Corte di Cassazione, sez. II Civile, Sentenza n.377 del 13/01/2010

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LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. TRIOLA Roberto Michele – Presidente –

Dott. GOLDONI Umberto – rel. Consigliere –

Dott. MAZZACANE Vincenzo – Consigliere –

Dott. PETITTI Stefano – Consigliere –

Dott. SAN GIORGIO Maria Rosaria – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso 28523-2004 proposto da:

P.F. *****, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA XX SETTEMBRE 3, presso io studio dell’avvocato RAPPAZZO ANTONIO, che la rappresenta e difende unitamente all’avvocate MACALUSO FRANZ;

– ricorrente –

e contro

D.C.L. *****;

– intimato –

avverso la sentenza n. 678/2004 della CORTE D’APPELLO di PALERMO, depositata il 07/06/2004;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 19/11/2009 dal Consigliere Dott. UMBERTO GOLDONI;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. FUCCI Costantino che ha concluso per rigetto del ricorso.

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con atto del *****, P.F., proprietaria di un fondo sito in ***** e gravato da servitù di passaggio a favore di altri fondi contigui, lamentava che D.C.L., che vantava una servitù di passaggio sul di lei fondo per l’ampiezza di un metro, aveva allargato detto viottolo fino a mt. 4,50, arrecando danni alle colture ed alle opere. Chiedeva pertanto la condanna del predetto alla riduzione in pristino ed alla restituzione della porzione di fondo occupata.

Si costituiva il D.C., eccependo il difetto di contraddittorio nei confronti di altri proprietari di fondi contigui I. e C. – e contestava comunque la domanda, chiedendone il rigetto.

Con sentenza del 1998, il tribunale di Palermo, rigettata l’eccezione di disintegrità del contraddittorio, atteso che i soggetti predetti erano estranei alle opere poste in essere dal D.C., accoglieva la domanda attorea.

Avverso tale sentenza proponeva appello il D.C., reiterando l’eccezione di difetto di contraddittorio e chiedendo la reiezione della domanda attorea. Con sentenza in data 5.3/7.6.2004, la Corte di appello di Palermo, rilevato che, atteso lo stato dei luoghi e le risultanze della CTU, l’accoglimento della domanda attorea avrebbe determinato una riduzione della servitù di passaggio anche a carico dei fondi dei nominati I. e C., e che trattavasi di causa avente ad oggetto il contenuto di una servitù e conseguentemente la possibilità di un mutamento dello stesso, ed in particolare di uria riduzione, sussisteva litisconsorzio necessario tra tutti i comproprietari coinvolti da tale riduzione.

Andava pertanto dichiarata la nullità della sentenza di primo grado, con conseguente trasmissione degli atti al primo giudice.

Per la cassazione di tale sentenza ricorre, sulla base di tre motivi, la P.; l’intimato non ha svolto attività difensiva.

MOTIVI DELLA DECISIONE

Attesa il tenore della sentenza impugnata, appare preliminare l’esame del secondo motivo di ricorso, con cui si lamenta violazione e falsa applicazione dell’art. 354 c.p.c. in relazione alla ritenuta sussistenza nel caso di specie di un litisconsorzio necessario nei confronti dei proprietari dei fondi che si susseguono a quello dell’originario convenuto e che, secondo la sentenza impugnata, risentirebbero anch’essi di una pronunzia che determinasse il contenuto della servitù de qua in modo da ridurlo quanto all’ampiezza del tracciato, rispetto alla situazione attuale. Come esattamente rilevato dal giudice di prime cure, la domanda della P. era volta all’accertamento, nei confronti di colui che mediante l’esecuzione di opere e l’abbattimento di alberi ed altro, aveva allargato l’originario tracciato, allargandolo e creando così una situazione, diversa da quella contrattualmente pattuita, del contenuto della servitù, così instaurando una azione personale, a contenuto dichiarativo, nei confronti di chi aveva posto in essere l’attività arbitrariamente lesa ad allargare il tracciato.

La Corte di appello di Palermo, allorchè ha rilevato che l’eventuale accertamento del contenuto della servitù in un metro di larghezza avrebbe determinato conseguenze negative nei confronti dei proprietari dei fondi susseguenti a quello del D.C. e che pertanto sussisteva litisconsorzio necessario nei loro confronti, ha per un verso equivocato sulla natura della domanda, proposta solo nei confronti di chi aveva posto in essere attività tese a creare un diverso stato dei luoghi, e quindi avente natura personale e, per altro verso, ha ignorato il costante orientamento della giurisprudenza di questa Corte, secondo cui solo nel caso in cui sia domandato un mutamento dello stato dei luoghi, che incida su di un rapporto inscindibilmente comune ad altri soggetti, l’azione deve essere esperita nei confronti di tutti i proprietari, in ragione del fatto che solo in tal caso la sentenza ove non avesse efficacia nei confronti di tutti, risulterebbe ineseguibile e, quindi, inutiliter data (Cass. 10.5.2004, n 8843; 7.6.2002, n 8261).

Risulta evidente che la sentenza di eventuale accoglimento della domanda attorca esplicherebbe i suoi effetti nei confronti del solo D.C., cosa questa che consente di escludere l’esistenza di un litisconsorzio necessario nei confronti dei proprietari dei fondi che si susseguono a quello dell’odierno resistente.

E’ appena il caso di rilevare che l’affermazione, contenuta in ricorso, secondo cui anche tali fondi apparterrebbero, attualmente, allo stesso D.C. implicherebbe un accertamento di fatto, non consentito in questa sede di legittimità e, in ogni caso non muterebbe i termini della questione.

Il motivo in esame va pertanto accolto con conseguente cassazione della sentenza impugnata, con rinvio ad altra Sezione della Corte di appello di Palermo, che provvederà anche sulle spese del presente procedimento per cassazione. L’accoglimento del mezzo testè esaminato comporta ovviamente l’assorbimento degli altri motivi di ricorso.

P.Q.M.

la Corte accoglie il secondo motivo di ricorso, assorbiti gli altri.

Cassa e rinvia, anche per le spese, ad altra Sezione della Corte di appello di Palermo.

Così deciso in Roma, il 19 novembre 2009.

Depositato in Cancelleria il 13 gennaio 2010

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