Corte di Cassazione, sez. V Civile, Sentenza n.310 del 12/01/2010

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LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MIANI CANEVARI Fabrizio – Presidente –

Dott. MAGNO Giuseppe Vito Antonio – rel. Consigliere –

Dott. BERNARDI Sergio – Consigliere –

Dott. PERSICO Mariaida – Consigliere –

Dott. MARIGLIANO Eugenia – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso proposto da:

Ministero dell’economia e delle finanze, in persona del Ministro p.t., e Agenzia delle entrate, in persona del Direttore p.t., domiciliati in Roma, via dei Portoghesi, n. 12, presso l’Avvocatura Generale dello Stato che li rappresenta e difende secondo la legge;

– ricorrenti –

contro

Soc. Brogialdi di Fanfani Mauro & C, s.a.s., in persona del socio accomandatario F.M., elettivamente domiciliati in Roma, via G. Ferrari, n. 35, presso l’Avvocato MARZI Massimo, che lo rappresenta e difende con l’Avvocato Nicola La Rocca per procura speciale a margine del controricorso;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 83/23/04 della Commissione tributaria regionale della Toscana, Sezione staccata di Livorno, depositata il 25.3.2005;

Udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del giorno 9.12.2009 dal relatore Cons. Dott. MAGNO Giuseppe Vito Antonio;

Udito, per la controricorrente, l’Avvocato Massimo Marzi;

Udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. GAMBARDELLA Vincenzo, che ha concluso per l’accoglimento del ricorso.

FATTO E DIRITTO

1.- Dati del processo.

1.1.- Il ministero dell’economia e delle finanze e l’agenzia delle entrate ricorrono, con unico motivo, per la cassazione della sentenza indicata in epigrafe, con cui la commissione tributaria regionale della Toscana, sezione staccata di Livorno, accoglie l’appello proposto dalla contribuente – s.a.s. Brogialdi di Fanfani Mauro & C. – avverso la sentenza n. 328/03/1999 della commissione tributaria provinciale di Livorno, che ne aveva dichiarato inammissibile, per difetto di rappresentanza tecnica processuale, il ricorso contro l’avviso di rettifica concernente la dichiarazione IVA 1995, emesso a seguito d’indagini che avevano condotto alla scoperta di una contabilita’ parallela ed all’accertamento di corrispettivi non contabilizzati per L. 314.431.000.

1.2.- La nominata ditta contribuente resiste mediante controricorso.

2.- Questione pregiudiziale.

2.1.- Il ricorso per Cassazione proposto dal ministero dell’economia e delle finanze ed il controricorso contro il medesimo sono inammissibili, per difetto di legittimazione processuale, dal momento che esso ministero – cui e’ succeduta l’agenzia delle entrate, a far data dal 1.1.2001, anteriore a quella di deposito dell’atto d’appello (18.4.2001) – s’intende tacitamente estromesso dal relativo giudizio, svoltosi nei soli confronti dell’agenzia delle entrate, ufficio di Livorno (Cass. n. 9004/2007).

2.2.- Le relative spese di giudizio debbono essere interamente compensate fra le parti, essendosi formata la giurisprudenza citata in epoca successiva alla proposizione del presente ricorso.

3.- Motivo del ricorso.

3.1.- L’agenzia delle entrate chiede annullarsi la menzionata sentenza della commissione regionale, censurandola, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 5, per violazione del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 54" (recte, D.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633); artt. 112, 115, 116 e 132 c.p.c.; e per omessa o insufficiente motivazione, per avere disatteso, senza motivazione o senza adeguate argomentazioni, la pretesa erariale, ignorando che l’ufficio procede a rettifica delle dichiarazioni IVA anche in base a semplici presunzioni, ricavate nella specie dall’inattendibilita’ delle scritture contabili, che presentavano ripetuti saldi di cassa negativi, e dalla scoperta di una contabilita’ occulta parallela a quella ufficiale; circostanze sulle quali controparte, tenuta alla prova contraria, si era contraddetta, e comunque non aveva fornito spiegazioni valide.

4.- Decisione.

4.1.- Il ricorso dell’agenzia e’ fondato e deve essere accolto. Per conseguenza, previa cassazione della sentenza impugnata, la causa deve essere rinviata ad altra sezione della commissione tributaria regionale della Toscana, che rinnovera’ il giudizio attenendosi a principio di diritto stabilito al par. 5.5, e vorra’ anche provvedere sulle spese del presente giudizio di legittimita’.

5.- Motivi della decisione.

