LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TRIBUTARIA
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. LUPI Fernando – Presidente –
Dott. D’ALESSANDRO Paolo – rel. Consigliere –
Dott. IACOBELLIS Marcello – Consigliere –
Dott. VIRGILIO Biagio – Consigliere –
Dott. GRECO Antonio – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
sentenza
sul ricorso proposto da:
Agenzia delle Entrate, in persona del Direttore, domiciliata in Roma, via dei Portoghesi 12, presso l’Avvocatura generale dello Stato, che la rappresenta e difende;
– ricorrente –
contro
L.G., elettivamente domiciliato in Roma, via Paolo Emilio 34, presso l’avv. D’Angelo Quirino, rappresentato e difeso dall’avv. Di Bartolomeo Giovanni giusta delega in atti;
– controricorrente –
avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale dell’Abruzzo n. 79/10/07 del 5/9/07.
CONSIDERATO IN FATTO E DIRITTO che il Consigliere relatore, nominato ai sensi dell’art. 377 c.p.c., ha depositato la relazione scritta prevista dall’art. 380 bis c.p.c., nei termini che di seguito si trascrivono:
“L’Agenzia delle Entrate propone ricorso per Cassazione contro la sentenza della Commissione tributaria regionale dell’Abruzzo che ha rigettato l’appello dell’Ufficio contro la pronuncia di primo grado, che aveva accolto il ricorso del contribuente contro il silenzio – rifiuto formatosi su istanze di rimborso IRAP. Il contribuente resiste con controricorso.
Il ricorso contiene un motivo. Puo’ essere trattato in Camera di consiglio (art. 375 c.p.c., n. 5) e rigettato, per manifesta infondatezza, alla stregua delle considerazioni che seguono:
Con l’unico motivo l’Agenzia denuncia la nullita’ della sentenza per difetto assoluto di motivazione, assumendo la mancanza di qualsiasi argomentazione in fatto riguardo all’assunto che l’attivita’ del contribuente si baserebbe esclusivamente sul suo lavoro personale.
Il mezzo e’ manifestamente infondato.
La adeguatezza e sufficienza della motivazione della sentenza di secondo grado deve essere infatti valutata in rapporto ai motivi di appello, che delineano il thema decidendum. Risulta nella specie dalla sentenza impugnata – e la circostanza non appare contestata – che l’Agenzia aveva appellato la pronuncia di primo grado assumendo che sarebbero esenti da IRAP solo le attivita’ saltuarie.
Il giudice tributario ha con tutta chiarezza rigettato tale tesi, in conformita’ alla giurisprudenza di questa Corte, secondo cui, a norma del combinato disposto del D.Lgs. 15 dicembre 1997, n. 446, art. 2, comma 1, periodo 1^, e art. 3, comma 1, lett. c), l’esercizio delle attivita’ di lavoro autonomo di cui al D.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917, art. 49, comma 1, (nella versione vigente fino al 31 dicembre 2003) e al D.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917, art. 53, comma 1, (nella versione vigente dal 1 gennaio 2004) e’ escluso dall’applicazione dell’imposta soltanto qualora si tratti di attivita’ non autonomamente organizzata e il requisito dell’autonoma organizzazione ricorre quando il contribuente:
a) sia, sotto qualsiasi forma, il responsabile dell’organizzazione, e non sia quindi inserito in strutture organizzative riferibili ad altrui responsabilita’ ed interesse;
b) impieghi beni strumentali eccedenti, secondo l’id quod plerumque accidit, il minimo indispensabile per l’esercizio dell’attivita’ in assenza di organizzazione, oppure si avvalga in modo non occasionale di lavoro altrui. Costituisce onere del contribuente che chieda il rimborso dell’imposta asseritamente non dovuta dare la prova dell’assenza delle predette condizioni (Cass. 3676/07 ed altre).
Non risulta nella specie, ne’ viene dedotto dall’Agenzia, che essa contestasse anche l’insussistenza del requisito dell’autonoma organizzazione, cosi’ inteso, cosicche’ deve escludersi la dedotta nullita’”;
che le parti non hanno presentato memorie; che il collegio condivide la proposta del relatore;
che pertanto il ricorso va rigettato, con la condanna della ricorrente al pagamento delle spese, liquidate in Euro 2.200,00, di cui Euro 2.000,00 per onorari, oltre spese generali ed accessori di legge.
P.Q.M.
LA CORTE Rigetta il ricorso e condanna la e ricorrente al pagamento delle spese, liquidate in Euro 2.200,00, di cui Euro 2.000,00 per onorari, oltre spese generali ed accessori di legge.
Cosi’ deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Tributaria, il 2 dicembre 2009.
Depositato in Cancelleria il 13 gennaio 2010