo a quello cui il trimestre si riferisce”.
5.7.- D’altra parte, riconoscere al termine in esame natura non perentoria non significa rendere possibile sine die la richiesta di rimborso da parte de soggetto non residente, dovendo egli osservare comunque il termine biennale (perentorio) stabilito dal D.Lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, art. 21, comma 2, periodo 2, decorrente “dal pagamento ovvero, se posteriore, dal giorno in cui si è verificato il presupposto per la restituzione” (in materia analoga, Cass. n. 526/2007).
Di tale decadenza, stabilita a favore dell’amministrazione, quindi da essa non disponibile (Cass. nn. 1605/2008, 6207/2006, 21575/2004, 10665/2003, 10591/ 2002 ed altre), si deve tenere conto d’ufficio ai sensi dell’art. 2969 c.c., quale causa d’improponibilità dell’azione, non essendosi formato alcun giudicato interno in merito.
5.7.1.- Il compito di verificarne la sussistenza, in relazione a ciascuno dei due periodi cui si riferisce la domanda di rimborso, è rimesso al giudice del rinvio; con la precisazione che il presupposto per la restituzione – non avere effettuato operazioni in *****, a parità di tutte le altre condizioni stabilite dal cit. art. 38 ter, comma 1 – deve intendersi verificato nell’ultimo giorno del periodo inferiore all’anno per cui è chiesto il rimborso; giorno a partire dal quale si compie, in due anni, la decadenza D.Lgs. n. 546 del 1992, ex art. 21.
5.8.- Segue la decisione, nel senso indicato al par. 4.1.
6.- Dispositivo.
PQM
LA CORTE DI CASSAZIONE Dichiara inammissibile il ricorso proposto da ministero dell’economia e delle finanze. Pronunziando sul ricorso proposto dall’agenzia delle entrate, lo accoglie, cassa la sentenza impugnata e rinvia la causa, anche per le spese di questo giudizio di cassazione, ad altra sezione della commissione tributaria regionale del Lazio.
Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Quinta Sezione Civile – Tributaria, il 27 novembre 2009.
Depositato in Cancelleria il 12 gennaio 2010