LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SECONDA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. SCHETTINO Olindo – Presidente –
Dott. MALZONE Ennio – Consigliere –
Dott. GOLDONI Umberto – rel. Consigliere –
Dott. PICCIALLI Luigi – Consigliere –
Dott. MAZZACANE Vincenzo – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
sentenza
sul ricorso 22219/2005 proposto da:
C.B.M.T., C.F. *****
elettivamente domiciliata in ROMA, VIA BALDO DEGLI UBALDI 66, presso lo studio dell’Avvocato RINALDI GALLICANI SIMONA, rappresentata e difesa dall’Avvocato FIORILLO REMIGIO;
– ricorrente –
contro
S.C.;
– intimato –
e contro
S.G., C.F. *****, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA MONTESANTO 52 presso lo studio dell’Avvocato BACCARI ANTONIO, rappresentato e difeso dall’Avvocato BIFULCO GIOACCHINO FABIO con proc. spec. notarile rep. n. 99901, del 17/02/09, Notaio Dott. Maria Grazia Iannitti di Terzigno;
– controricorrente –
sul ricorso 25562/2005 proposto da:
S.C., C.F. *****, elettivamente domiciliato in ROMA, PIAZZA G. MAZZINI 27, presso lo studio dell’Avvocato NICOLAIS LUCIO, rappresentato e difeso dall’Avvocato LANZARA CORRADO;
– c/ricorrente e ric. inc. –
contro
C.B.M.T., C.F. *****, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA BALDO DEGLI UBALDI 66, presso lo studio dell’Avvocato RINALDI GALLICANI SIMONA, rappresentata e difesa dall’Avvocato FIORILLO REMIGIO;
– controricorrente inc. –
e contro
S.G. C.F. *****, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA MONTESANTO 52 presso lo studio dell’Avvocato BACCARI ANTONIO, rappresentato e difeso dall’Avvocato BIFULCO GIOACCHINO FABIO con proc. spec. notarile rep. n.99901, del 17/02/09, Notaio Dott. Maria Grazia Iannitti di Terziglio;
– c/ricorrente al ric. inc. –
avverso la sentenza n. 1273/2005 della CORTE D’APPELLO di NAPOLI, depositata il 29/04/2005;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 27/10/2009 dal Consigliere Dott. UMBERTO GOLDONI;
udito l’Avvocato FIORILLO GIORGIO, difensore della ricorrente C.B.M.T., che si riporta agli atti;
udito l’Avvocato BIFULCO GIOACCHINO FABIO, difensore del controricorrente al ricorso incidentale S.G., che si riporta agli atti;
udito l’Avvocato LANZARA CORRADO, difensore del controricorrente e ricorrente incidentale S.C., che si riporta agli atti;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. GOLIA Aurelio, che ha concluso per il rigetto del ricorso principale;
l’inammissibilità del ricorso incidentale di S.C.;
l’assorbimento del ricorso incidentale di S.G..
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Premesso che in una scrittura privata in data 27.1.1986, sottoscritta da S.C. e da C.M., coniugi, per regolare gli aspetti patrimoniali in vista della loro separazione, era stata inserita una clausola in forza della quale il marito rilasciava procura a favore della moglie per vendere un immobile sito in ***** a se stessa o ad uno o più dei loro figli, il S. esponeva che nonostante la separazione non avesse avuto luogo ed egli avesse provveduto a revocare la suddetta procura in data 16.9.1986 e 8.4.1991, la C. aveva provveduto a vendere al figlio G. l’immobile de quo in data 2.5.1991, per il prezzo dichiarato di L. 100.000.000; citava dunque, con atto del 4.11.1991, S.G. e C.M. per sentir dichiarare nullo od inefficace per difetto dei poteri rappresentativi l’atto di vendita in questione, con condanna dei convenuti al risarcimento dei danni conseguiti.
La C. chiedeva il rigetto della domanda attorea e spiegava domanda riconvenzionale; G. chiedeva anch’esso il rigetto della domanda attorea. Con sentenza parziale il tribunale di Napoli dichiarava la contumacia della C., che si costituiva nuovamente in giudizio, reiterando tutte le precedenti domande; con sentenza del 1.5.6.2001, l’adito Tribunale rigettava tutte le domande e compensava le spese.
