Corte di Cassazione, sez. II Civile, Sentenza n.378 del 13/01/2010

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LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SCHETTINO Olindo – Presidente –

Dott. ODDO Massimo – rel. Consigliere –

Dott. PICCIALLI Patrizia – Consigliere –

Dott. BURSESE Gaetano Antonio – Consigliere –

Dott. GIUSTI Alberto – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso proposto il 13 marzo 2008 da:

Bipielle Real Estate S.p.A. – in persona del legale rappresentante pro tempore rag. M.M., giusta delibera del consiglio di amministrazione del 19 – ottobre 2007 – rappresentata e difesa in virtù di procura speciale a margine del ricorso dall’avv. CLARICH Marcello, presso il quale è elettivamente domiciliata in Roma, alla piazza di Monte Citorio, n. 115;

– ricorrente –

contro

F.T., Ma.An., M.G., C.

F., Fo.Ra., Fo.Pa., C.

U., Me.Ma.An. e G.G. – rappresentati e difesi in virtù di procura speciale in calce al controricorso dall’avv. Galiani Tullio, presso il quale sono elettivamente domiciliati in Roma, alla via S. Tommaso D’Aquino, n. 47;

– controricorrenti –

e P.T., Pe.Ca., R.L., D.

C. e D.M.R. – elettivamente domiciliati in Roma alla via N. Ricciotti, n. 11, presso l’avv. Galiani Tullio;

– intimati –

nonchè

Società Generale Immobiliare SOGBNE S.p.A. – in persona dell’amministratore unico e legale rappresentante Dott. L.

S.G. rappresentata e difesa in virtù di procura speciale in calce al controricorso dall’avv. Fusillo Alessandro, presso il quale è elettivamente domiciliata in Roma, alla via Cicerone, n. 66;

– controricorrente –

e Bipielle Investimenti S.p.A. – elettivamente domiciliata in Roma, alla via Virginio, n. 8, presso l’avv. Cicciotti Enrico;

– intimata –

nonchè

ICCRI – Banca Federale Europea S.p.A. elettivamente domiciliata in Roma, alla via Virginio, n. 8;

– intimata –

e Banco Popolare Società Cooperativa – in persona del Dott. F.

M. giusta procura speciale del 26 agosto 2008 autenticata dal notaio Piattelli, n. 19358 rac. n. 99960 rep – rappresentata e difesa in virtù di procura speciale in canee al controricorso dall’avv. Tarullo Stefano del foro di Roma e dall’avv. Antonello Pierro, presso il quale è elettivamente domiciliata in Roma, alla via del Clementino, n. 94;

– controricorrente –

nonchè

sul ricorso proposto il 27 luglio 2009 da:

Banco Popolare Società Cooperativa – in persona del Dott. F.

M. giusta procura speciale del 26 agosto 2008 autenticata dal notaio Piattelli, n. 19358 rac, n. 99960 rep. – rappresentata e difesa in virtù di procura speciale in calce al controricorso dall’avv. Tarullo Stefano del foro di Roma e dall’avv. Pierro Antonello, presso il quale è elettivamente domiciliata in Roma, alla via del Clementino, n. 94;

contro

F.T., Ma.An., M.G., C.

F., Fo.Ra., Fo.Pa., C.

U., Me.Ma.An. e G.G. – elettivamente domiciliati in Roma, alla via San Tommaso D’Aquino, n. 47, presso l’avv. Galiani Tullio;

– controricorrenti intimati –

e P.T., Pe.Ca., R.L., D.

C. e D.M.R. – elettivamente domiciliati in Roma alla via N. Ricciotti, n. 11, presso l’avv. Galiani Tullio;

– intimati –

nonchè

Bipielle Real Estate S.p.A. – elettivamente domiciliata in Roma, alla piazza Monte Citorio, n. 115, presso l’avv. Clarich Marcelio;

– ricorrente principale intimata –

e Società Generale Immobiliare SOGENE S.p.A. – elettivamente domiciliata in Roma, alla via Cicerone, n. 66, presso l’avv. Fusillo Alessandro;

– controricorrente intimata –

avverso la sentenza della Corte d’Appello di Roma n. 4497 del 31 ottobre 2007;

Udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 24 novembre 2009 dal Consigliere Dott. ODDO Massimo;

uditi per la ricorrente principale l’avv. Fonderico Francesco, delegato dall’avv. Clarich, per la ricorrente incidentale l’avv. Stefano Tarullo e per i controricorrenti F. ed altri l’avv. Tullio Galiani;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. LECCISI Giampaolo, che ha concluso per il rigetto del ricorso principale e di quello incidentale.