5.1.- La commissione regionale annota (per quanto ancora interessa) che “l’avviso di accertamento scaturisce da un p.v.c. nel quale si riferisce di una agenda da dove si ritiene di poter desumere operazioni fittizie e per cio’ stesso costruite in evasione fiscale”;

nella parte dedicata allo svolgimento del processo, la sentenza registra altresi’ che l’ufficio, nelle controdeduzioni in primo grado, aveva pure sottolineato la riscontrata presenza di “artifici contabili”, come la ripetuta registrazione di versamenti graziosi dei soci, usati per mascherare altrettante operazioni che sarebbero state altrimenti rivelate da saldi negativi di cassa; e che, nelle controdeduzioni in appello, lo stesso ufficio aveva posto in evidenza le contraddizioni in cui sarebbe incorsa la contribuente, per avere giustificato in giudizio l’esistenza di una contabilita’ parallela con argomenti diversi da quelli che il suo rappresentante aveva esposto ai verbalizzanti, in fase ispettiva.

5.2.- Nonostante queste premesse, il giudicante a quo perviene all’annullamento dell’atto impositivo, per avere la contribuente asserito “che i versamenti effettuati in contanti da parte dei soci, risultavano necessari per fronteggiare normali adempimenti anche nei confronti dei fornitori, e tra questi si parla di un prestito bancario che i verbalizzanti avrebbero potuto accertare la sua veridicita’”; e perche’ le contraddizioni riscontrate fra dichiarazioni ai verbalizzanti e difese della stessa contribuente in giudizio sarebbero giustificabili, in considerazione del fatto che il dichiarante “non era certamente in condizioni psicologiche ottimali in presenza di attivita’ ispettiva che veniva esercitata nel proprio negozio”.

5.3.- Le suddette ragioni – del tutto immotivate, con riferimento all’omesso esame degli indizi forniti dall’amministrazione, sotto i profili della gravita’, precisione e concordanza – sono censurabili, innanzitutto, per violazione di legge, giacche’ l’ufficio procedente a rettifica della dichiarazione puo’ rilevarne l’infedelta’ anche “sulla scorta… delle risultanze di altre scritture contabili l’agenda di cui si discute, n.d.r. e degli altri dati e notizie raccolti” nel corso delle indagini ispettive (contraddizioni, inverosimiglianze, ecc); desumendo indirettamente le omissioni e le false o inesatte indicazioni “anche sulla base di presunzioni semplici, purche’ queste siano gravi, precise e concordanti” (D.P.R. n. 633 del 1972, art. 54, comma 2).

5.4.- Cio’ significa, in primo luogo, che l’amministrazione non e’ tenuta a fornire prova certa della sua pretesa, essendo sufficiente la prova presuntiva purche’ nel caso, come il presente, in cui la dichiarazione sia stata presentata e non sia radicalmente contestato l’impianto contabile – questa si basi su indizi dotati dei requisiti suddetti, che il giudice tributario di merito e’ tenuto a valutare;

in secondo luogo, che, a fronte di valide presunzioni, il contribuente e’ onerato della prova contraria.

5.5.- In conclusione, le censure contenute nel motivo di ricorso in esame – corrispondenti alla posizione assunta originariamente dall’ufficio, ragion per cui non sussiste alcuna indebita estensione della materia del contendere, diversamente da quanto sostiene la controricorrente – sono fondate, sia sotto il profilo della violazione di legge, per avere la commissione regionale erroneamente ritenuto che alla contribuente bastasse contestare genericamente la pretesa fiscale, senza dar prova delle proprie affermazioni, e che la veridicita’ di queste dovesse essere accertata dai verbalizzanti; sia per avere completamente omesso di valutare la consistenza delle presunzioni su cui e’ fondato l’atto impositivo, e di dimostrare, con motivazione congrua ed esente da vizi logici, la sussistenza o insussistenza dei requisiti di gravita’, precisione e concordanza degl’indizi.

Di nessun pregio giuridico, in proposito, e’ il richiamo a “condizioni psicologiche” non ottimali del contribuente nel corso dell’ispezione, per giustificare le discrepanze fra dichiarazioni rese ai verbalizzanti e ragioni del ricorso introduttivo: condizioni che, per quanto emerge dalla sentenza impugnata, non sono provate (e nemmeno risulta in quali termini siano state accampate) dal contribuente.

5.6.- Segue la decisione, nel senso indicato al par. 4.1.

6.- Dispositivo.

P.Q.M.

LA CORTE DI CASSAZIONE Dichiara inammissibile il ricorso proposto dal ministero dell’economia e delle finanze e compensa integralmente fra le parti le relative spese; accoglie il ricorso dell’agenzia delle entrate, cassa la sentenza impugnata e rinvia, anche per le spese di questo giudizio di legittimita’, ad altra sezione della commissione tributaria regionale della Toscana.

Cosi’ deciso in Roma, nella camera di consiglio della Sezione Quinta Civile – Tributaria, il 9 dicembre 2009.

Depositato in Cancelleria il 12 gennaio 2010

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