Proponeva appello S.C., concludendo nel senso che l’atto fosse dichiarato nullo od inefficace o, in subordine, accertato che l’atto stesso dissimulava una donazione, nulla per difetto di forma, tanto si pronunziasse, e che, in caso di mancato accoglimento di tali richieste, gli appellati fossero condannati in solido ai danni conseguiti alla perdita di proprietà del bene o dal mancato godimento dello stesso.
La C. si costituiva e proponeva appello incidentale.
Con sentenza in data 21/29.4.2005, la Corte di appello di Napoli accoglieva l’appello principale e rigettava quello incidentale, regolando le spese.
Osservava la Corte partenopea che la scrittura de qua non poteva avere forza vincolante con riferimento ad una pretesa irrevocabilità della procura sia che la stessa fosse considerata autonomamente, sia strettamente col legata e quasi integrativa della stessa. Infatti, essa aveva una sua ragion d’essere che ne giustificava l’efficacia solo ove si fosse realizzato il presupposto per cui la scrittura era stata stipulata, cosa invece pacificamente non avvenuta, atteso che i coniugi avevano ripreso la convivenza.
Sulla procura a vendere, normalmente revocabile, non poteva quindi spiegare influenza una scrittura privata che in concreto si rivelò inefficace per il mancato verificarsi del presupposto in vista del quale era stato previsto il trasferimento dell’immobile.
L’equiparazione poi di tale scrittura ad un documento attestante l’avvenuta vendita dell’immobile de quo non poteva avere pregio, atteso che allo stesso non poteva essere attribuita la valenza di un contratto di compravendita, non risultando l’essenziale elemento del prezzo; nè la situazione era poi integrata dal richiamo al rilascio di una procura, stante la mancanza anche nella procura, di elementi atti a determinare il prezzo.
Stabilita l’autonomia della procura, la stessa risultava regolarmente revocata con atto del 16.9.1997, atteso che la notifica era stata corretta, cosa questa che comportava che la C. agì come falsus procurator, donde l’inefficacia del negozio; il terzo acquirente di un bene a non domino, poi, può solo invocare l’usucapione abbreviata, i cui presupposti non sussistevano nel caso di specie; ancora, era convincimento del Collegio che posto che la procura era stata rilasciata per vendere esclusivamente al figlio, e che questi conviveva all’epoca con i genitori, questi fosse stato posto in condizioni di conoscere l’avvenuta revoca.
Quanto all’appello incidentale della C. lo stesso era ammissibile, atteso che di fronte al GOA a cui era stata rimessa la causa, si tenne una udienza in cui è previsto il tentativo di conciliazione e che è pertanto da considerarsi istruttoria, ma infondato, atteso che non era in atti la prova che il foglio, separato, in cui era contenuta la procura fosse materialmente congiunto alla comparsa di costituzione della donna, come del resto contribuivano a lasciar ritenere la mancanza di indicazione dell’atto a cui doveva risultare congiunta, la mancanza di una numerazione e/o di un timbro di congiunzione all’atto a cui si riferiva, la mancanza di attestazione del Cancelliere della data di deposito di un foglio già congiunto alla comparsa, oltre ad altri elementi.
La mancanza di una valida procura, rendeva la domanda riconvenzionale non tempestivamente proposta, donde il rigetto dell’appello incidentale. Per la cassazione di tale sentenza ricorre, sulla base di cinque motivi, C.B.M.T.; resiste con controricorso S.C., che ha spiegato ricorso incidentale, basato su cinque motivi, cui la C. resiste con controricorso. Il processo, rinviato una prima volta in attesa della decisione delle Sezioni unite circa la natura del vizio afferente ad una notifica del ricorso effettuata al difensore di primo grado di una parte, è stato poi rinviato di nuovo per integrare il contraddittorio nei confronti di S.G., che ha resistito con controricorso ed ha proposto ricorso incidentale articolato su tre motivi.
Le parti che già in occasione delle precedenti udienze avevano presentato memorie, anche nell’imminenza della presente udienza hanno tutte presentato memorie.
MOTIVI DELLA DECISIONE
I tre ricorsi, principale ed incidentali, sono rivolti avverso la stessa sentenza e vanno pertanto riuniti a norma dell’art. 335 c.p.c..
Con il primo motivo del ricorso principale si lamenta violazione della L. n. 890 del 1982, artt. 7 e 8, con riferimento agli artt. 140 e 143 c.p.c., nonchè omessa insufficiente o contraddittoria motivazione, con riferimento alla valutazione dell’atto di ricezione della revoca della procura del 16.9.1997, in ragione della inconsistenza o del fraintendimento, da parte della Corte partenopea, delle risultanze della notifica come effettuata.