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con atto notificato il 18 aprile 1994 la s.n.c. Rosaria 2^ e P. T., Pe.Ca., R.L., Ma.An., V.P. (dante causa di M.G.), C. F., Fo.Ra., Fo.Pa., C. U., D.C., C.M. (dante causa di Me.Ma.), D.C.E. e M.G.D. (danti causa di G.G.) e D.M.C. (dante causa di D.M.R.) – tutti condomini dell’edificio n. 2 del complesso residenziale *****, convennero l’Istituto di Credito delle Casse di Risparmio – ICCRI – davanti al Tribunale di Roma.

Esposero gli attori che l’ICCRI aveva acquistato il 16 giugno 1977 le aree interrate del complesso vincolate a parcheggio nell’atto d’obbligo sottoscritto il ***** dal costruttore – venditore Società Generale Immobiliare SOGENE per il rilascio della concessione edilizia e domandarono che, previa declaratoria del diritto reale d’uso gravante su di esse in favore dei condomini del complesso, la convenuta fosse condannata rilascio delle aree medesime nelle condizioni in cui si trovavano al momento della costruzione o, in subordine, che fosse dichiarato il loro diritto d’uso sui mq 979 di dette aree proporzionali alla volumetria degli immobili di cui erano proprietari e l’ICCRI fosse condannata al rilascio di essi e, in ogni caso, al pagamento dei frutti percepiti e percipiendi ovvero al risarcimento dei danni.

Si costituì l’ICCRI e, eccepita la prescrizione del diritto dagli attori, la decadenza del vincolo imposto sulle aree acquistate ed il difetto del contraddittorio, non essendo stato convenuto il costruttore-venditore – SOGENE, chiese il rigetto delle domande e, in subordine, che fossero individuate le aree asservite e la propria dante causa fosse condannata al rimborso della quota del prezzo non dovuta a cagione dell’asservimento.

Il Tribunale, con sentenza non definitiva dell’11 aprile 2002: 1) accertò che le aree interrate facenti parte del complesso residenziale, di cui all’atto d’obbligo del 10 giugno 1974, erano gravate da un vincolo pubblicistico di destinazione ad aree di parcheggio al servizio delle unità abitative degli edifici del complesso residenziale; 2) dichiarò l’esistenza in favore dei condomini di detti edifici di un diritto reale d’uso dell’aree destinate a parcheggio; 3) condannò l’ICCRI al rilascio delle aree medesime in favore degli attori ed al ripristino delle stesse nello stato di fatto in cui si trovavano al momento della costruzione dello stabile; 4) condannò l’ICCRT al risarcimento dei danni da illegittima occupazione e rimise al prosieguo del giudizio l’individuazione della durata di essa e la liquidazione del danno.

La decisione, gravata dall’ICCRT, alla quale nel corso del giudizio successero la Bipelle Investimenti S.p.A. e poi la Bipielle Real Estate S.p.A., che è intervenuta nei processo ai sensi dell’art. 111 c.p.c. proponendo appello incidentale, venne confermata il 31 ottobre 2007 dalla Corte di appello di Roma, che rigettò entrambe le impugnazioni.

Premesso che, nonostante la genericità dell’accertamento e della condanna ad rilascio delle aree vincolate, la sentenza di primo grado non poteva che avere effetti limitati alle parti in causa, osservarono i giudici di secondo grado, per quello che ancora rileva, che: a) la L. n. 1150 del 1942, art. 41 sexties, garantisce un diritto reale di parcheggio alle persone che occupano stabilmente le costruzioni; b) le parti non possono modificare la superficie vincolata, nè trasferire il vincolo altrove, senza una corrispondente variante della concessione edilizia; c) l’impedimento frapposto all’esercizio del diritto d’uso aveva cagionato ai condomini un danno.

