LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SECONDA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. ELEFANTE Antonino – Presidente –
Dott. MALZONE Ennio – Consigliere –
Dott. PICCIALLI Luigi – Consigliere –
Dott. ATRIPALDI Umberto – rel. Consigliere –
Dott. GIUSTI Alberto – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
sentenza
sul ricorso 7004/2004 proposto da:
L.G., M.A., elettivamente domiciliati in ROMA, VIA RONCIGLIONE 3, presso lo studio dell’avvocato GULLOTTA FABIO, che li rappresenta e difende unitamente all’avvocato PAOLO DE ANGELIS;
– ricorrenti –
contro
P.F., PU.MA., elettivamente domiciliati in ROMA, PLE CLODIO 12, presso lo studio dell’avvocato AGOSTA GIUSEPPE, rappresentati e difesi dall’avvocato BRESCI GIANCARLO;
– controricorrenti –
e contro
CONDOMINIO VIA ***** IN PERS AMM C.L.;
– intimati –
avverso la sentenza n. 152/2003 della CORTE D’APPELLO di FIRENZE, depositata il 07/02/2003;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 09/07/2009 dal Consigliere Dott. UMBERTO ATRIPALDI;
udito l’Avvocato ABENAVOLI Ivana, con delega depositata in udienza dell’Avvocato GULLOTTA Fabio, difensore dei ricorrenti che ha chiesto rinvio per deposito cartolina ricevuta;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. MARINELLI Vincenzo, che ha concluso per improcedibilità in subordine rigetto del ricorso.
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
L.G. e M.A. hanno impugnato, nei confronti di P.F., con ricorso notificato il 12.3.04, la sentenza della Corte di Appello di Firenze, notificata il 16.1.04, che, in riforma da quella di 1^ grado, ha dichiarato che il sottetto sovrastante l’ultimo piano dell’edificio condominiale sito in ***** è di proprietà comune.
Lamentano: 1) la violazione dell’art. 2697 c.c., omissione, contraddittorietà, illogicità della motivazione; atteso che il Giudice di Appello non aveva capito che per rendere abitabile il sottotetto era indispensabile eseguire importanti opere fra le quali l’abbassamento del piano di calpestio sfruttando la quota delle stanze del suo sottostante appartamento; 2) la violazione degli artt. 817 e 1117 c.c., insufficiente, omessa, contraddittoria motivazione, travisamento dei fatti, illogicità manifesta; dato che la Corte di Appello non aveva verificato se il sottotetto potesse essere oggettivamente destinato all’uso comune o fosse invece destinato, per essere sprovvisto di solaio idoneo a sopportare il peso di persone, essenzialmente ad isolare e proteggere il suo sottostante appartamento, come affermato dal giudice di 1^ grado sulla base degli effettuati accertamenti tecnici; considerato che un solaio incannucciato, ed una struttura tenuta insieme soltanto da un sottile getto di cemento non garantiscono la portata di persone e cose; mentre “la presenza di un muro che divide il sottotetto per tutta la lunghezza del fabbricato era assai significativa della precarietà del sottotetto visto che esso impedisce l’accesso sia alla parte incannucciato che a quella in getto”; ed in ogni caso, come emergeva dalla C.T.U., l’accesso al sottotetto era estremamente difficile perchè molto pericoloso, come evidenziato nella sentenza di 1^ grado; donde era evidente la contraddizione logica dell’impugnata sentenza che definiva “comoda mansarda” il sottotetto la cui altezza media era di mt. 1,14. Gli intimati resistono.
All’udienza del 9.5.08 è stata disposta l’integrazione del contraddittorio nei confronti del Condominio. Il ricorrente ha provveduto a tale incombente entro il prescritto termine.
MOTIVI DELLA DECISIONE
Affetti da inammissibilità si manifestano i due motivi del ricorso che per l’intrinseca connessione si esaminano congiuntamente.
Infatti con essi i ricorrenti reclamano, in raltà, una non consentita rinnovazione delle valutazioni in fatto della Corte di merito; che con adeguata motivazione, immune da vizi logici, sulla base degli acquisiti elementi probatori, ha ritenuto che il sottotetto in questione, così come strutturato, sia oggettivamente destinato all’uso comune; e quindi legittimamente, in conformità alla consolidata giurisprudenza di questa Corte, ha escluso l’esistenza di un vincolo pertinenziale col sottostante appartamento.
Ciò non solo perchè la volontà dei ricorrenti di renderlo addirittura abitabile si poneva in evidente contraddizione con l’assunto che potesse servire solo ad isolare e proteggere il loro appartamento, ma soprattutto in considerazione di inequivoci elementi strutturali, quali l’ubicazione nel vano scala condominiale del suo unico accesso, l’altezza massima utile di mt. 1,98 e la presenza di un vero e proprio piano di calpestio con esclusione delle sole zone (incannucciato) rese impraticabili dall’inclinazione del tetto. Elementi tutti ritenuti, con logica e perciò insindacabile valutazione, di per sè idonei a rendere lo spazio in questione oggettivamente utilizzabile, quale mansarda, dai condomini.
Al rigetto segue la condanna alle spese.
P.Q.M.
rigetta il ricorso e condanna i ricorrenti alle spese in Euro 1.700,00 di cui 1.500,00, per onorari.
Così deciso in Roma, il 9 luglio 2009.
Depositato in Cancelleria il 13 gennaio 2010