Il secondo mezzo (violazione dell’art. 1335 c.c., con riferimento alla mancata ammissione della prova ed omesso esame di punto decisivo, oltre a violazione dell’art. 24 Cost., in relazione alla citata L. n. 890 del 1982, artt. 7 e 8, e artt. 140 e 143 c.p.c.) attiene anch’esso alla notifica della raccomandata contenente la revoca della procura.
In considerazione della coincidenza di oggetto che contraddistingue in sostanza i due riferiti motivi, gli stessi possono essere esaminati congiuntamente. Va detto in primo luogo che la questione della validità della notifica dell’atto di revoca della procura, effettuato a mezzo posta viene posta sotto due profili; il primo dei quali afferente all’identificazione del soggetto che ha ricevuto la raccomandata.
Va precisato che si legge non chiaramente, ma distinguibilmente la qualifica del suddetto, “portiere”, apposta sopra alla sottoscrizione, anch’essa leggibile, sia pure con fatica.
La identificazione del soggetto che ha sottoscritto l’atto (potrebbe essere ” L.A.”, come indicato nel controricorso di S.G.) costituisce questione di fatto, assolutamente preclusa per inammissibilità in questa sede di legittimità, come pure inammissibile è ogni questione afferente allo stabilire chi fosse il portiere all’epoca della notificazione. Consegue da ciò che la notifica, come ritenuto nella sentenza impugnata, era da considerarsi del tutto regolare e andata a buon fine.
Sgombrato il campo da tali profili, deve esaminarsi quello afferente alla mancata ammissione della prova testimoniale richiesta sull’argomento: la prova tendeva a dimostrare che all’epoca della notifica, la destinataria era in *****, in compagnia della figlia, indicata appunto come teste.
Va rilevato per un verso che la ritenuta regolarità della notifica esclude la utilità di una prova del genere, se non come supporto alla adombrata questione di legittimità costituzionale proposta in ordine alla effettiva conoscenza dell’atto da parte del destinatario, quando la notifica non sia avvenuta a mani proprie e, segnatamente, quando il mittente ed il destinatario abbiano lo stesso domicilio.
La ipotizzata violazione dell’art. 24 Cost., peraltro risulta proponibile in astratto solo con riferimento all’ipotesi in cui mittente e destinatario abbiano lo stesso domicilio, atteso che non ogni notifica eseguita a soggetto, indicato dalla legge, diverso dal destinatario, può, per motivi ovvi, essere considerata lesiva del diritto di difesa; ma nella specie, l’ipotesi potenzialmente in contrasto con il citato precetto costituzionale, è quella in cui si abbiano tre coincidenze: che l’atto sia stato notificato a soggetto diverso dal destinatario, che quest’ultimo fosse assente dalla propria residenza e che tale assenza si sia protratta per più giorni, che il mittente abbia lo stesso domicilio del destinatario.
Trattasi di una fattispecie di assoluta peculiarità, che non può essere pertanto oggetto di una apposita norma, atteso che la legge deve avere carattere di generalità e non può regolare specificamente ogni possibile ipotesi di fatto; la questione è quindi manifestamente infondata, atteso anche che la presunzione di effettiva percezione del documento può, per costante giurisprudenza, essere vinta con prova a carico del destinatario; non è a tal fine idonea la prova offerta, in ragione del fatto che una assenza di dieci giorni non postula affatto che non si sia avuta la possibilità di disporre dell’atto notificato.
I primi due motivi non possono pertanto trovare accoglimento.
Con il terzo mezzo si ripropone la questione relativa all’aver portato a conoscenza dei terzi la revoca della procura; premesso che nel suo controricorso, il terzo, acquirente del bene, asserisce di aver avuto piena contezza dell’atto de quo, per quanto ciò possa valere, va rilevato che la sentenza impugnata ha correttamente valutata la portata dell’art. 1396 c.c., laddove ha affermato che detta norma, allorchè parla di mezzi idonei, conferisce al magistrato la valutazione circa appunto l’idoneità dei mezzi usati in concreto; questa Corte deve solo vagliare se la evidenziata convivenza del figlio G. con i genitori costituisse o meno fonte di conoscenza per lui della revoca della procura, come ha ritenuto la Corte partenopea. Se si ha riguardo al fatto che la procura era stata rilasciata dal padre a favore della madre e che la successiva revoca interessava gli stessi soggetti, la convivenza con loro del figlio può essere legittimamente considerata elemento sufficiente a lasciar ritenere che di tanto G. fosse stato informato.