La società Bipielle Real Estate è ricorsa per la cassazione della sentenza con dieci motivi, ai quali ha aderito il Banco Popolare Società Cooperativa con controricorso e contestuale ricorso incidentale notificato il 27 luglio 2009, ed il F., il Ma., la De., la C., i Fo., il Co., la Me. ed il G., nonchè la società SOGENE, hanno resistito con controricorsi.

Il P., la Pe., il R., la D. e la D. M., non hanno svolto attività nel giudizio. La società Bipielle Real Estate ed i condomini costituiti hanno depositato memorie.

MOTIVI DELLA DECISIONE

A norma dell’art. 335 c.p.c., va disposta la riunione dei ricorsi proposti in via principale ed incidentale avverso la medesima sentenza. Precede la declaratoria d’inammissibilità del ricorso incidentale adesivo a quello principale, in quanto notificato oltre la scadenza del termine annuale di decadenza fissato dall’art. 327 c.p.c., giacchè la previsione nell’art. 334 c.p.c., di un’impugnazione incidentale tardiva nei confronti di qualsiasi capo della sentenza impugnata ex adverso, riguarda l’impugnazione proveniente dalla parte contro la quale è stata proposta l’impugnazione principale, o che sia stata chiamata ad integrare il contraddittorio, a norma dell’art. 331 c.p.c., sorgendo da tale impugnazione l’interesse a proporla, e non anche quella diretta a chiedere la cassazione della sentenza per le stesse ragioni già fatte valere con il ricorso principale (cfr. Cass. Civ., sez. un., Sent. 9 agosto 1996, n. 7339).

Parimenti va dichiarato inammissibile il ricorso principale proposto nei confronti della società SOGENE, non avendo l’intimata assunto nel giudizio di merito la veste formale di parte, alla quale si ricollega la legittimazione di un soggetto tanto a proporre ricorso per cassazione quanto a resistere ad esso (cfr.: Cass. Civ., Sez. un., Sent. 28 novembre 2001, n. 15145). Segue l’esame del ricorso principale.

Con il primo motivo, concluso da un pertinente quesito di diritto, la ricorrente denuncia la nullità della sentenza impugnata, in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3, per violazione e/o falsa applicazione della L. 17 agosto 1942, n. 1150, art. 41 sexties, avendo confermato la pronuncia di primo grado, nella parte in cui aveva accertato il diritto degli attori all’uso dell’intera area del complesso immobiliare vincolata a parcheggio e condannato la società proprietaria al rilascio della stessa in loro favore, nonostante la natura personale del diritto d’uso fatto valere dai condomini consentisse soltanto un accertamento ed una condanna limitati ad una porzione dell’area proporzionale alla cubatura delle unità immobiliari, di cui ciascuno di essi era proprietario. Con il secondo motivo, concluso da un pertinente quesito di diritto, in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3, per violazione c/o falsa applicazione della L. 17 agosto 1942, n. 1150, art. 41 sexties, avendo confermato la sentenza di primo grado, nella parte in cui aveva accertato il diritto degli attori all’uso dell’intera area del complesso immobiliare vincolata a parcheggio e condannato la proprietaria al rilascio della stessa in loro favore, benchè non avessero dimostrato che l’esercizio del diritto d’uso a ciascuno rispettivamente spettante su una porzione dell’area sarebbe stato impedito o reso particolarmente disagevole dal concorrente utilizzo della superficie restante da parte della proprietaria.

Il terzo motivo, in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 5, per omessa, insufficiente o contraddittoria motivazione in relazione al terzo motivo di appello, non avendo motivato, od avendo motivato in modo insufficiente, sulla censura secondo cui la condanna al rilascio dell’intera area destinata a parcheggio aveva comportato l’attribuzione agli attori di un bene oggettivamente sproporzionato a quello giuridicamente necessario e sufficiente a garantire la possibilità di esercizio del diritto d’uso a ciascuno di essi rispettivamente spettante. Il quarto motivo, concluso da un pertinente quesito di diritto, in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3, per violazione e falsa applicazione della L. 17 agosto 1942, n. 1150, art. 41 sexties, avendo confermato la decisione del giudice di primo grado nella parte in cui aveva dato una lettura soggettiva, e non oggettiva, del vincolo urbanistico di destinazione a parcheggio, senza considerare il recente approccio critico ad essa delle sezioni unite della Corte di Cassazione ed il carattere interpretativo, e non innovativo, della L. 28 novembre 2005, n. 246, art. 12, comma 9, il quale, introducendo una L. n. 1150 del 1942, art. 41 sexties, comma 2, ha disposto che “Gli spazio per parcheggi realizzati in forza del primo comma non sono gravati da vincoli pertinenziali di sorta nè da diritto d’uso a favore dei proprietari di altre unità immobiliare e sono trasferibili autonomamente da esse”. Il quinto motivo, in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 5, per omessa, insufficiente o contraddittoria motivazione, avendo rigettato il terzo motivo di appello che censurava la sussistenza sulle aree interrate della convenuta di un vincolo amministrativo di destinazione a parcheggio e di un diritto d’uso in favore dei condomini, limitandosi a richiamare per relationem la giurisprudenza anteriore e senza tenere conto nè del mutato quadro legislativo nè dell’approccio critico delle sezioni unite della Corte di cassazione alla teoria soggettiva del vincolo.

