Corte di Cassazione, sez. II Civile, Sentenza n.375 del 13/01/2010

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LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. ROVELLI Luigi Antonio – Presidente –

Dott. MENSITIERI Alfredo – Consigliere –

Dott. ATRIPALDI Umberto – Consigliere –

Dott. DE CHIARA Carlo – Consigliere –

Dott. CORRENTI Vincenzo – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso 27579-2004 proposto da:

Z.F. *****, elettivamente domiciliato in ROMA, PIAZZA CAVOUR, presso la CORTE DI CASSAZIONE, rappresentato e difeso dall’avvocato SICURO Carlo;

– ricorrente –

contro

O.G., ***** elettivamente domiciliato in ROMA, VIA PILO ALBERTELLI 1, presso lo studio dell’avvocato CARTONI MOSCATELLI PIERA AMALIA, che lo rappresenta e difende unitamente all’avvocato SANTANGELO FRANCESCO;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 630/2004 della CORTE D’APPELLO di BOLOGNA, depositata il 15/04/2004;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 18/11/2009 dal Consigliere Dott. VINCENZO CORRENTI;

udito l’Avvocato MOSCATELLI, difensore del resistente che si riporta ed insiste;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. RUSSO Libertino Alberto che ha concluso per l’accoglimento del ricorso.

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con ricorso del 2 aprile 1998 Z.F., premesso che nel ***** aveva venduto a O.G. materiale edile di cui alla fattura n. ***** per L. *****; che con sentenza 11 dicembre 1995 il tribunale di Tempio Pausania aveva dichiarato la risoluzione del contratto per vizi della cosa condannando il ricorrente alla restituzione del prezzo e delle cambiali ricevute in pagamento; che O. aveva avviato azione esecutiva senza restituire la merce ricevuta; ciò premesso chiedeva decreto ingiuntivo per la restituzione della merce o per il pagamento dell’importo della fattura, oltre interessi.

Proponeva opposizione O. deducendo l’insussistenza e la prescrizione dell’obbligazione sulla scorta della sentenza precedente. Il Tribunale di Piacenza rigettava l’opposizione.

Proponeva appello l’ O., resisteva lo Z. e la Corte di appello di Bologna, con sentenza n. 630/2004 revocava il decreto ingiuntivo, con condanna alle spese, rilevando che col chiesto decreto si intendeva neutralizzare il giudicato, posto che, pronunziando la risoluzione si erano accertati vizi nelle cose e legittimato l’ O. a reclamare la restituzione degli acconti.

Lo Z. avrebbe dovuto attivarsi per recuperare la merce nè riproporre altra domanda per il prezzo nemmeno nella forma del tantundem. Ricorre Z. con due motivi, resiste O..

MOTIVI DELLA DECISIONE

Col primo motivo si deduce violazione dell’art. 1182 u.c. c.c. per avere il giudice di appello ritenuto che Z. abbia preteso la restituzione della merce presso il domicilio del creditore e non già presso quello del debitore.

Dopo il passaggio in giudicato della prima sentenza si consolidavano i reciproci obblighi restitutori e la sentenza non aveva affermato il perimento della merce.

Correttamente era stato chiesto il d.i. a *****, luogo di residenza dell’ O..

Col secondo motivo si lamenta violazione degli artt. 1458 e 1493 c.c. dato che la Corte, pur non disconoscendo i reciproci obblighi restitutori, ha considerato illegittima l’emissione del d.i. perchè il credito non era nè liquido nè esigibile ma non poteva annullare il d.i. per la riconsegna dei beni.

Le censure possono esaminarsi congiuntamente.

La sentenza impugnata parla di restituzione di merce ove non perita, di improprio riferimento alla mora accipiendi, afferma che lo Z. avrebbe dovuto attivarsi per recuperare la merce.

Non è decisiva la violazione dell’art. 1182 c.c. nei termini riferiti, posto che il d.i..

non è stato revocato per profili di competenza territoriale ma perchè sostanzialmente neutralizzava un giudicato.

Quanto al secondo motivo, è pertinente il richiamo all’art. 1493 c.c. (il compratore deve restituire la cosa, se questa non è perita in conseguenza dei vizi).

Nel presente giudizio risulta la proposizione di una riconvenzionale in primo grado per l’accertamento del perimento della merce per i vizi denunciati ed il riferimento all’inesistenza della obbligazione della riconsegna, accertato nella prima sentenza del Tribunale di Tempio Pausania (pagine 3 e 5 del controricorso).

La stringata motivazione della sentenza (che fa leva sulla circostanza che Z. avrebbe dovuto attivarsi per recuperare la merce e non attendere che gliela riconsegnasse l’incolpevole acquirente e sulla “impossibilità giuridica che altra domanda potesse essere riproposta davanti allo stesso o ad altro giudice per il pagamento del prezzo non dovuto, neppure nella forma dei tantundem della mancata restituzione della merce difettosa che, in quanto tale, non poteva avere il valore corrispondente al prezzo pattuito e che perciò non era nè certo nè liquido”) nulla dice sull’avvenuto perimento della merce, circostanza decisiva stante la risoluzione del contratto per vizi della cosa.

Conseguentemente il ricorso va accolto, con cassazione della sentenza e rinvio per un nuovo esame e per le spese ad altra sezione della Corte di appello di Bologna.

P.Q.M.

La Corte accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e rinvia per un nuovo esame e per le spese alla Corte di appello di Bologna, altra sezione.

Così deciso in Roma, il 18 novembre 2009.

Depositato in Cancelleria il 13 gennaio 2010

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