Deve, solo, per completezza aggiungersi che pertanto l’acquirente era stato previamente posto a conoscenza del fatto che la C. B. non aveva più potere dispositivo rispetto all’immobile poi compravenduto; anche tale motivo risulta pertanto privo di pregio, atteso che nello stesso ci si duole di violazione e falsa applicazione degli artt. 1393, 1396 e 1369 c.c., e dell’art. 345 c.p.c., e di vizio di motivazione in ordine a punto decisivo della controversia con riferimento alla valutazione della idoneità della pubblicizzazione della revoca, in relazione alla conoscenza di essa da parte dei terzi interessati.
Con il quarto motivo si lamenta violazione degli artt. 126 e 83 c.p.c., e vizio di motivazione in relazione alla sussistenza o meno di valida procura rilasciata su foglio separato dalla odierna ricorrente.
L’esame di tale censura presuppone l’esame del verbale dell’udienza del 7 gennaio 1992 ove testualmente si legge: “E’ presente e si costituisce per la convenuta C.B.M.T., l’avv. Michele Ferrero, con studio … procura su foglio a parte, il quale deposita fascicolo e comparsa di costituzione….”.
Dalla lettura del brano surriportato non emerge affatto che la procura su foglio a parte sia stata, come si sostiene in ricorso, depositata, in quanto il deposito riguarda altri documenti. Caduto su base testuale tale argomento, per il resto il motivo si limita a contestare le ragioni che la sentenza impugnata ha posto a base delle conclusioni raggiunte sul punto e riportate per esteso nella esposizione di fatto della presente sentenza, ma nessun argomento svilisce la diversa ricostruzione operata dalla Corte partenopea su basi ragionevoli e improntate a rigore logico e tecnico.
Deve sottolinearsi come non sia sufficiente addurre la opinabilità di una argomentazione per scalfirne la valenza, ma occorre dimostrarne l’inconsistenza logica o l’erroneità tecnica, cosa questa che nella specie non è stata validamente fatta.
Anche tale motivo non merita quindi accoglimento.
Con il quinto ed ultimo motivo, ci si duole di vizio di motivazione, in ordine alla revocabilità della procura.
La tesi sostenuta è quella secondo cui per un verso la procura costituiva un fatto unitario con la scrittura privata coeva, con cui si regolavano i rapporti tra i coniugi in ragione di una separazione consensuale tra loro e quindi a tale scrittura connessa, e, per altro verso, la procura a vendere, peraltro, stilata per atto pubblico ed alla presenza di due testimoni, era in realtà una vendita, siccome non priva di corrispettivo, come sostenuto dalla sentenza impugnata, siccome avente natura onerosa in ragione della complessiva sistemazione dei rapporti patrimoniali tra i coniugi; ma anche ove si volesse ritenere che la mancata indicazione del prezzo, vuoi nella scrittura, vuoi nella procura, avesse impedito di ravvisare la carenza di un elemento essenziale per il contratto di compravendita, sussistevano tutti i requisiti, anche formali, perchè la stessa potesse essere considerata una donazione.
La tesi suesposta non può trovare accoglimento: per vero, tutto ciò che era, nella dichiarata volontà delle parti, alla base di tale complesso rapporto che veniva ad articolarsi nella scrittura e nella procura, era il verificarsi della separazione personale in via consensuale dei coniugi, per cui era già stata fissata l’udienza presidenziale.
Non comparsi i coniugi di fronte al presidente del tribunale competente e ripresa la convivenza, era venuta meno la presupposizione che era alla base della sistemazione dei rapporti patrimoniali tra le parti e quindi era venuta meno la ragione di quella sistemazione concordata con la scrittura privata.
L’autonomia della procura, ricavaibile dalla stesura letterale dei due documenti e dalla diversa forma che avevano assunto, non era però in alcun modo in grado di vicariare la mancanza dell’elemento essenziale del prezzo, cosa che la rendeva inidonea ad assumere le connotazioni di un atto di vendita, anche in ragione del fatto che, ove la separazione avesse avuto davvero luogo, era sostenibile la tesi della onerosità derivante dal completo atteggiarsi della sistemazione patrimoniale tra i coniugi, ma non essendo intervenuta la separazione, tale elemento veniva a cadere.