Il sesto motivo, concluso da un pertinente quesito, in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3, per violazione e/o falsa applicazione della L. n. 1150 del 1942, art. 41 sexties, avendo rigettato il quarto motivo di appello attinente all’esclusione da parte del giudice di primo grado della modificabilità convenzionale dell’area vincolata a parcheggio nella concessione edilizia, benchè, nascendo il diritto reale dei condomini di rettamente dalla legge e non dalla concessione edilizia, una modifica dell’area non assentita dal comune si risolva unicamente in un illecito amministrativo e non incida nè sull’attuazione del diritto dei medesimi e nè sul conseguimento dell’effetto deflativo della domanda di spazi per parcheggio nelle aree destinate alla pubblica circolazione perseguito dal legislatore.

Il settimo motivo, in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 5, per omessa, insufficiente o contraddittoria motivazione, avendo rigettato il quarto motivo di appello, attinente all’esclusione da parte del giudice di primo grado della modificabilità convenzionale dell’area vincolata a parcheggio nella concessione edilizia, senza indicare le ragioni per le quali non assumeva rilievo ai fini del rispetto della proporzione tra volumi delle unità immobiliari del complesso edilizio e superficie adibita a parcheggio, imposto dalla L. n. 1150 del 1942, art. 41 sexties, comma 1, la presenza nel complesso di aree alternative a quelle destinate a tale uso nella concessione edilizia, di cui i condomini avevano avuto ed avevano la possibilità di usufruire. L’ottavo motivo, concluso da un pertinente quesito in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3, per violazione e/o falsa applicazione dell’art. 2043 c.c., avendo confermato la condanna della convenuta al risarcimento dei danni da illegittima occupazione dell’area destinala a parcheggio, benchè l’elemento oggettivo dell’antigiuridicità fosse escluso dall’insussistenza di un vincolo soggettivo di destinazione delle aree destinate a parcheggio e dalla fungibilità convenzionale di dette aree con altre aree del complesso edilizio.

Il nono motivo, concluso da un pertinente quesito, in relazione all’art. 2043 c.c., per violazione e falsa applicazione dell’art. 2043 c.c., a vendo confermato la condanna al risarcimento dei danni da illegittima occupazione dell’area destinata a parcheggio, benchè difettasse l’elemento psicologico dell’illecito per avere la convenuta acquistato le aree ignorando scusabilmente l’interpretazione che la giurisprudenza avrebbe dato del vincolo previsto dalla L. n. 1150 del 194, art. 41 sexties.

Il decimo motivo, in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 5, per omessa, insufficiente o contraddittoria motivazione, avendo rigettato il quinto motivo di appello, attinente alla condanna della convenuta a rifondere i danni da illegittima occupazione, senza indicare adeguatamente le ragioni per cui aveva ritenuto sussistente l’illecito in presenza di un rinnovato quadro normativo e giurisprudenziale che aveva avvalorato la teoria oggettiva e nonostante i condomini avessero usufruito per il parcheggio di aree alternative nella misura prescritta dalla L. n. 1150 del 1942, art. 41 sexties, comma 1.

Il primo, il secondo ed il terzo motivo, che possono essere esaminati congiuntamente, sono inammissibili.

