LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TRIBUTARIA
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. PAPA Enrico – Presidente –
Dott. MAGNO Giuseppe Vito Antonio – rel. Consigliere –
Dott. BERNARDI Sergio – Consigliere –
Dott. MARIGLIANO Eugenia – Consigliere –
Dott. DI IASI Camilla – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
sentenza
sul ricorso proposto da:
T.C.C.S. s.r.l., in persona del legale rappresentante p.t., elettivamente domiciliato in Roma, presso la Cancelleria di questa Suprema Corte, rappresentato e difeso dall’Avvocato De Pascale Luigi, che lo rappresenta e difende per procura speciale a margine del ricorso;
– ricorrente –
contro
Comune di Napoli, in persona del Sindaco p.t., domiciliato in Roma, via A. Catalani, n. 26, presso l’Avvocato D’Annibale Enrico, rappresentato e difeso dall’Avvocato Barone Edoardo per procura speciale in calce al controricorso;
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 220/33/05 della Commissione tributaria regionale della Campania, depositata il 13.12.2005;
Udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del giorno 14.12.2009 dal relatore Cons. Dott. MAGNO Giuseppe Vito Antonio;
Udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. FEDELI Massimo, che ha concluso per il rigetto del ricorso.
FATTO E DIRITTO
1.- Dati del processo.
1.1.- La ditta T.C.C.S. s.r.l., esercente autolavaggio ed autofficina, ricorre, con tre motivi, per la cassazione della sentenza indicata in epigrafe che, rigettando l’appello proposto dalla stessa contribuente, conferma la sentenza n. 106/1/2005 della commissione tributaria provinciale di Napoli, che ne aveva rigettato il ricorso contro l’avviso di accertamento notificato il 9.1.2004, recante la somma complessiva di Euro 25.131,21, pretesa dal comune di Napoli a titolo di tassa per lo smaltimento dei rifiuti relativa agli anni 1999, 2000, 2001, 2002 e 2003, sanzioni ed interessi.
1.2.- Resiste il comune di Napoli mediante controricorso.
2.- Motivi del ricorso.
2.1.- La ditta ricorrente censura la sentenza impugnata, e ne chiede la cassazione, per:
2.1.1.- “contraddizione delle pretese del Comune”, per non aver tenuto conto del fatto che, per quanto dichiarato dal comune steso, l’autorizzazione all’esercizio dell’attivita’ di autolavaggio sarebbe stata concessa dalla A.S.L. il *****;
2.1.2.- “carenza di motivazione dell’avviso di accertamento con documentazione non probante”, costituita da risposte ad un questionario, dalle quali non si evince una diversa data d’inizio dell’attivita’, essendo fondato l’accertamento “su presunzioni astratte quali la fornitura ENEL”;
2.1.3.- “falsa ed errata applicazione del D.Lgs. n. 507 del 1993, art. 62, comma 3”, per non aver considerato che essa contribuente avrebbe diritto, in virtu’ della norma citata, all’esenzione dal tributo, avendo stipulato un contratto con una ditta specializzata per la raccolta dei rifiuti speciali.
3.- Decisione.
3.1.- Il ricorso deve essere rigettato, essendo i motivi suesposti inammissibili o infondati, per le ragioni di seguito espresse. Le spese del presente giudizio di cassazione, liquidate in dispositivo, seguono la soccombenza.
4.- Motivi della decisione.
4.1.- Il primo ed il secondo motivo (par. 2.1.1, 2.1.2) sono inammissibili, nelle parti in cui non contengono censure rivolte alla sentenza impugnata, bensi’ all’avviso di accertamento.
4.1.1.- Il secondo motivo, inoltre, e’ infondato nella parte in cui sostiene che la commissione regionale non poteva legittimamente fondare la decisione su “presunzioni astratte” desumibili dalla “carente documentazione” offerta dal comune.
In realta’, il giudicante a quo ha chiarito, con adeguata e coerente motivazione, che la pretesa tributaria e’ fondata su diversi documenti (provenienti dal fornitore di energia elettrica e dall’anagrafe tributaria), ritenuti probanti con insindacabile giudizio di merito, dai quali risulta che l’attivita’ ebbe inizio nel 1999; la sentenza rileva che, a fronte della presunzione legittimamente ricavabile da tali elementi, la contribuente si era limitata ad esibire l’autorizzazione sanitaria, da essa medesima richiesta in data 13.1.2003. Correttamente, pertanto, ne rigetta l’appello, non ritenendo assolto dall’appellante l’onere, che ad essa incombeva, della prova contraria.
4.2.- Il terzo motivo (par. 2.1.3) e’ inammissibile, poiche’ la censura non corrisponde ad alcuna contraria affermazione della sentenza impugnata; senza che peraltro sia denunziata e dimostrata l’omessa pronunzia, ai sensi dell’art. 112 c.p.c. e dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, sulla specifica lagnanza eventualmente contenuta nell’atto d’appello.
5.- Dispositivo.
P.Q.M.
LA CORTE DI CASSAZIONE Rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese di questo giudizio di cassazione, liquidate in complessivi Euro 1.700,00 (millesettecento/00), di cui Euro 1.500,00 (millecinquecento/00) per onorari, oltre spese generali ed accessori di legge.
Cosi’ deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Quinta Civile – Tributaria, il 14 dicembre 2009.
Depositato in Cancelleria il 12 gennaio 2010