Neanche l’ipotetica donazione poteva essere ritenuta attuata, atteso che, proprio per le ragioni che hanno indotta la stessa ricorrente a vedere nella vendita un atto oneroso in ragione della sistemazione del complesso, intero rapporto patrimoniale, conducono ad escludere che possa essere ravvisato nella specie l’animus donandi, elemento questo essenziale per la sussistenza di una donazione, a prescindere dalla forma adottata.
Anche tale motivo deve essere pertanto respinto e, con esso,il ricorso principale.
Con il primo motivo del ricorso incidentale di S.C., si lamenta violazione dell’art. 340 c.p.c., e art. 279 c.p.c., n. 4, in ordine alla natura della sentenza dichiarativa della contumacia della C., che si assume definitiva e, come tale, non suscettibile di riserva di gravame.
Con il secondo mezzo (falsa applicazione della L. 22 luglio 1997, n. 275, art. 13, comma 5, artt. 276, 293 e 189 c.p.c.) ci si duole della qualificazione come udienza di trattazione od istruttoria attribuita a quella tenuta dal GOA a seguito di rimessione da parte del collegio in sede di decisione.
Il terzo mezzo, condizionato, nella misura in cui la sentenza impugnata avrebbe affermato implicitamente che la revoca deve essere portata a conoscenza del e procuratore perchè la stessa sia produttiva di effetti, lamenta violazione degli artt. 1386, 1388 e 1396 c.c..
I suesposti motivi risultano tutti assorbiti dalla decisione del ricorso principale, in ragione del fatto che la reiezione di esso fa venir meno qualsiasi interesse al mantenimento della questione sia della validità dell’appello incidentale della C., sia di quella relativa alla conoscenza della revoca della procura da parte dei terzi.
Il quarto mezzo è relativo alla erronea comprensione ed esposizione della domanda relativa al risarcimento dei danni conseguiti al mancato utilizzo dell’immobile, in realtà non proposta in via subordinata, ma anch’essa in via principale,e lamenta violazione dell’art. 112 c.p.c..
Il motivo è fondato; la Corte partenopea ha evidentemente interpretato la domanda del S. come tesa ad ottenere solo in subordine il risarcimento dei danni, per mancato utilizzo dell’immobile e, sul punto, la ha ritenuta assorbita; dalla formulazione del motivo e peraltro, anche dalla narrativa della sentenza impugnata, emerge pianamente che tale domanda era stata proposta in via principale; consegue pertanto la violazione dell’invocato art. 112 c.p.c., con conseguente cassazione della sentenza impugnata, con rinvio ad altra Sezione della Corte di appello di Napoli, che provvederà in ordine al motivo accolto, ed anche sulle spese relative al presente procedimento per cassazione.
Il quinto mezzo attiene alla attribuzione delle spese ed alla misura della liquidazione delle stesse; il rinvio disposto in relazione al precedente motivo rende assorbita anche la censura de qua.
Venendo al ricorso incidentale di S.G., esso si articola su tre questioni, esposte in modo discorsivo e precedute da una eccezione di inammissibilità del ricorso, che deve essere rigettata in quanto la mancanza dell’indicazione prescritta dall’art. 371 bis c.p.c., è motivo di mera irregolarità, mentre la mancanza delle pagine 3, 4 e 23 del ricorso non preclude la piena conoscenza delle tesi tutte sostenute nel ricorso stesso.
La prima questione attiene alla revoca della procura ed alla irrilevanza della conoscenza della stessa da parte del procuratore revocato; la seconda alla conoscenza della revoca da parte dell’acquirente ed il terzo al difetto di legittimazione della C.B. ai primi tre motivi di ricorso per carenza di interesse (che comunque, si può rilevare per incidens, sussisteva in ragione della possibile rivalsa nei di lei confronti da parte dell’acquirente e dalla costituzione di usufrutto a suo favore in relazione all’immobile de quo). Appare evidente dal rigetto del ricorso principale, che tutte e tre le questioni prospettate risultano assorbite in conseguenza della decisione adottata; con esse risulta assorbito il ricorso incidentale in esame.
P.Q.M.
la Corte, riuniti i ricorsi, respinge il principale, accoglie il quarto motivo del ricorso incidentale di S.C., assorbiti gli altri, ed il ricorso incidentale di S.G..
Cassa in relazione al motivo accolto e rinvia, anche per le spese, ad altra Sezione della Corte di appello di Napoli.
Così deciso in Roma, il 27 ottobre 2009.
Depositato in Cancelleria il 13 gennaio 2010