La Corte di appello, sollecitata con il secondo motivo di gravame a verificare la violazione da parte del giudice di primo grado dell’art. 2909 c.c., per avere dichiarato l’esistenza del diritto d’uso dell’area di parcheggio in favore di tutti i condomini degli edifici dell’isola n. *****, benchè il giudizio fosse stato promosso e coltivato solo da una parte di essi, ha escluso la fondatezza della doglianza ed affermato che, “pur nella genericità dell’accertamento … e della condanna” enunciati nel dispositivo della decisione del Tribunale, “detto accertamento e detta condanna non potranno che avere effetti limitatamente alle parti in causa” e che solo i condomini che avevano fatto “valere la parziale nullità dei loro contratti di acquisto … potranno proporre la condanna (rectius:

l’azione) al rilascio in relazione alle aree vincolate”.

Il rigetto della doglianza, e la sua motivazione, non sono stati censurati e la definitività sul punto della sentenza impugnata, oltre che la carenza d’interesse a lamentare l’individuazione da parte del giudice di secondo grado di limiti soggettivi ed oggettivi del diritto d’uso conformi a quelli evidenziati dallo stesso appellante, escludono che in sede di legittimità possa essere riproposta la medesima questione sotto profili diversi da quello fatto valere in secondo grado ed essendo comunque rimessa alla fase esecutiva la concreta determinazione dell’area di parcheggio spettante a ciascun condomino in base al contratto di acquisto della sua unità immobiliare.

Il quarto motivo è infondato.

La questione della natura oggettiva o soggettiva del vincolo di destinazione gravante sulle aree degli edifici destinate a parcheggio è stata risolta dalle sezioni unite di questa Corte con sentenze nn. 6600, 6601 e 6602 del 17 dicembre 1984, le quali hanno affermato che la L. 6 agosto 1967, n. 765, art. 18, che ha introdotto la Legge Urbanistica 17 agosto 1942, art. 41 sexies, costituisce una disposizione imperativa ed inderogabile in correlazione agli interessi pubblicistici da esso perseguiti e, in quanto tale, non opera soltanto nel rapporto tra costrattore – proprietario dell’edificio e pubblica amministrazione, ma anche nei rapporti privatistici inerenti agli spazi per parcheggio, e che la natura soggettiva del vincolo è stata esplicitamente chiarita dalla L. 28 febbraio 1985, n. 47, art. 26, il quale ha precisato che “Gli spazi di cui alla L. 6 agosto 1967, n. 765, art. 18 costituiscono pertinenze delle costruzioni, ai sensi e per gli effetti degli artt. 817, 818 e 819 c.c.”.

Il principio, che ha avuto successiva costante applicazione, non è suscettibile di revisione in forza dell’esclusione da parte della L. n. 246 del 2005, art. 12, comma 9, di un vincolo pertinenziale tra gli spazi dell’edificio destinati a parcheggio e le altre unità immobiliari, giacchè alla luce della precisazione contenuta nella L. n. 47 del 1985, art. 26, e della carenza del necessario presupposto di una incertezza ermeneutica della disciplina esistente, deve escludersi che alla disposizione possa riconoscersi una efficacia meramente interpretativa che ne consenta l’applicazione anche alle costruzioni ed ai contratti di vendita anteriori alla sua entrata in vigore (cfr.: Cass. Civ., sez. 2^, Sent. 24 febbraio 2006, n. 4264).

Nè un ripensamento della giurisprudenza può trarsi dalla richiamata sentenza n. 12793/2005 delle sezioni unite di questa Corte, avendo la stessa affermato l’insussistenza di un vincolo pertinenziale con esclusivo riferimento alle aree di parcheggio realizzate in eccedenza rispetto allo spazio minimo richiesto dalla L. 6 agosto 1967, n. 765, art. 18.

Il quinto motivo è inammissibile.

L’interpretazione e l’applicazione delle norme da parte del giudice a quo deve essere censurala in sede di legittimità, ed in concreto e stata censurata con il quarto motivo, sotto il profilo della violazione di legge, se si assume l’attribuzione alla norma di un significato che non ha riguardo alla fattispecie in essa delineata, o di falsa applicazione della stessa, se si assume che le conseguenze tratte dalla norma sono in contrasto con il suo significato, e non, come in specie, sotto il profilo del viziosi motivazione, che attiene invece alla adeguatezza e logicità della ricostruzione del fatto rilevante ai fini del giudizio. Il sesto motivo è infondato.

