LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE LAVORO
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. ROSELLI Federico – Presidente –
Dott. VIDIRI Guido – Consigliere –
Dott. LA TERZA Maura – Consigliere –
Dott. DI CERBO Vincenzo – rel. Consigliere –
Dott. NOBILE Vittorio – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
sentenza
sul ricorso 21657-2006 proposto da:
MINISTERO DELL’ECONOMIA E DELLE FINANZE, in persona del Ministro pro tempore, domiciliato in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12, presso L’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e difende ope legis;
– ricorrente –
contro
D.M.A., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA CALABRIA 56, presso lo studio dell’avvocato D’AMATO ANTONIO, che lo rappresenta e difende unitamente all’avvocato CHIANESE SERENA giusta delega a margine del controricorso;
– controricorrente –
e contro
I.N.P.S. – ISTITUTO NAZIONALE DELLA PREVIDENZA SOCIALE, in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA DELLA FREZZA N. 17, presso l’Avvocatura Centrale dell’Istituto, rappresentato e difeso dagli avvocati PULLI CLEMENTINA, BIONDI GIOVANNA, VALENTE NICOLA, RICCIO ALESSANDRO, giusta delega in calce alla copia notificata del ricorso;
– resistente con mandato –
avverso la sentenza n. 3742/2005 del TRIBUNALE di NAPOLI, depositata il 21/11/2005 R.G.N. 46914/1997;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 05/11/2009 dal Consigliere Dott. VINCENZO DI CERBO;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. ABBRITTI Pietro che ha concluso per l’accoglimento del ricorso.
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
IlTribunale di Napoli, in riforma della sentenza di prime cure, ha condannato il Ministero del Tesoro (divenuto poi Ministero dell’Economia e delle Finanze) al pagamento, in favore di D.M. A., della somma di Euro 24518,73, oltre interessi legali dal 14 aprile 1992 al saldo, a titolo di interessi legali e rivalutazione monetaria maturati su ratei relativi a prestazioni assistenziali. Ha rigettato invece la domanda proposta dal D.M. nei confronti dell’INPS. In particolare il giudice del merito affermava che il credito azionato, in quanto derivante da crediti assistenziali, era sottoposto a termine di prescrizione decennale. Sotto altro profilo, premesso che il credito concernente la rivalutazione e gli interessi legali ha la stessa natura del credito relativo alla prestazione previdenziale o assistenziale, attribuiva agli atti di riliquidazione posti in essere dal Ministero il valore di riconoscimento di debito anche per i accessori e quindi affermava la loro efficacia interruttiva del termine prescrizionale.
Per la cassazione di tale sentenza propone ricorso il Ministero dell’Economia e delle Finanze affidato ad un unico motivo. D. M.A. resiste con controricorso. L’INPS è rimasta intimata.
MOTIVI DELLA DECISIONE
Con l’unico motivo l’Amministrazione ricorrente deduce violazione o falsa applicazione degli artt. 2943 e 2944 cod. civ. nonchè vizio di motivazione in relazione alla statuizione della sentenza impugnatacene ha escluso l’estinzione del credito azionato per intervenuta prescrizione. Deduce infatti che, secondo il consolidato insegnamento della giurisprudenza di legittimità, non è possibile attribuire a una nuova liquidazione degli arretrati relativi a benefici assistenziali valore di riconoscimento del debito anche per gli accessori con conseguente effetto interruttivo della prescrizione relativamente a questi ultimi. Manca infatti nella fattispecie la condizione prevista dalla citata giurisprudenza secondo cui per aversi il suddetto effetto interruttivo occorre che l’ente erogatore abbia considerato parziale il pagamento con riserva di provvedere successivamente al versamento di somme ulteriori.
Da ciò consegue, ad avviso dell’Amministrazione ricorrente, che, anche a voler considerare applicabile al caso di specie il termine decennale di prescrizione, il diritto fatta valere in giudizio era comunque almeno in parte estinto a ai sensi dell’art. 2943 c.c., comma 1 alla data della notifica del ricorso introduttivo del giudizio di primo grado avvenuta il 12 settembre 1994.
Il ricorso è fondato.
Come risulta da quanto fin qui esposto l’Amministrazione ricorrente non contesta il principio, peraltro pacifico in giurisprudenza (cfr.
Cass. S.U. 25 luglio 2002 n. 10955), della prescrizione decennale relativamente ai crediti concernenti rivalutazione e interessi sulle prestazioni carattere previdenziale o assistenziale; l’oggetto della censura è riferito esclusivamente alla statuizione secondo cui le nuove liquidazioni delle somme dovute dovrebbero essere considerate come riconoscimento di debito anche relativamente agli accessori e quindi, nei confronti di questi ultimi, dovrebbero avere efficacia interruttiva del termine di prescrizione decennale.
La censura è fondata. Con la sentenza prima citata le S.U. della S.C. dopo aver affermato che il credito per rivalutazione monetaria ed interessi legali, dovuti sui ratei delle prestazioni assistenziali corrisposti in ritardo, si prescrive in dieci anni a decorrere, per le somme calcolate sul primo rateo, dal centoventunesimo giorno successivo alla presentazione della domanda amministrativa di prestazione e, per le somme calcolate con riferimento ai ratei successivi, dalla scadenza di ciascuno di essi, hanno altresì precisato che non si può attribuire al mero pagamento dei ratei arretrati l’effetto interattivo di cui all’art. 2944 cod. civ., salvo che il solvens non abbia considerato parziale il pagamento stesso, con riserva di provvedere successivamente al versamento di somme ulteriori. In senso conforme cfr., ex plurimis, Cass. 8 maggio 2003 n. 7030 nonchè, da ultimo, Cass. 23 febbraio 2009 n. 4353.
Poichè nel caso di specie non risulta (non essendo mai stato allegato) che l’atto di riliquidazione del credito assistenziale contenesse alcuna riserva di provvedere successivamente al versamento di somme ulteriori, la censura formulata dall’Amministrazione ricorrente deve essere accolta.
La sentenza deve essere pertanto cassata con rinvio ad altro giudice, designato in dispositivo, il quale, in applicazione dei principi sopra affermati, dovrà verificare se sussista ancora un credito del D.M. derivante dalle causali de quibus e non prescritto e, in caso positivo, ne determinerà l’ammontare. Il giudice del rinvio provvedere altresì, ex art. 385 cod. proc. civ., sulle spese del giudizio di legittimità.
P.Q.M.
La Corte accoglie il ricorso, cassa e rinvia anche per le spese alla Corte d’appello di Napoli.
Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 5 novembre 2009.
Depositato in Cancelleria il 13 gennaio 2010