Corte di Cassazione, sez. Lavoro, Sentenza n.360 del 13/01/2010

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LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. ROSELLI Federico – Presidente –

Dott. MONACI Stefano – rel. Consigliere –

Dott. DI NUBILA Vincenzo – Consigliere –

Dott. IANNIELLO Antonio – Consigliere –

Dott. MELIADO’ Giuseppe – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso 20235-2007 proposto da:

G.C., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA G. B.

MORGAGNI 22, presso lo studio dell’avvocato MARSILI ANDREA, rappresentato e difeso dagli avvocati MIRABELLI CARMELA, URSO MASSIMO, giusta mandato a margine del ricorso;

– ricorrente –

contro

BANCA NAZIONALE DEL LAVORO S.P.A., in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA PO 25/B, presso lo studio dell’avvocato PESSI ROBERTO, che la rappresenta e di fende, giusta procura speciale atto notar MARIO LIGUORI di Roma del 3/08/07, rep. 150629;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 609/2006 della CORTE D’APPELLO di REGGIO CALABRIA, depositata il 20/10/2006 r.g.n. 713/05;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 10/11/2009 dal Consigliere Dott. STEFANO MONACI;

udito l’Avvocato CURZIO CICALA per delega MIRADELLI CARMELA e URSO MASSIMO;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. FUCCI Costantino, che ha concluso per il rigetto del ricorso.

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Il giudizio ha per oggetto l’impugnazione da parte del signor G.C., già dipendente della Banca Nazionale del Lavoro (BNL), del licenziamento dalla banca.

Il licenziamento veniva ritenuto legittimo dalla sentenza di primo grado, confermata da quella di appello. Il caso veniva sottoposto una prima volta a questa Corte di legittimità che, con sentenza n. 23752/04, depositata il 22 dicembre 2004, rigettava i primi due motivi del ricorso del G., ed accoglieva il terzo, rinviando per un nuovo esame alla Corte d’Appello di Reggio Calabria.

La pronunzia riteneva, infatti, che non fosse stata compiuta una effettiva analisi del rapporto di causalità logica tra la circostanza – indicata a sostegno dell’esistenza di una tempestività relativa – della possibilità (o meno), dell’istituto bancario, di rendersi conto tempestivamente dell’equivoca esposizione di un determinato cliente, e la decisione giuridica data alla controversia.

La causa veniva riassunta dinanzi al giudice di rinvio, che, con sentenza n. 609/2006, in data 29 settembre/20 ottobre 2006, rigettava nuovamente l’appello del G..

Avverso la sentenza, che non risulta notificata, lo stesso G. ha proposto ricorso per cassazione, con due motivi, notificato, in termine, il 14 luglio 2007.

L’intimata BNL ha resistito con apposito controricorso, notificato, in termine, il 21 agosto 2007, ed ha depositato successivamente una memoria difensiva.

MOTIVI DELLA DECISIONE

1. Nel primo motivo di impugnazione il ricorrente denunzia l’omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione circa punti decisivi della controversia, denunziati dalle parti.

Il G. critica la ricostruzione dei fatti effettuata da parte del giudice di rinvio, sottolineando che era stato trasferito dall’agenzia di ***** all’agenzia di ***** nel *****, e che dopo di allora non aveva potuto porre in essere gli atti che gli erano stati imputati, diretti ad impedire che la verifica dell’entità dell’esposizione del conto del cliente, ed a permettere a quest’ultimo di continuare ad usufruire dello scoperto di conto corrente.

Il giudice di rinvio, inoltre, non avrebbe tenuto contro del contenuto – idoneo a dimostrare che la banca conosceva fin dai primi mesi del ***** i fatti contestati al G. – di una lettera del ***** del direttore della Filiale di *****.

Secondo il ricorrente sarebbe stata del tutto inventata, peraltro, la circostanza posta a base della decisione, secondo la quale la banca si era posta in allerta solo quando l’esposizione del cliente aveva raggiunto la somma di L. 50 milioni.

Le circostanze erano giù note al centro rischi della BNL. Il ricorrente sottolinea poi la rilevanza della sua promozione a quadro, che – a suo parere – non sarebbe stata possibile senza una verifica, da parte dell’istituto, del comportamento del dipendente e della sua diligenza nel periodo precedente alla promozione. Dunque il lungo ritardo tra i fatti contestati e la contestazione disciplinare non poteva che essere ascritto a colpa della BNL, che non aveva organizzato le proprie strutture con la necessaria tempestività.

Nel secondo motivo di impugnazione il G. denunzia la violazione e falsa applicazione della L. n. 300 del 1970, art. 7 e degli artt. 2119 e 2697 c.c. nonchè la violazione del principio di immediatezza della contestazione e del principio di buona fede.

Secondo il ricorrente la non immediatezza della contestazione induceva a ritenere che il datore avesse inteso soprassedere al licenziamento ritenendo che la colpa del lavoratore non fosse grave, o comunque non tale da giustificare il recesso.

2. Il ricorso non è fondato.

Le censure proposte sono parzialmente inammissibili perchè si risolvono nella riproposizione di questioni di fatto, relative alla valutazione delle prove e alla ricostruzione degli eventi, in particolare sul punto specifico della tempestività della contestazione, che appunto perchè attengono al fatto e non al diritto, non sono suscettibili di un ulteriore esame (che in questo caso specifico sarebbe il quarto, dopo quelli del giudice di primo grado, del giudice di appello e del giudice di rinvio) in questa fase di legittimità.

Nè sussiste il lamentato difetto di motivazione.

La motivazione della sentenza impugnata appare completa e puntuale, e spiega in dettaglio, attraverso un percorso logico continuo, che esamina ad uno ad uno i singoli punti, le ragioni per le quali nel caso specifico la contestazione non era stata tardiva. La Corte d’Appello Reggio Calabria ha ritenuto, in particolare, cha la richiesta di ispezione inoltrata nel ***** da parte dell’Agenzia di ***** (presso cui fino a poco tempo prima aveva lavorato il G.) non poteva ritenersi tardiva, perchè solo allora aveva raggiunto una particolare consistenza l’esposizione debitoria (di un cliente risultato peraltro fantomatico) resa possibile dal comportamento illecito del signor G., che in precedenza aveva operato in maniera tale da impedire che venisse effettuata qualsiasi verifica della posizione del cliente.

In questo modo il giudice di rinvio ha assolto pienamente al compito che gli era stato affidato da questa Corte nella prima sentenza di legittimità (quella n. 23752/04), effettuando in maniera compiuta, così come disposto in questa ultima, l’analisi della sussistenza tempestività “relativa”, e dimostrando così che la banca si era trovata nell’impossibilità di percepire tempestivamente l’equivoca esposizione dell’asserito cliente, e, soprattutto, l’entità di essa.

3. Il ricorso perciò è infondato e non può che essere rigettato.

Le spese, liquidate nella misura indicata in dispositivo, vanno poste a carico del ricorrente secondo il principio della soccombenza.

P.Q.M.

la Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente alle spese che liquida in Euro 30,00 oltre ad Euro 2.000,00 (duemila/00) per onorari, oltre a spese generali, I.V.A. e C.P.A..

Così deciso in Roma, il 10 novembre 2009.

Depositato in Cancelleria il 13 gennaio 2010

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