Costituisce consolidata giurisprudenza che la L. n. 1150 del 1942, art. 41 sexies, opera tanto come norma di relazione nei rapporti privatistici quanto come norma di azione nel rapporto pubblicistico con la p.a., non potendo la stessa autorizzare nuove costruzioni che non siano corredate di aree destinate a parcheggio, e che, costituendo l’osservanza della norma condizione di legittimità della concessione edilizia e spettando esclusivamente alla p.a.

l’accertamento del rispetto della misura proporzionale stabilita dalla legge e dell’idoneità a parcheggio delle aree, il trasferimento del vincolo di destinazione su aree diverse da quelle originarie può avvenire soltanto mediante il rilascio di una concessione in variante (cfr.: Cass. Civ., sez. 2^, sent. 17 giugno 2002, n. 8692; Cass. Civ., Sez. 2^, sent. 14 novembre 2000, n. 14731;

Cass. Civ. sez. 2^, sent. 3 luglio 1999, n. 6894). A tale principio si e correttamente adeguata la sentenza impugnata ed una disapplicazione di esso non trova giustificazione negli argomenti esposti nel motivo, limitandosi essi a riproporre un’interpretazione della disposizione urbanistica della cui non condivisibilità le anteriori pronunce del giudice di legittimità hanno già dato ampiamente conto. Il settimo motivo è inammissibile. Al pari del quinto motivo, ripropone sotto il profilo del vizio di motivazione una censura all’interpretazione ed applicazione di una norma di legge, che doveva essere prospettata, ed in concreto è stata prospettata nel sesto motivo, con riferimento all’art. 360 c.p.c., n. 3. L’esame dell’ottavo motivo è assorbito.

La denuncia di violazione dell’art. 2043 c.c., trova il suo fondamento, infatti, sull’assunto di una insussistenza dell’antigiuridicità della condotta basato sugli argomenti della natura oggettiva del vincolo di destinazione a parcheggio e della fungibilità convenzionale delle relative aree, già negativamente valutati per il rigetto del quarto e dei sesto motivo.

Il nono motivo è inammissibile.

Non risulta nè dalla sentenza della Corte di appello e nè dal ricorso che la questione concernente la carenza dell’elemento psicologico dell’illecita sottrazione all’uso dei condomini delle aree destinate a parcheggio sia stata sollevata con il gravame avverso la pronuncia di primo grado e la sua novità ne preclude l’esame nel giudizio di legittimità.

Il decimo motivo è in parte inammissibile ed in altra infondato. E’ inammissibile laddove propone nuovamente sotto la specie del vizio di motivazione le questioni di diritto attinenti alla natura oggettiva del vincolo di destinazione a parcheggio e della fungibilità delle aree e della rilevanza dell’errore sull’interpretazione della legge.

E’ infondato nella parte in cui investe la prova dell’esistenza del danno, avendo questa Corte già affermato con specifico riferimento alle previsioni della L. n. 1150 del 1942, art. 41 sexties, che il titolare di un diritto reale, il quale chieda il risarcimento conseguente al mancato godimento del suo diritto, non è tenuto a provare il danno subito e, in particolare, di non avere potuto parcheggiare altrimenti la propria autovettura, essendo il medesimo in re ipsa (cfr. in termini: Cass. Civ., Sez. 2^, 9 giugno 2008, 15238).

All’inammissibilità, infondatezza od assorbimento dei motivi segue il rigetto del ricorso principale.

Entrambe le ricorrenti vanno condannate al pagamento delle spese del giudizio, liquidate in dispositivo.

P.Q.M.

Riunisce i ricorsi.

Dichiara inammissibile il ricorso incidentale e quello principale nei confronti della società SOGENE e rigetta il ricorso principale.

Condanna in solido le Società Bipielle Real Estate e Banco Popolare Società Cooperativa a pagamento delle spese del giudizio, che liquida:

nei confronti del F., del Ma. della M., della C., dei Fo., del Co., della Me. e del G. in Euro 4.200,00, di cui Euro 200,00 per spese vive, oltre spese generali, iva, cpa, ed altri accessori di legge;

nei confronti della società SOGENE in Euro 3.200,00, di cui Euro 200,00 per spese vive, oltre spese generali, iva, cpa, ed altri accessori di legge.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 24 novembre 2009.

Depositato in Cancelleria il 13 gennaio 2010

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